C’è una bomba ad orologeria che rischia di deflagrare a breve sul fronte della formazione del neo esecutivo guidato da Donald Trump.
Si chiama Mike Pompeo, l’ex capo della CIA e poi Segretario di Stato con il Trump I dal 2018 al 2021. Oggi praticamente tutti i grandi media internazionali lo danno per quasi certo Segretario alla Difesa, una poltrona più che bollente non si può, in questi tempi di maxi conflitti che rischiano di portare il mondo sull’orlo del baratro.
Nessuno parla o scrive, però, di altri maxi conflitti, stavolta d’interesse; del suo profondissimo spirito guerrafondaio e, soprattutto, della totale contrapposizione proprio con Trump su tutti i temi più caldi. Quando la disinformazione diventa una pericolosa, questa sì, pandemia…
L’abbiamo intuito rileggendo un pezzo messo in rete dalla ‘Voce’ esattamente un anno fa, il 20 novembre 2023 e che vi proponiamo subito,
MIKE POMPEO / L’EX NUMERO UNO DELLA CIA ORA CONTROLLA IL COLOSSO TLC A KIEV, ‘KYIVSTAR’…
E abbiamo subito cercato, in rete, articoli e news sulla vicenda, comunque su Pompeo. Niente, zero assoluto, sia sui media europei che, soprattutto, statunitensi. Incredibile ma vero.
Solo, unica apparizione nel deserto informativo, un piccolo sito a stelle e strisce, ‘Drop-site news.com’ che ha appena pubblicato un reportage estremamente stimolante e zeppo di retroscena: tra le altre cose, emerge l’esistenza di una lobby molto potente all’interno dei repubblicani che rema per la guerra e ha il suo ‘uomo’ forte in Mike Pompeo. Tanto per intendersi: se il nome di Pompeo ‘passa’ e diventa il numero 1 della Difesa a stelle e strisce, vorrà dire che la ‘super-fronda’ avrà addirittura prevalso sul numero uno della Casa Bianca, con effetti dirompenti: ed in particolare un addio alla promessa, subito sbandierata da The Donald, circa la ‘immediata’ fine dei conflitti, almeno quello in Ucraina in tempo quasi reale rispetto all’insediamento ufficiale dell’11 gennaio.
L’inchiesta, firmata da Ryan Grim e Muratza Hussain e messa in rete l’8 novembre s’intitola Mike Pompeo Served on Board of Ukrainian Telecom, Imperiling Big to Rejoin Trump White House
In sostanza la proclamazione di Pompeo è nei fatti impedita dall’incarico ricoperto nel board della compagnia telefonica ucraina. Potete azionare il traduttore automatico, comunque più avanti vi proponiamo, in italiano, i passaggi salienti.
Partiamo comunque da questo grosso incarico – e ora ostacolo – sul cammino dell’ex potentissimo capo della CIA.
POMPEO KIEVSTAR
Proprio un anno fa, metà novembre 2023, big Mike entrò a vele spiegate nel consiglio d’amministrazione di Kyivstar, sbocciata esattamente 30 anni fa, il più grande operatore di telefonia (fissa e mobile) in Ucraina, quasi 27 milioni di abbonati mobili, sede a Kiev: usa la rete GSM con cui fornisce una copertura al 99 per cento del paese. Un autentico monopolio in un settore strategico.
La società è una delle perle più luccicanti nell’arcipelago societario che fa capo a ‘VEON’, una delle più grosse multinazionali per le telecomunicazioni, fondata a Mosca, registrata alle isole Bermuda e quartier generale oggi ad Amsterdam. Il 47 per cento delle sue azioni sono detenute da ‘LetterOne’ che fa capo al magnate Michail Friedman e ha sede in Lussemburgo.
Una figura molto controversa quella di Friedman, originario di Leopoli, in Ucraina, ebreo, 4 passaporti, prima grande amico (d’affari) di Vladimir Putin poi entrato in rotta di collisione, soprattutto appena scoppiato il conflitto. A dicembre 2022 è stato arrestato a Londra con l’accusa di riciclaggio, quindi rilasciato su cauzione, poi più nessuna notizia. Da rammentare l’appoggio fondamentale (a palate di rubli) che nel 1996 diede a Boris Eltsin per la sua controversa scalata al potere.
Ecco le entusiastiche parole pronunciate da Pompeo al momento del suo insediamento nel CdA di Kyivstar: “Mi unisco con orgoglio a Kyivstar nel vostro straordinario servizio al popolo ucraino, fornendo connettività essenziale e servizi digitali in sanità, istruzione, crescita aziendale e intrattenimento. Plaudo anche alla società madre di Kyivstar, VEON, per la sua leadership negli investimenti in Ucraina con il proprio impegno a lungo termine e l’iniziativa ‘Investi in Ucraina. ORA!”.
