CECILIA SALA LIBERATA / E IL GIALLO DELLE DUE SIMONE, 20 ANNI FA…

La premier che tutto il mondo ci invidia ha risolto, in appena 3 settimane, il giallo del secolo, il rapimento di Cecilia Sala. Il suo ‘epico’ blitz in quel di Mar-a-Lago per incontrare Donald Trump è subito entrato, a vele spiegate, nella leggenda, i suoi indici di gradimento schizzano all’insù: perché non farla subito Papessa o Presidentessa oppure Premieressa, tanto per anticipare la Maxi Riforma che si appresta ad ingoiare quel che resta della Costituzione?

Botti posticipati di Capodanno a parte, nessuno si chiede cosa c’è davvero dietro l’operazione lampo che ha portato alla liberazione sprint della reporter di casa nostra.

Cosa hanno realmente messo sul piatto the Donald e super Giorgia nella inedita triangolazione con l’Iran? Tutto ridotto all’ipotizzato scambio con l’ingegnere dei droni braccato da Washington e fermato a Malpensa, il progettista dei droni killer di Teheran, Mohammed Abedini?

Elisabetta Belloni. In apertura, Cecilia Sala

Cosa hanno messo davvero in campo i nostri Servizi, l’intelligence nostrana?

E c’entrano qualcosa le improvvise dimissioni, nel mezzo della bufera, della numero uno del DIS Elisabetta Belloni?

Tutti interrogativi che restano, e molto probabilmente sono destinati a rimanere senza alcuna risposta, o solo fuffa. Perché è il momento di rendere unicamente omaggio alle straordinarie doti, anche miracolistiche, della nostra Super Premier che da underdog alla vaccinara, made in Garbatella, s’è trasformata in una autentica star internazionale in grado di illuminare la scena geopolitica per gli anni a venire. Per quando è previsto il volo in direzione Stoccolma, visto un Nobel ormai scontato?

Intanto, non si concede un attimo di tregua, e in queste ore ha abbracciato il grande amico, Volodymyr Zelensky, il pupazzo degli USA a Kiev sempre in giro per il mondo a raccogliere abbracci & forniture d’armi, fino alla vittoria contro il Cremlino, come hanno appena confermato sia il neo Segretario generale della NATO Mark Rutte, ancor più guerrafondaio del suo predecessore Jens Stoltenberg, sia il vertice UE per gli Esteri, Kaja Kallas: peccato non possa unirsi al coro la super Presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, ko per una brutta polmonite o per un covid (sarebbe il colmo per la grande sponsor del vaccino Pfizer!).

Ma torniamo a bomba.

Per porci subito un’altra domanda da novanta.

Giorgia Meloni

Come mai nessuno, in questi giorni, in queste ore ha mai parlato dell’ipotesi del pagamento di un riscatto?

Molto più semplice, molto più rapido, molto più ‘fattibile’ rispetto all’impervia via della ‘liberazione’ di Abedini sbandierata fin dal primo momento come l’unica strada possibile.

Un percorso che, del resto, in passato è stato più volte seguito per riportare a casa dei nostri connazionali rapiti.

Nel giro di pochi mesi, vent’anni fa, tre casi clamorosi, all’epoca dettagliati per filo e per segno dalla Voce.

Riavvolgiamo allora il nastro, facciamo un lungo salto indietro nel tempo e riportiamo alla luce il giallo più simile, quello delle ‘Due Simone’.

 

20 ANNI FA, IL GIALLO DELLE 2 SIMONE  

7 settembre 2004, ore 16 e 56, Baghdad. Negli uffici della OngUn ponte per….’ fa irruzione un commando terrorista fino a quel momento sconosciuto, ‘Ayman al Zawahiri’, legato ad Al-Qaeda, e rapisce due volontarie, Simona PariSimona Torretta.

Simona Pari e Simona Torretta

10 settembre. Il gruppo lancia una precisa richiesta all’Italia, chiedendo la liberazione di tutte le donne musulmane detenute nelle galere irachene. 12 settembre, un’altra richiesta al nostro governo: il ritiro delle truppe italiane dall’Iraq, all’epoca occupato militarmente dagli americani e dai loro alleati. Altrimenti le due Simone verranno sgozzate. Palazzo Chigi tace. Viene solo affermato che l’Italia si impegna per caldeggiare la liberazione di tutti gli ostaggi in Iraq. Il capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi, lancia un accorato appello per la liberazione delle cooperanti. Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, vola tra le capitali del Medio Oriente per imbastire una trattativa.

Si moltiplicano le voci. Il vice ministro iracheno degli Esteri, Hamid Al-Bayati, fa filtrare che con ogni probabilità le due ragazze sono state vendute dai sequestratori al gruppo terrorista capeggiato da al Zawahiri. Ma al Qaeda smentisce.

Le ore si susseguono frenetiche. Non arrivano segnali rassicuranti.

