PONTE SULLO STRETTO / CHIESTI 4 ANNI PER L’A.D. PIETRO CIUCCI

Ponte sullo Stretto di Messina.

Il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, il Capo Lega Matteo Salvini si stropiccia le mani dopo l’ok, a quanto pare ‘quasi’ finale, al maxi progetto elaborato una ventina d’anni fa ai tempi di Berlusconi premier; poi rivisto, riadattato, rimodellato dalla società incaricata di realizzare i mastodontici lavori, il colosso ‘Webuild’, su incarico della ‘Stretto di Messina spa’, che nel corso degli anni ha cambiato più volte pelle.

Un’opera – lo ha spesso denunciato e dettagliato la ‘Voce’ – che ancor prima di cominciare (ma c’è da augurarsi uno ‘salvifico’ stop) ha già raggiunto una serie di primati. A parte lo stesso progetto che, pur rivisto, è obsoleto come il cucco, i costi stratosferici, l’impatto ambientale disastroso, la totale non utilità dell’opera, il regalo alle mafie – via subappalti – che non aspettano altro.

Facciamo solo l’esempio dei costi. Si parte, in pratica, da poco meno di 15 miliardi di euro. Si fa per dire: perché anche le pietre sanno che in Italia le infrastrutture partono da 10 per arrivare a 30 se non a 50 o addirittura a 100. Per via delle classiche ‘varianti in corso d’opera’, le prevedibilissime ‘revisioni prezzi’, le ‘sorprese geologiche’ dietro all’angolo: cose che non fanno solo lievitare i costi ma anche allungare i tempi (che si traducono in costi aggiuntivi) a dismisura.

Piero Ciucci. Sopra, Matteo Salvini

Lo abbiamo visto con tutte le opere pubbliche dal dopo terremoto ’80 in Campania e Basilicata in poi. E a Napoli – da guinness dei primati – sono in corso e continuano senza fine i lavori per l’eterna linea metropolitana cominciati quasi mezzo secolo fa, nel 1976, e ancora ben lontani dal giungere al capolinea: costi da capogiro, ormai incalcolabili, e ogni chilometro che pesa sulle casse pubbliche il triplo del metrò romano e il doppio rispetto al tunnel sotto la Manica, leggermente più complicato.

Ma veniamo ad altre news, non proprio rassicuranti.

Il presidente della ‘Stretto di Messina spa’, Pietro Ciucci, è uno dei brasseur di Stato più gettonati nel corso degli anni, un super jolly baciato dalla fortuna sotto i vessilli dell’ANAS, fin dai tempi di Antonio Di Pietro in qualità di ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti nel 2007. Un autentico pupillo dell’ex pm del pool di Mani Pulite, il Ciucci, passato indenne nelle innumerevoli bufere, anche giudiziarie, che nel corso degli anni hanno travolto, ma certo mai abbattuto, gli inossidabili vertici della ricca azienda parastatale, fonte inesauribile di appalti per i fortunati aggiudicatari.

Ma ecco la ‘pietra d’inciampo’ sull’inarrestabile cammino del Ciucci, un cavallo fino ad oggi ‘ottimo e abbondante’ per tutte le stagioni politiche e su cui puntare ad occhi chiusi.

La Procura di Palermo ha appena chiesto a suo carico 4 anni e mezzo di galera per il crollo del viadotto ‘Scorciavacche’(dai Ciucci alle Vacche il passo è breve) lungo la statale Palermo-Agrigento, nell’area di Mezzojuso (passata alle cronache per storie mafiose).

Una vicenda che risale ai gloriosi tempi in cui correva con la maglietta dell’Anas, addirittura quella di amministratore delegato.

La procura siciliana, inoltre, chiede la condanna a 3 anni e 6 mesi per altri due pezzi grossi Anas, i direttori Anna Stefania Liani e Michele Vigna.