E’ zeppa d’incarichi, la fresca agenda d’affari made in Pompeo.
Non solo il grande business TLC, ma poi anche negli ultimi mesi l’acciaio. Sì, perché il colosso giapponese ‘Nippon Steel’ha pensato a lui come super consulente (ovviamente super pagato) per sbloccare la trattativa che va avanti da oltre un anno per mettere le mani sulla seconda big statunitense del settore e tra le prime al mondo, ‘US Steel’. A dicembre 2023 Nippon ha messo sul piatto 15 miliardi di dollari, cifra ritenuto non soddisfacente dalla controparte. La trattativa ha suscitato aspre polemiche negli Usa, con la sollevazione dei sindacati e anche una protesta politica bipartisan: si sono ribellati sia i dem che i repubblicani. Trump ha bollato l’operazione come “una vergognosa svendita di un nostro gioiello”.
Poi, in piena estate, il colpo a sorpresa e il faraonico ingaggio di Super Mike per sbloccare la trattativa, con i giapponesi ora a correre contro il tempo per concludere prima dell’insediamento di Trump che certo la bloccherebbe il primo giorno utile di presidenza.
Ma sorge ora spontaneo il doppio interrogativo alto come le Twin Towers: potrebbe mai questo Pompeo che sta dentro la pancia di una società strategica di Kiev, e quindi nel cuore di Zelensky, ricoprire in modo imparziale la poltrona alla Difesa? Potrebbe mai farlo questo Pompeo che vuol scippare con i giapponesi a prezzi di saldo una perla industriale Usa tanto cara al presidente?
GLI ULTIMI GIORNI DI POMPEO
Ed è piena di interrogativi, dubbi e fatti ‘illuminanti’, lotte intestine comprese, la minuziosa ricostruzione messa in rete da ‘Drop-site news’. Ecco, a seguire, alcune piste & vicende piccanti.
Viene subito posto in risalto il cuore del problema, ossia “il recente incarico nel CdA della più grossa azienda di telecomunicazioni in ucraina” e il suo “appoggio aggressivo al conflitto globale”.
Sul primo punto viene sottolineata la “clamorosa, umiliante inversione di tendenza” che si registrerebbe nel caso della nomina di Pompeo, visto che “dal 2019 Trump ha attaccato Joe Biden e la ‘famiglia criminale’ soprattutto per il ruolo ricoperto dal figlio Hunter Biden nel CdA della prima azienda energetica ucraina”.
Il riferimento è a ‘Burisma’, che ha cooptato nel suo consiglio d’amministrazione il rampollo presidenziale quando babbo Joe era il vice di Barack Obama e quando era appena andato in scena il golpe bianco di piazza Maidan, Kiev, orchestrato da Victoria Nuland, il ‘falco’ al Dipartimento di Stato. Dirty stories che la ‘Voce’ ha tante volte raccontato.
Eccoci alla potente lobby che appoggia Pompeo. “Trump non lo vorrebbe, ma deve subire le pressioni da parte di una forte lobby a cui fanno capo il noto conduttore radiofonico Hugh Hellitt e David Urban, i quali hanno parlato direttamente a Trump del ruolo che dovrà essere assegnato all’amico Mike. Un suo altro grande amico è Brian Hook, un falco di guerra papabile per il Dipartimento di Stato”, al quale sta evidentemente molto a cuore anche la postazione che sarà affidata all’ex capo della CIA.
Trump, dal canto suo, può contare sul legame con uno dei più seguiti anchorman tivvù, per anni punta di diamante a ‘Fox News’, Tucker Carlson. Che non ha problemi a definire Pompeo “una persona sinistra, un criminale”. “Poche settimane fa – viene sottolineato nell’articolo di Drop-site – Carlson ha ricordato uno scoop di Yahoo News del 2021 che rivelava un piano di Pompeo per far fuori, eliminare fisicamente Julien Assange, il fondatore di WikiLeaks, finalmente libero dopo anni di ‘confino’ nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra e poi dietro le sbarre della ‘Berlmarsh Prison’.
Anche David Sacks, in ottimi rapporti con Elon Musk, vede come il fumo negli occhi Big Mike. E giorni fa si è unito alle feroci critiche espresse da due conservatori di non poco peso, quali Mike Cernovich e Jack Posobiec.
