Ha il crisma del derby, di antitesi interna, di sfida al futuro della politica alternativa della destra, fenomeno che come un’apocalittica perturbazione atmosferica minaccia la democrazia dei cinque continenti. In Italia l’esito della competizione interessa, ma non sembra appassionare come dovrebbe l’area in bilico tra sinistra-sinistra, sinistra ‘accogliente e centro più o meno moderato. In linea teorica l’insieme di queste frammentazioni, se assemblate con progetto comune, in vista di consultazioni elettorali sarebbe vincente.
Non lo è. Nelle acque agitate in cui naviga il Pd, senza il supporto di una rotta condivisa dalle sue componenti, trae vantaggio la destra, altrettanto dilaniata dalla guerriglia interna, ma elettoralmente compatta, messa in riga dall’autoritaria ‘capitana’ sorella d’Italia. In casa Pd e dintorni spirano venti di bora, tumultuosi e bloccano l’esito del citato derby in posizione di stallo, che favorisce la spinta alla moderazione dei centristi. I quali, con voce sommessa, priva di megafono, ma storicamente influente, ripropongono la santa alleanza da prima repubblica, forte dell’asse Dc-Chiesa. Il sodalizio, smantellato per la crisi del dopo Moro, ha determinato l’infiltrazione di ex centristi nell’area di un Pd colpevole di antistoriche fratture con la classe operaia e con ogni marginalità. Sconcerta l’addebito al Pd dei catto-moderati, relativamente ai temi a loro avviso ignorati, sono esattamente il campo prioritario di battaglia della segretaria: lavoro, salari, sanità, sicurezza.
È attualissima l’offensiva dei cattolici, convinti di dover uscire da un prolungato silenzio e di affiancare i dem con un ricostruito polo centrista. Non un partito dei moderati, un passo più avanti, come la simbiosi paritaria con il Pd e, perché no? mano tesa a Forza Italia, Azione, Italia Viva (!). D’un tratto l’offensiva dei cattolici interni ed esterni al dem suscita l’interesse di stampa e Tv. La scelta di affidare a Romano Prodi il sondaggio sul gradimento del progetto va di pari passo con i ‘like’ di partner per nulla secondari, di Ruffini, ex direttore dell’Agenzie delle Entrate, che propone una poco convincente ‘maggioranza Ursula’, o di chi si oppone a un’estremizzazione a sinistra del Pd, al processo invocato da sinistra per riannodare il rapporto perduto con i cittadini. Prodi, Del Rio, Gentiloni e non solo loro, in questi giorni sono ospiti ricercatissimi di giornali e televisioni, godono dell’attenzione che amplifica la rivendicazione dei “né di destra, né di sinistra”, di cattolici e vertici di una parte del clero che spingono per ottenere una decisa sterzata del Pd in direzione di un controllato riformismo. Distolto dalla quiete del meritato riposo Romano Prodi è stato catapultato nel media system full time, ospite e dispensatore di interviste con frequenza crescente.
L’ex premier ha molti meriti, non il dono di affabulatore, ma si fa capire, va diretto al sodo: sobrio, graffiante il je accuse al Pd di Ely Schlein in debito di protagonismo. Enfasi, ovviamente da moderato qual è, nel tracciare il profilo di ‘soccorritori del centrosinistra inadeguato a competere con la destra. Difficile per Giorgia e i suoi scodinzolanti fedelissimi, immaginare un assist migliore!
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