Se son rose fioriranno, ma se non lo fossero?

Ma che brusco risveglio per chiama il bel calcio e non conosce il fanatismo campanilistico degli ultras. Appena condivisi titoli e applausi per il contributo decisivo di Kvara al poco esaltante 1 a 0 del Napoli nella Toscana dell’intraprendente Empoli, le news di settore inducono a retrocedere, a elaborare riflessioni opposte: il georgiano, dopo mesi di faticosa e infruttuosa trattativa di un “resto, no, vado via”,  sembra aver imboccato la strada dell’addio all’azzurro che lo ha reso celebre e ricercato numero uno di un mondo del pallone a caccia di star. De Lau se ne rammarica, a nome dei napoletani che hanno circondato Kvara di stima e affetto? Macché:  Uno va, uno viene, ce ne faremo una ragione” e sottovaluta i punti oscuri della trattativa evidentemente fallita, non esprime solidarietà ai tifosi, incantati dalle furbe dichiarazioni d’amore del georgiano per la Napoli che l’ha accolto con il tradizionale, affettuoso calore partenopeo. Il temuto addio di Khvicha ricorda l’analogo comportamento di Osimhen, calciatore di talento, elevato a numero uno de decisivo ruolo di punta offensiva. Victor ha dimenticato in un attimo le dichiarazioni d’amore per la città che lo ha reso famoso e per intascare qualche milione in più è finito nella Turchia di Erdogan, centravanti del Galatasaray Spor Kulübü. È azzardato definire mercenari i giocatori che in carriera indossano due, tre, più maglie per un po’ di dollari in più? Forse sì, forse no. C’è analogia con i professionisti della guerra che combattono assoldati come mercenari, a prescindere dalla propria nazionalità? Cosa c’è di diverso dai mestieranti della politica che a dispetto di contrasti ideologici praticano il salto della quaglia e per interessi venali traslocano da un partito all’altro? Malignità per malignità: ma è un sospetto ingiustificato la convinzione che nel tempo i big della squadra azzurra in vista di cambiare casacca hanno consapevolmente ‘giocato male’ per indurre la società a liberarsene senza grandi traumi? Lo hanno fatto, a suo tempo Allan, Fabian, Koulibaly, Kim, lo ha fatto Osimhen e da qualche tempo lo fa Kvara. Ecco, questi retroscena del calcio annebbiano l’idea sbandierata dai media di sport più bello e spettacolare del mondo. Se Conte permette un cenno di dissenso, capirà perché non è leale, nel post partita di Empoli, contestare le critiche per il non gioco di un primo tempo dominato dai toscani e un secondo certamente meno deludente, per una vittoria stentatissima, frutto di un rigore, dell’ingenua sciocchezza difensiva di Anjorin colpevole di un inutile fallo su Politano. Decisamente  presuntuoso, poco appropriato è il commento “Abbiamo vinto il resto è aria fritta” Non lo è: non è cosa da niente la continuità di prove opache di Lukaku, ingaggiato per volontà esplicita  di Conte, per il sogno dei napoletani di un nuovo scudetto non lo è la filosofia alla Herrera del “prima non prendere gol” se non la perfezioni con un attacco prolifico e soprattutto non è leale scaricare sul Napoli di un ‘tempo sì, uno un poco meglio, la responsabilità esclusiva dei giocatori, evocare  senza spiegarlo il perché della squadra preda di nervosismo e apatia e neppure il comodo, autoassolutorio “L’avevo detto che con l’Empoli era una partita difficile”.


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