“Autonomi, piccoli imprenditori e il popolo dei bonus” sono queste le categorie che guadagnano e prosperano con le leggi del governo Meloni. Lo afferma, in una lunga intervista, anche il noto docente di diritto tributario dell’Università Tor Vergata di Roma, il prof. Raffaello Lupi. Il suo ragionamento dimostra che queste categorie continuano ad essere privilegiate. Nonostante il fatto che proteggerle non salverà certo l’Italia dal suo lento declino, anzi, in prospettiva, lo affosseranno.
È lecita a questo punto una domanda: chi vince e chi perde nell’eterno conflitto sui conti pubblici dell’economia italiana con questo governo marcatamente classista. Solo ora, dopo due anni di gestione del potere, si è definitivamente delineata la politica economica del governo e si intravede la composizione del suo blocco sociale di riferimento. Un blocco che viene continuamente fidelizzato elargendo nuovi privilegi e utilizzando allo scopo un fisco asservito e amico. Queste categorie sono così protette dai crudeli tagli che colpiscono invece tutte le altre categorie.
Non c’è alcun dubbio che si continuerà a favorire solo una parte dei lavoratori autonomi, i piccoli artigiani, i commercianti e i professionisti con bassi livelli di compensi dichiarati e alti livelli di guadagni al nero. Così come quella parte di piccoli imprenditori a cui è stata concessa una tassazione in flat tax, portata recentemente fino a ricavi di 85 mila euro. Gli stessi ad essere costantemente beneficiati da forfettizzazioni e da reiterati condoni fiscali. Condoni che favoriscono sempre le stesse fasce di contribuenti e, naturalmente, tutte le altre, escluse, pagano per tutti. A questi esclusi si concedono piccoli e fumosi vantaggi, sono pochi lavoratori dipendenti a basso reddito, che hanno ricevuto qualche bonus fiscale. Così come ai pensionati, la finanziaria ha previsto qualche spicciolo indecente (3 euro). Restano fuori la maggioranza di coloro che sopravvivono con pensioni da fame, che superano di poco il minimo, per i quali non si fa nulla adducendo la patetica motivazione che “non ci sono soldi”. A questi vessati contribuenti sono stati persino bloccati i recuperi dell’inflazione.
Ma allora che tipo di blocco sociale è questo difeso dalla cosiddetta “destra sociale”? Quale strategia il governo sta perseguendo? Come si intendono favorire quelle classi sociali più sfavorite, la ‘povera ggente’, come direbbe la Meloni?
Questa destra è incline a favorire solo alcune categorie a discapito di altre. In particolare, commercianti, artigiani, balneari, piccoli commercianti e tassisti che sono considerati elettoralmente amici, mentre ai ‘veri poveri’, che in Italia sono in costante aumento, sono destinate solo mancette. Niente più “reddito di cittadinanza” che tante critiche aveva generato. È una nemesi. Quello stesso odio sociale che l’aveva generato lo ha smantellato. Eppure, chi vive con i redditi più bassi dovrebbero essere numericamente esorbitanti rispetto a quelli che godono di redditi più elevati. Ma i primi si sono dimostrati politicamente confusi e non consapevoli della loro vera forza elettorale.
Il lavoro non è solo quello degli operai o, al massimo, degli impiegati e neppure solo quello di chi si sporca le mani. Eppure, tropo spesso, chi lavora nei servizi è visto con disprezzo. D’altronde la cultura complottista al governo, continua a considerare i lavoratori delle banche alla stregua di strozzinaggio, considera Uber come se fosse solo un tassista aggiuntivo, e persino una grande industria come la Barilla, solo un fornaio. Infine, le società di assicurazione sono vissute come una conventicola di profittatori e così via. In si associano in questa considerazione negativa persino categorie una volta tenute in grande considerazione ma oggi considerate progressiste, come i giornalisti, i magistrati e i dirigenti della pubblica amministrazione.
Ma perché, ci chiediamo, per recuperare i fondi necessari a salvare il nostro welfare il governo non ha mai voluto tassare gli extra profitti? Alcune grandi imprese hanno fatto profitti spropositati. Queste sono in genere incontrollabili organizzazioni complesse, nei confronti delle quali ci si dovrebbe fidare solo perché il ‘padrone’ non si vede. Sono quasi sempre aziende considerate dal governo fuori dalla sua infosfera culturale, per parafrasare il modo di parlare del nuovo ministro della cultura. Sono considerate inviolabili e per questo possono continuare a fare ciò che vogliono, come pagare le loro tasse dovute in un altro Stato pur producendo in Italia o come chiudere fabbriche ancora produttive e portarle altrove dove il costo del lavoro è più basso, ma questo solo dopo aver riscosso da noi gli aiuti di Stato e incassato il danaro dei contribuenti italiani. E questo meccanismo il giovane Elkan lo conosce bene.
I lavoratori autonomi sono stati beneficiati da una flat tax al 15% e da molti condoni, tra cui l’ultimo, quello tombale tanto pubblicizzato in TV, si prolungherà per i prossimi due anni. E gli altri, come sempre, pagheranno per tutti … anche per loro.
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