Con una confessione fredda, di un cinismo agghiacciante, Dominique Pélicot, senza mai negare i fatti, è stato condannato a 20 anni di reclusione dal tribunale francese di Mazan. Ha dichiarato, nel vano tentativo di rovesciare di coinvolgere nelle accuse il pubblico presente “… sono uno stupratore, come tutti voi qui dentro”. Una frase inquietante che ha segnato il processo. Tutto è stato documentato con ore e ore di filmati. Immagini mostrate a tutti, corte e pubblico, perché ha deciso Gisèle che aveva rifiutato un processo a porte chiuse, dicendo orgogliosamente che non era lei a doversi vergognare.
In quei filmati inquietanti si vede Dominique, che tiene aperta la bocca della moglie per consentire a uno dei suoi clienti di penetrarla meglio. Si sente la sua voce che dà istruzioni, incoraggia e rassicura. “Vai, vai, non ti preoccupare, lei è d’accordo” dice l’uomo mostrando come si fa “… devi prenderla così”, “… attento a non toccarla con le unghie, potresti svegliarla”, stimola gli incerti “… ti eccita, ti eccita, eh” e dà il ritmo “dolcemente, dolcemente” senza mancare di irridere volgarmente quelli più timorosi “… e allora, non ti viene duro?”. La Francia ha seguito con grande partecipazione questa vicenda, un intero paese ha così visto il mostro che aveva dentro.
Per la stampa francese il processo Pelicot è stato peggiore di quello del Bataclan. Perché alla sbarra stavolta non c’erano né terroristi né pazzi attentatori, ma cinquanta cittadini comuni, padri di famiglia socialmente rispettati, pompieri, giornalisti, chauffeur, camionisti, guardie carcerarie, infermieri e, persino, consiglieri municipali. Cinquanta uomini comuni, apparentemente pacifici, ma che, forse, avevano dentro il seme dello stupratore.
Dominique era un uomo apparentemente tranquillo e ben integrato, era stato definito dalla stessa Gisèlle, quando i gendarmi che lo avevano cercato nella loro casa “un buon padre di famiglia, un uomo gentile e generoso”. Ma quei gendarmi volevano interrogarlo a seguito di una denuncia fatta da alcune donne molestate, scrutate in un supermercato con uno specchietto sotto le gonne. In quell’occasione furono trovate e sequestrati alcuni devices contenenti un centinaio di videofile di violenze sessuali. Tutti avevano come protagonista un’inconsapevole Gisélle.
L’uomo è stato condannato al massimo della pena, accusato di aver venduto sessualmente sua moglie per oltre dieci anni, sempre dopo averla drogata. La donna, oggi settantenne, era stata offerta su chat erotiche francesi, messa a disposizione di quei clienti assatanati, reclutati su note chat di incontri. Alla ricerca di uomini disponibili a farsi filmare durante il sesso che avrebbero consumato su quel povero corpo martoriato, consentendo a Dominique di utilizzare quei filmati su siti porno. Come si può facilmente immaginare lo scopo era di attivare le fantasie erotiche di quegli uomini, che potevano sentirsi, per una volta nella loro vita, maschi iperdotati.
Ma perché Dominique ha fatto questa orrenda violenza verso la madre sei suoi figli, la donna che lo aveva accompagnato durante tutta la sua vita? Per danaro? Per una forma malata di perverso voyerismo? Per odio o disprezzo verso la sua compagna? … o per chissà quale altro incredibile motivo. Molti si chiedono com’è stato possibile che nessuno si fosse chiesto la causa di quei frequenti malesseri ginecologici o di quelle continue cistiti che l’affliggevano?
Ma la donna ha dimostrato un immenso coraggio, dopo aver visto per la prima volta quei filmati in tribunale, ha rifiutato il processo a porte chiuse che le era stato proposto. Queste le sue parole alla stampa ed alle tante donne che l’hanno voluta scortare in tribunale, “… sono tutti loro che dovranno vergognarsi e rispondere della violenza perpetrata”.
Ora Dominique è in carcere condannato a scontare vent’anni, sono finiti in carcere anche tutti gli stupratori che hanno abusato della donna, tutti condannati a pene fino a cinque anni. Il motivo è che non potevano ignorare quell’anomala passività, quella incoscienza dovuta alle droghe assunte. Questo stupro di massa, dovuto non solo ad un bisogno compulsivo di sesso, ma forse anche ad un istinto connaturato di violenza contro donne inermi causato da frustrazioni o da giganteschi problemi di identità e di ruolo. Che mai potremmo lontanamente considerali come attenuanti. In casi come questi nessuno può considerarsi innocente o immune da tali colpe. Tra gli uomini reclutati da Dominique evidenziamo che ben trentasette di loro si sono rivelati padri di famiglia. Alla ricerca di questo tipo di sesso che non osavano chiedere alle proprie compagne, alla ricerca di un corpo di donna inerme, come se fosse una bambola di carne, una sex toy, una persona insomma che, nella loro fantasia, li proiettasse dentro uno di quei film porno che consumavano avidamente e che li facevano sentire per un attimo nella loro vita protagonisti di quella presunta potenza sessuale, instancabili attori porno, mentre erano solo amanti incompresi, con la loro storia di violenza e di umiliazioni subite. Un ritratto triste e agghiacciante, molto più comune di quanto si possa immaginare. Nessuno può pensare di esserne immune.
Ora che Giustizia è, forse, fatta. Questo processo segnerà, per anni, non solo la coscienza della Francia, ma dell’intera umanità maschile. Un mondo intero ha guardato dentro sé stesso, e comincia a scrutarsi attentamente.
Una piccola donna, Gisèle Pélicot, a settant’anni ha dato una lezione di dignità non solo a un marito stupratore, ma all’intero universo maschile. Ha mostrato al mondo l’orrore dei gesti di un uomo che, un giorno, aveva amato, che però in quelle immagini l’ha violentata. Orrore e disgusto.
Una tremenda lezione a chi non crede che simili perversioni possano davvero esistere nel mondo reale.
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