Fiction, sceneggiati, ancora uno, perché no?
Napoli, la Napoli della televisione pubblica, le sue stagioni di eccellenza, la redazione Rai della Campania nobilitata da presenze di altissimo profilo culturale, quando al terzo piano di viale Marconi nelle stanze dei redattori battevano sui tasti delle ‘Olivetti’ Domenico Rea, Luigi Compagnone, Samy Fayad, il ‘mitico’ Luigi Necco.
Lettera riassunta qui di seguito, finora inevasa, di Massimo Perna, docente ordinario di Civiltà Egee, Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, alla dottoressa Maria Pia Ammirati, direttrice di Rai Fiction. Di Necco, scrive Perna, è indelebile il ricordo parallelo di chi ama il calcio e di chi è affascinato dai ‘misteri’ dell’archeologia. Il fenomeno della sua grande popolarità si è alimentato della forte, anticonformista personalità di giornalista sportivo, protagonista di un racconto avvincente, ironico, dissacratore, decisamente meridionalista, delle squadre della sua terra, del Napoli, dell’Avellino. Senza far torto alla specializzazione professionale che lo ha reso famoso, va detto che il calcio ha occupato solo la metà di lui giornalista Rai, che indispettì la camorra con il coraggio della denuncia e responsabile la malavita subì un attentato, per fortuna non mortale.
Ma sono ben altre le motivazioni che inducono a rinverdire la memoria della poliedrica professionalità di Necco, che Massimo Perna ricorda anno dopo anno agli studenti del Corso di Civiltà Egee e durante le conferenze a cui prende parte, che suscitano sempre grande interesse. Il giornalista Rai, con numerosi reportage, ha risolto il thriller della scomparsa del ‘Tesoro di Priamo”, rinvenuto da Schliemann a Troia, portato in Germania e sparito nel ’45 nella Berlino conquistata dagli eserciti degli alleati. Con interviste a sopravvissuti di quel tempo, a funzionari della DDR, dell’ex Unione Sovietica, il giornalista accertò che il tesoro, trafugato dai russi, da cinquanta anni faceva bella mostra di sé nel Museo Puskin di Mosca, mentre si riteneva che si trovasse negli Stati Uniti e lo documentò nel volume “Il giallo di Troia”. Famosi storici dell’arte come Koxlov e Akinsha ritenevano che il tesoro si trovasse in America, smembrato in più collezioni.
La vicenda, ricca di colpi di scena, certifica passione e competenza di Necco ‘archeologo’, la ricchezza di esperienze sul campo in Grecia e nel Medio Oriente, oggetto di numerosi racconti televisivi che le teche Rai sicuramente custodiscono. A lui si deve il merito (in particolare con il programma di Rai3 “L’occhio del Faraone”) di aver mostrato per primo importanti scoperte degli scavi, di aver acceso l’interesse di chi non ne aveva mai mostrato per l’archeologia. Assolutamente disconosciuto è il ‘caso’ della scoperta avvenuta nel corso di riprese televisive degli scavi ad Apodoulou. Mentre la vicenda del tesoro di Priamo è nota, quasi nessuno conosce la storia di quel personaggio straordinario che Necco scoprì durante uno dei suoi servizi a Creta della missione greco-italiana. Fu attratto dalla figura del cretese Aleko Manolis, vecchio partigiano del commando che aveva rapito il generale tedesco Kreipe, consegnato agli inglesi. Manolis raccontò a Necco di aver combattuto al fianco di un giovane italiano che dopo l’8 settembre si era rifiutato di consegnare le armi ai tedeschi e le aveva portate in montagna ai partigiani, del protagonista di un’incredibile impresa, la salvezza dalla fucilazione di oltre duecento soldati italiani con uno straordinario colpo di mano. Il giornalista, tornato in Italia, ha trovato le tracce di quell’eroico italiano, l’abruzzese Siro Riccioni di Busi, nel frattempo deceduto ed è stato nominato cittadino onorario di quel paese a cui ha donato la biblioteca personale. Massimo Perna avanza l’ipotesi di un’interessante fiction sul famoso giornalista, le sue competenze, gli eventi delle sue affascinanti scoperte e s’impegna a fornire informazioni e riferimenti utili alla sceneggiatura. Di qui la lettera alla direttrice Rai delle fiction.
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