Quali gli addebiti? Presto detto. L’infrastruttura venne ‘completata’ (si fa per dire, visto come sono andate le cose) esattamente 10 anni fa, a fine novembre 2014. Non è stata mai collaudata e ha vissuto solo per pochi giorni: inaugurata in pompa magna alla Vigilia di Natale è crollata proprio il giorno di Capodanno 2015: forse per i botti sparati nella notte di fine d’anno…

Le indagini della magistratura hanno appurato dei macroscopici errori tecnici: primo fra tutti, il terreno del tutto inidoneo per vedersi passare sopra il cavalcavia visto che era del tutto instabile.

Antonio Di Pietro

L’estenuata lunghezza dell’iter giudiziario è dovuta all’interminabile contenzioso relativo alla competenza territoriale, palleggiata per anni fra il tribunale di Termini Imerese e quello di Palermo, E così, nel frattempo, si sono prescritti – come al solito nella povera Italia in cui la giustizia è ormai un optional – alcuni dei reati maggiori, nonché le accuse che pesavano sul capo di altri 9 imputati, soprattutto dirigenti Anas, oggi liberi come fringuelli.

La ‘Voce’, nel corso degli anni, ha pubblicato diversi articoli e inchieste che vedono come protagonista il Ciucci che ha preso il volo grazie a don Tonino Di Pietro. Per rileggerli, basta andare alla casella CERCA che si trova in alto a destra della nostra home page e digitare PIETRO CIUCCI. Ecco, comunque, l’ultimo pezzo messo in rete il 7 giugno 2023,

PONTE SULLO STRETTO / CIUCCI & CAVALLI DI RITORNO

Da un ministero meloniano all’altro il passo è breve. Per dar conto – e tanto per cambiar musica – di disastri quotidiani.

Sono di 24 ore fa gli scontri a Torino fra studenti e polizia che hanno sollevato un polverone di critiche partitiche. Indignata la Giorgia nazionale con tutta la band sfascista al seguito, a ruota libera contro i giovani rossi, la rivoluzione alle porte, le insurrezioni sociali evocate – dopo anni di letargico silenzio – dal numero uno della Cgil Maurizio Landini.

La sacrosanta protesta degli studenti sia contro il genocidio dei palestinesi a Gaza – del quale incredibilmente a livello politico nessuno se ne fotte – che contro la vergognosa gestione dell’università e dell’istruzione pubblica, è quindi passata in cavalleria, silenziata, del tutto dimenticata.

Giuseppe Valditara

Come al solito: chi massacra i diritti la fa sempre franca, chi osa protestare contro i massacratori viene crocefisso. Ormai prassi rituale, sotto il tallone di questo esecutivo all’olio di ricino che permette ai nazi, come quelli di Casa Pound e di Forza Nuova, di fare quello che vogliono e non si pensa neanche a scioglierli come movimenti squadristi ed eversivi. Ai confini della realtà.

Farebbe bene, il ministro Giuseppe Valditara, ad alzare un dito per sollevare le sorti della nostra istruzione pubblica ridotta ormai allo sfascio, proprio come la sanità. In favore di quel diritto allo studio che è costituzionalmente tutelato e invece, da anni, regolarmente calpestato.

E anche a dare una sbirciatina a ciò che succede al suo stesso ministero.

Ecco l’ultimo esempio che si racconta da solo.

Le cronache riportano una notizia che qui riprendiamo in modo totalmente asettico, senza alcun commento.

La nipote di Matteo Messina Denaro, Lorenza Guttadauro, ha abbandonato la toga di avvocato dopo la strenua difesa dello zio, il boss dei boss latitante per decenni.

Si è trasferita da mesi a Roma. E poche settimane fa è entrata fra i ranghi dell’ufficio regionale scolastico del Lazio, che di tutta evidenza dipende dal ministero dell’Istruzione.

Dove lapidariamente commentano: “E’ stata assunta dopo il rituale concorso ed è attualmente impiegata presso l’ufficio pensioni di una ‘articolazione provinciale’”.

Tutto a posto, tutto in ordine. Niente di illegale.

Rammentiamo solo che la madre Rosalia è stata condannata, poco più di un anno fa (luglio 2023), a 14 anni di carcere, perché ritenuta lo ‘snodo’ delle comunicazioni del fratello. In galera anche il padre, Filippo Guttadauro, perché era ‘il postino’ del superlatitante; e il fratello Francesco, il nipote prediletto del boss.


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