All’insegna di petrolio e nucleare la maxi kermesse mondiale ‘COP 29’, in pieno corso di svolgimento a Baku, la capitale dell’Azerbaijan, per illustrare progetti e prospettive sul futuro dell’ambiente, che tutti si augurano più pulito e sicuro.
Ma solo a parole, vista l’aria che tira.
E’ stato disertato, il summit, dalle grandi potenze, come Usa, Cina, Brasile e Russia. Nasce quindi, questa edizione, azzoppata in partenza e con esigue chance di contare qualcosa.
L’onnipresente nostra premier, Giorgia Meloni, nonostante la fittissima agenda e i mega problemi di casa nostra, non ha perso l’occasione per mostrarsi al mondo, e far sfoggia del suo english sempre più ‘fluente’: sarà il montante feeling con Elon Musk – sempre alla ribalta delle cronache internazionali – ad ispirarla?
Accolta a braccia aperte e baciata sulla guancia da un altro big friend, il premier albanese Edy Rama, nonché dal presidente della Bulgaria Rumen Radev, la nostra Giorgia ha dato il meglio di sé, perfettamente a suo agio nei panni di una leader che più certa e sicura del fatto suo non si può, ormai invidiataci da tutto il pianeta.
Ecco le sue toccanti parole: “Il mio punto di vista è quello di una madre che vuol rendere possibile a sua figlia e alla sua generazione di vivere in un mondo migliore. Come direbbe William James, ‘Agisco come se ciò che fai faccia la differenza, perché la fa!’”.
Ormai leggendaria la nostra Giorgia Super Star.
Poi, scendendo su questa Terra, indica agli umani la via del pragmatismo: “Al momento non c’è una singola alternativa ai combustibili fossili. Dobbiamo avere una prospettiva globale realistica, abbiamo bisogno di un mix energetico equilibrato per favorire il percorso di transizione e del ricorso a tutte le tecnologie possibili”.
Ed ecco il suo endorsement, l’improvvisa virata verso la fusione nucleare come carta da giocare a tutti i costi: “La fusione nucleare potrà fare la differenza”.
Subito l’animo sovranista ruggisce nel suo petto: “L’Italia è all’avanguardia nel campo della fusione nucleare ed ha organizzato il primo incontro del World Fusion Energy Group promosso dall’Agenzia internazionale per l’Energia Atomica. Intendiamo rilanciare questa tecnologia che potrebbe cambiare le carte in tavola, in quanto può trasformare l’energia da arma geopolitica a risorsa ampiamente sostenibile”.
E chissenefotte dei rischi per la vita dei cittadini e dell’ambiente…
Stiamo tornando indietro di decenni e decenni, secondo l’illuminata e sempre vulcanica mente ‘scientifica’ e sempre ‘patriottica’ del nostro Vate, o della nostra Vatessa?
Ma veniamo all’incipit di COP 29.
I lavori sono stati inaugurati dal ministro azero per l’Ambiente (o meglio, per l’Ecologia e le Risorse Naturali), Muktar Babayev, una vita a metà tra petrolio & politica. Eccone un rapido profilo.
Comincia giovanissimo, dopo gli studi economici, nel partito che guida il Paese da sempre, ‘Nuova (sic) Azione’, ossia la formazione fondata e animata oltre trent’anni fa dalla dinasty che detta legge in modo incontrastato, quella degli Aliev. L’attuale premier, Ilham, è infatti succeduto al padre, Heydar, come nelle più tradizionali monarchie.
Per Babayev, poi, si è aperta una dorata strada sulla via di gas & petrolio. Dal 1993, infatti, è entrato nel gotha del gioello di Stato nel settore, ‘State Oil Company of Azerbaijan Republic’, ‘SOCAR’ per i suoi fans. Nell’arco di un quarto di secolo ha ricoperto i più significativi ruoli nel suo organigramma: da vice presidente per l’ecologia a presidente del Consiglio di sorveglianza.
Nel 2010 ha pensato bene di rituffarsi nella politica, sempre a bordo della sua cara ‘Nuova Azione’. E’ stato quindi eletto deputato e per ben 8 anni è riuscito a coniugare i due gravosi impegni: ai vertici di SOCAR e super attivo membro del Parlamento e ancor più del partito. Uno e trino.
Raggiunto il massimo a livello aziendale, nel 2018 ha lasciato l’amata SOCAR per darsi anima e corpo al partito, sempre, e agli incarichi governativi. Dallo stesso anno, infatti, ha subito indossato la maglietta ministeriale, per l’ambiente e l’ecologia, of course, il suo campo d’azione prediletto. Con una visione, naturalmente, gas-petrolcentrica: impossibile smentire il credo di una vita.
Visione condivisa da tutto il partito, l’interno governo e, uber alles, il presidente a vita, il già ricordato Ilham Aliyev. Le cui parole di saluto agli ospiti per la maxi kermesse di Baku è stato imperdibile: “Il Petrolio e il Gas sono un dono di Dio”.
E chi mai oserebbe toccarli?
Da notare, infine, che la scelta di Baku come sede del ventinovesimo summit griffato COP non è stata molto agevole. Un anno viene ospitato da un paese occidentale e l’anno seguente da uno orientale: la ‘credenziale’ che pesa è quella di avere ‘petrolio e gas’ nelle vene…
Così nel 2023 si è svolto negli Emirati Arabi Uniti – che di petrolio sono uno dei massimi produttori al mondo, se non il numero uno – con l’impeccabile regia, nelle vesti di presidente COP, del principe Sultan bin Ahmed Al Jaber, guarda caso al tempo stesso Ceo della prima compagnia petrolifera dell’Emirato.
Per la scelta della location 2024 si è registrato un lungo braccio di ferro tra Russa e Unione Europea. La UE optava per la Bulgaria, non gradita al Cremlino. Alla fine il compromesso è stato raggiunto sul nome dell’Azerbaijan, che è un membro dell’OPEC, lo storico cartello che riunisce i principali paesi produttori di petrolio. Alla UE è andata bene, visto che, dopo il conflitto tra la Russia e l’Ucraina, Baku è diventato un fornitore strategico di petrolio per i paesi europei, soprattutto per quanto concerne le forniture di gas.
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