Stellantis deve fronteggiare un consistente calo delle vendite, specialmente negli Stati Uniti, tagli al personale in Italia, una significativa contrazione della produzione.
È cosa nota, anche ai tanti che non leggono i giornali a cambiano canale se la Tv fa litigare i politici scelti dai rispettivi partiti perché dotati di voce stentorea e biliosa veemenza: insomma lo sanno anche le pietre, un operaio responsabile di danni all’azienda per cui lavora, è punibile e punito con il licenziamento. Dura lex, sed lex. E c’è sempre un peggio, il benservito a dipendenti sindacalizzati, ‘scomodi’. Ecco, quel che accade in Stellantis, imponente pool di imprese automobilistiche, ha del surreale. Ne è parte rilevante la Fiat, che al pari di molte famose consorelle, una per tutte la Volkswagen, conosce l’ennesima crisi. Ancora una volta, gli Agnelli s’ingegnano a uscirne chiedendo terapie d’urto del governo, cioè nuove iniezioni di miliardi, per fugare lo spettro di ridimensionamenti e licenziamenti. In questo drammatico contesto ‘se la squaglia’ l’amministratore delegato Carlos Tavares e non dispiace a nessuno in casa Stellantis, perché il manager, retribuito con ingiustificata generosità (40 milioni all’anno) è corresponsabile dello stato di crisi del gruppo, certificato da crollo dei titoli Stellantis a Piazza Affari.
A latere, è il caso di citare l’incredibile attacco della destra a Landini che alla guida del più importante sindacato italiano è retribuito con una 3000 euro al mese. Dunque, Tavares, Chief Executive Officer, si dimette, sceglie di godersi il lusso del paradiso terrestre degli straricchi. Per bocca di bene informati circola la voce, finora non smentita sulla buon’uscita di 100 milioni (sic, c-e-n-t- o m-i-l-i-o-n-i) come risarcimento per la ‘dolorosa’ perdita di stima, del prestigioso ruolo di ad della multinazionale. Landini: “Mentre chiediamo investimenti e tutela dell’occupazione, la notizia dei 100 milioni, se confermata, sarebbe uno schiaffo in faccia ai lavoratori”. La Uil: “Tavares ha mortificato l’Italia, Meloni spieghi cosa vuole fare”. Nel partito democratico c’è chi spera che i 100 milioni di euro della buonuscita siano una fake news. “Nessun gruppo industriale serio e competitivo, dopo aver chiesto in Parlamento nuovi incentivi per l’auto, può avere il coraggio di dare tale somma a un manager che ha portato l’azienda ad un simile calo di vendite e dell’occupazione”.
Nausea più che sconforto e un dubbio: ma il sospetto sulla faziosità delle presunte ‘toghe rosse’ è da ribaltare? Fatti e misfatti direbbero “sì sono da ribaltare”. È solo un sospetto, ma saranno poi condannati Salvini, Santanchè, Delmastro e tanti altri esponenti della mala politica? E da che parte sta la magistratura americana? Cancella i reati di Trump, non condanna Biden per la fornitura di armi a Netanyau, criminale di guerra e da ultimo assiste in silenzio alla grazia del presidente, che prossimo a decadere, grazia i reati del figlio Hunter. Toghe nere?
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