Geograficamente l’Italia ha forma di stivale, metaforicamente di una ‘matrioska’, la bambola russa che ne ha dentro di sé un’altra e un’altra, un’altra. La nostra brutta matrioska come la sorellastra made in Russia è un contenitore multiplo e ben rappresenta l’anomalia del voto che riconsegna il palazzo della Regione Liguria alla destra. La descrizione del contenuto è nel significativo ‘Scandalo nello scandalo’. Feudi decisivi per l’elezione di Bucci sono le isole periferiche di Genova, una per tutte Imperia, dominio politico di Scajola, che al tema degli scandali non è estraneo. Scandalo nello scandalo è l’ip-ip-urrà di Giorgia sorella d’Italia. Il suo scalcinato, ma coeso partito, dimezza la cifra dei voti, il Pd ne conta il doppio.
Un decisivo fattore di disturbo induce la Repubblica a titolare in prima pagina “Bucci vince per un pugno di voti” che per amore del realismo ci permettiamo di modificare in “Bucci vince per un pugno di Conte”. L’avvocato prestato alla politica, droga da cui è diventato dipendente, convoglia energie fisiche e mentali sul ring dove sfida il detentore del titolo, al secolo il comico Grillo (genovese che ha disertato le urne) e in delirio di grandeur personale impedisce che la Liguria sia governata dal centrosinistra, con il rifiuto di operare in con la coalizione anti Meloni. Risultato? Conte provoca i danni di una drastica dieta dimagrante al movimento 5Stelle, che raccatta una misera manciata di voti, default determinante per la sconfitta di misura di Orlando. Il sarcasmo sugli italiani politicamente sprovveduti, che votano per la destra “tanto chi se ne frega, sono tutti uguali, vuoi vedere che i neofascisti sono meno peggio dei democratici” è una superficiale, sbrigativa interpretazione dei perdenti. Il popolo che si riconosce nella democrazia è orfano da decenni di leadership credibili, rifiuta l’adozione di un partito amorfo, disconnesso dalla realtà del Paese, strutturato a piramide per la distribuzione del potere interno tra le correnti modello Dc.
Le conseguenze? Disaffezione, critiche, contestazione, confluiscono nella scelta estrema di disertare il voto. Non piove sul bagnato, i danni sono da alluvione, reiterata, distruttiva. Rassegnarsi? La tentazione si espande elezione dopo elezione, annebbia l’orizzonte della politica a venire, alimenta lo scetticismo della ragione per il futuro della democrazia sotto minaccia in mezzo mondo. I numeri del voto dei liguri parlano chiaro: per eleggere Orlando era sufficiente un punto e mezzo in più del fallimentare 4,57 % assegnato dagli elettori ai 5Stelle. Bastava che le sette liste collaterali del Pd non disperdessero voti (eccoli: 0,87, 0,85, 0,85, 0,35, 0,33, 0,31, 0,28) ottenute da illustri sconosciuti. Messi in colonna diventano il 3,84%. Imparata la lezione? Dubbio giustificato.
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