SE IL TEMPO DELLA PENSIONE E’ UN DRAMMA

La pensione può essere un obiettivo agognato una scadenza temuta. Parliamo del pensionamento come di una particolare tappa dela vita di ognuno. Una condizione che, qualche volta si può trasformare in una vera e propria malattia. I sintomi che si possono configurare sono vari e niente affatto rari, spaziano da una iniziale euforia, frutto del tempo libero che si prefigura ad un profondo senso di smarrimento, uno stato di ansia e di agitazione, talvolta accompagnato da un’insonnia causata dalla vecchia abitudine, ormai non più necessaria, di svegliarsi presto per andare a lavoro. Nelle forme più gravi si dovrà affrontare un profondo stato depressivo che progredisce con il trascorrere del tempo.

I gruppi sociali che più ne soffrono sono quelli costretti, per vari motivi, a modificare anche lo status sociale. Sono fondamentalmente i manager e i politici a fine mandato, ma anche alcuni studenti che hanno completato un ciclo di studi. Come non ricordare anche i semplici lavoratori pensionandi. Questi ultimi, parliamo soprattutto di quelli che hanno vissuto il loro lavoro in modo totalizzante, e poi si sono ritrovati, dopo una noiosissima festa di pensionamento, fuori da quello che era stato tutto il “loro mondo” e si ritrovano impreparati e con poche occasioni di continuare ad avere un impegno sociale gratificante. Molti cominciano solo in questo momento a pensare seriamente alle loro possibili opportunità. Man mano che il tempo passa realizzano che non ve ne sono e che la loro storia lavorativa si è chiusa definitivamante con quel triste rituale della festa con gli ormai ex colleghi, durante la quale hanno ricevuto in regalo, come scontata tradizione, un banale orologio.

Solo ora forse se ne chiedono il senso. Indecisi se interpretare quel dono come un invito a prendere atto che è giunta l’ora di andar via lasciando ad altri incombenze e responsabilità sinora portate avanti, talvolta pensando persino di essere gli unici a poterle sostenere. Ma nel migliore dei casi si può interpretare quel dono come un benevolo invito a godere del tempo libero da poter dedicare a nuovi impegni. E allora per qualcuno crolla l’autostima e inizia il calvario del ritorno a casa. In quella famiglia che non conosce più e che il tempo del lavoro ha reso un luogo in cui si vive con perfetti sconosciuti. Si scopre che non ci conoscono i problemi del menage familiare, dei figli e di una moglie che, sino a quel momento, aveva gestito e risolto da sola tutti i problemi quotidiani. Qualcuno, un po’ più versatile e creativo, comincia ad occuparsi di un hobby sempre trascurato, di un talento che si presumeva di avere, dipingere o scrivere poesie (è incredibile accorgersi di quanti pittori e quanti poeti si possono nascondere tra i pensionati) o, in qualche caso, si accingono a scrivere le proprie memorie più o meno romanzate … come se potessero interessare a qualcuno. Questi sono coloro che ritengono un loro preciso dovere raccontare al mondo la straordinariaesperienza fatta. Pochi si rendono conto che è arrivato il momento di tornare – più vecchi, depressi e stanchi– semplicemente alla loro vita sociale e, soprattutto, familiare.

Si direbbe, come teorizzato i ricercatori del campo sociale, che in questi casi ci si può ritrovare in una condizione di “perdita dell’innocenza”.

Poi spesso ritroviamo il caso anomalo di quei particolari pensionandi che soffrono di una cosiddetta “sindrome da fine mandato”. Consiste in una forma depressiva che colpisce i politici, i manager e coloro che hanno ricoperto incarichi elettivi … in prossimità di scadenza. In sostanza parliamo di uno stato emotivo di vera e propia sospensione, a causa del prossimo repentino passaggio dal ricoprire un ruolo pubblico importante e rispettato ad uno stato di ordinario anonimato sociale.

Allora è arrivato il momento di affidarsi alle cure di psicologi e psicoterapeuti, che dovranno accompagnarli lungo un difficile percorso motivazionale per aiutarli a ricostruire una identità perduta e per fargli ritrovare in sé una nuova consapevolezza del loro ruolo sociale.

Il segreto sta tutto nella rara capacità soggettiva di rimodulare il proprio stile di vita e gli obiettivi ancora perseguibili.

Il problema sta nell’accettare la mutata realtà e nella considerazione di sé che, se permane ipertrofica, dovrà essere ridimensionata e accettata.

Queste problematiche riguardano tutti, siano essi pensionandi, politici, manager o solo studenti. Il cambio di ruolo sociale è una condizione che ci ha coinvolto tutti, almeno una volta nella vita.

Poi, come affrontarla e risolverla, è sempre stata un’esperienza disperata o affascinante. Dipende solo da come l’abbiamo vissuta e da chi abbiamo avuto accanto.

 


Scopri di più da La voce Delle Voci

Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.

Lascia un commento