Fresco fresco anche l’attacco di un conservatore ultra-illuminato come il senatore repubblicano Ron Paul, a suo tempo fiero oppositore dell’invasione Usa dell’Iraq. Ha messo in guardia Trump dal nominare nella sua amministrazione un tipo come Pompeo, e in un podcast ha analizzato e commentato un intervento super aggressivo dell’ex Segretario di Stato in cui promette di affrontare l’Iran con estremo vigore e di difendere strenuamente Israele.
Poi una chicca. La scorsa estate il ‘Wall Street Journal’ ha pubblicato con gran risalto un fondo firmato da Pompeo in cui delinea il ‘Trump Peace Plan’ per l’Ucraina. Un fritto misto che comprende un forte inasprimento delle sanzioni anti Russia, la rimozione di ogni restrizione all’invio di fondi a Kiev, la creazione di un ‘Program lend-lease’ da 500 miliardi di dollari e la contemporanea attivazione di un apposito ‘Fondo NATO’ da 100 miliardi per il futuro armamento dell’Ucraina, nonché l’ingresso a vele spiegate nell’Alleanza Atlantica e nell’Unione Europea.
Andando oltre le più rosee previsioni neanche mai azzardate dal presidente-burattino Volodymyr Zelensky e mettendo nero su bianco l’esatto contrario di quanto Trump ha sostenuto durante la campagna elettorale. Quindi: un siluro in piena regola di Mike all’‘amico’ Donald.
Come mai nessuno, a livello politico e mediatico, ha rilevato la gigantesca contraddizione e il comportamento doppio, totalmente inaffidabile dell’ex capo della CIA?
Un altro grande amico di Pompeo – viene dettagliato nel reportage di ‘Drop-site’ – e quindi un altro componente della super lobby pro Mike, è poi come detto David Urban, ex Ceo di ‘BRG Group’, guarda caso una potente società di lobbyng con sede a Washington e, guarda caso, con alcuni grossi clienti ucraini, tra cui un membro del Parlamento e uno dei consiglieri più ascoltati di Zelensky.
E chiudiamo il tour sbarcando a Teheran.
Durante il primo mandato presidenziale di Trump, i due Segretari di Stato succedutisi, ossia John Bolton e Pompeo, su questo fronte sono sempre stati dello stesso avviso e ben allineati sulle rigide posizioni neocon: ci vuole una politica molto aggressiva, di attacco, contro l’Iran: a cominciare dall’annullamento degli accordo del 2015 sul nucleare, poi aumentando le sanzioni contro il governo di Teheran, quindi programmando una serie di ‘eliminazioni’ (leggi uccisioni) mirate (come sta facendo l’esecutivo israeliano).
Su sponda ben diversa sia Trump che il suo vice, JD Vance. Osserva il primo, a proposito degli scenari mediorientali: “Non possiamo essere totalmente coinvolti in tutto questo, non possiamo governare il mondo da soli, ammettiamolo”. E il numero due: “Il nostro intento principale è non entrare in guerra con l’Iran. Sarebbe una enorme distrazione di risorse ed enormemente costoso per il nostro Paese”.
E cosa ha combinato il ‘coraggioso’ Pompeo a fine 2023?
Ha preso parte come guest star e parlato ad una conferenza organizzata da MEK, ‘Mujaedeen-e-Khalq’, un gruppo estremista di opposizione al regime di Teheran, non poco screditato. Negli ultimi mesi l’ex capo della CIA non ha nascosto la sua vicinanza a quel gruppo e ha promesso che continuerà a sostenerlo ed appoggiarlo, in vista di un cambio del regime a Teheran. Ecco le sue ultime parole sul tema: “La politica degli Usa nei confronti dell’Iran deve essere incentrata sul sostegno a questa opposizione organizzata e sull’aumento della pressione sul regime fino alla sua caduta”. Più chiari di così…
Tutti i media hanno appena dato ampio risalto all’abortito tentativo ideato dall’Iran di assassinare Trump dello scorso settembre. Lo ha annunciato con la fanfara il Dipartimento Usa della Giustizia, dando notizia della fantastica operazione dell’FBI che ha scoperto una cellula terrorista. Le vulcaniche menti dell’intelligence a stelle e strisce, infatti, avrebbero intercettato frasi che tramavano per far fuori il candidato ma poi rimandavano il tutto perchè “l’operazione è troppo cara” e conviene “farla dopo elezioni visto che su Trump ci saranno meno controlli perché tanto perde”.
Da perfetto copione per i mitici Totò e Peppino.
Ma vuoi vedere che in tutta la sceneggiata c’è lo zampino dell’insuperabile Mike?
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