28 settembre. Improvvisamente ‘Al Jazeera’ dirama la notizia bomba: le due Simone sono state appena liberate e manda in onda un video in cui si vedono accompagnate dal commissario straordinario della Croce Rossa Italiana, Maurizio Scelli.

La liberazione è avvenuta esattamente dopo 21 giorni. Come miracolosamente è successo per Cecilia Sala. Dopo 20 anni esatti.

Passiamo al prima e al dopo.

 

PRIMA BALDONI, POI SGRENA

21 agosto 2004. Sempre nel tormentato e invaso (dai tanto democratici occidentali) Iraq, per la precisione a Najaf, viene rapito Enzo Baldoni, un reporter, blogger e copywriter toscano. Il colpo viene messo a segno da un’altra sigla dell’arcipelago terrorista, ‘Esercito islamico dell’Iraq’, riconducibile more solito ad al-Qaeda.

Enzo Baldoni

Anche stavolta, dopo poche ore, arriva una richiesta simile: l’Italia deve ritirare il suo contingente militare dal Paese.

Le ore trascorrono drammatiche. Ma solo poche, stavolta. Baldoni, infatti, viene ucciso dopo appena 5 giorni, il 26 agosto.

Cosa è successo? Come mai neanche il tempo per avviare una trattativa? Che significato ha quella esecuzione?

Domande rimaste per vent’anni senza una risposta. E suoi ‘resti’’ sono tornati in Italia dopo 6 anni.

Eccoci all’altrettanto drammatico ‘dopo’

4 febbraio 2005. Nel mirino un’altra giornalista e scrittrice, Giuliana Sgrena, che all’epoca collaborava con ‘Il Manifesto’.

Un giallo che suscitò un fortissimo clamore e anche non poche polemiche al calor bianco con gli ‘amici’ Usa. Ecco in brevissimo cosa successe (la vicenda è più nota delle due precedenti).

Visti le due fresche vicende (Baldoni, finito in modo tragico, e le due Simone, in modo soddisfacente), i Servizi si sono mossi subito. Ma la trattativa non è stata breve, essendo durata quasi 2 mesi. Con un tragico epilogo: perché al blitz che portò alla liberazione della Sgrena fece seguito una maxi sparatoria dei militari a stelle e strisce che finì per trucidare un funzionario del SISMI, Nicola Calipari, il quale viaggiava in un’auto fianco a fianco con la nostra giornalista, uscita miracolosamente illesa dallo scontro a fuoco. Mai chiarita, con gli Stati Uniti, la vera dinamica dell’operazione.

Eccoci alle cifre dei riscatti. Quelle mai ufficialmente ammesse, ma abbondantemente circolate.

Attenzione: si tratta, comunque, di numeri da prendere con le molle. Perché sono certo ‘in difetto’, ossia di gran lunga inferiori rispetto alle cifre effettivamente sborsate.

Per Giuliana Sgrena 5 milioni di euro, per le 2 Simone appena 4 milioni (2 a testa). Come detto, bisogna probabilmente moltiplicare per 10 quei numeri: altrimenti da ‘saldo’.

E alla ciliegina finale.

Carlo Taormina

La Voce, infatti, a febbraio 2005, quindi dopo i casi Baldoni e delle 2 Simone, e proprio nei giorni bollenti del rapimento Sgrena, riuscì a intervistare, in esclusiva, l’avvocato Carlo Taormina, uno che conosceva come le sue tasche il mondo dei Servizi nonché le trame di non pochi gialli internazionali. All’epoca, infatti, era il presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sull’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. E, addirittura, era il legale della famiglia di Saddam Hussein per le vicende giudiziarie europee. Non è finita qui: perché era a conoscenza dei rapporti tra la famiglia Bush e la primula rossa del terrorismo, il fondatore di al-Qaeda, al secolo Osama bin Laden. E infatti alla Voceraccontò la story di quel mitico lunch nella fattoria Bush, guest star il numero uno del tennis mondiale Bjorn Borg, la sua compagna Loredana Bertè (di cui Taormina curava gli affari legali) e, udite udite, uno sconosciuto Osama bin Laden.

Capito come già funzionava il Deep State!

Finiamo con le lapidarie parole pronunciate da Taormina a proposito dei 3 rapimenti di quei bollenti mesi a cavallo tra il 2004 e il 2005.

Per le due Simone abbiamo pagato molti soldi. Conosco la cifra”.

Per Baldoni non abbiamo fatto in tempo, ma avremmo pagato”.

Per la giornalista italiana del Manifesto stiamo trattando”.

Pagare, dunque, non è un ‘reato’. Era d’uso comune.

Ma bisogna avere il coraggio di ammetterlo.

Anche oggi.

 

L’INCHIESTA SULLE DUE SIMONE SULLA VOCE DI MARZO 2005

 

 

 

 

 

 

 


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