Jannic immensità

Paura, inutile nasconderlo, prima della finale e per il 5/7 del primo set che il talento e la forza fisica di Alcaraz ha guadagnato con indiscutibile merito. E però non ha fatto i conti con l’immensità di Jannic, di questo ragazzo che miscela alla perfezione talento e natura di vincente. Quasi da cancellare un primo set e non è la prima volta di un esordio difficile del numero uno del mondo, che costretto dallo spagnolo, al tie break ha ceduto il set per incomprensibile passività e il disastroso punteggio di 0 a 7.  Il via del secondo round della sfida, che tradotta in dollari equivale a 6 milioni, ha fugato timori e perplessità, è filato via senza intoppi, ha esaltato le qualità del number one of the world, quasi anomale per la sua giovane età: classe, calma serafica, concentrazione illimitata, potenza, abilità nello  strutturare il progetto vincente tarandolo sulle caratteristiche dell’avversario di turno.  Il 6/3 del secondo set riflette tutto questo e il terzo, con identico punteggio, lo replica: autorevolezza dei super campione. Il trionfo di Jannic, le sue qualità di ragazzo serio, affabile, modesto, ma insieme determinato, leale, ma non arrendevole, condanna i tempi lunghi dell’inchiesta sul suo presunto assumere una sostanza dopante, che il tribunale ha chiuso con una chiara sentenza di assoluzione. Resta in piedi la riserva dell’organismo che indaga su casi di doping. Che di sbrighi a concludere! Se avete ascoltato le dichiarazioni dei quattro ‘grandi’ che hanno disputato la sfida per il terzo posto e per la vittoria del torneo, non vi sarà sfuggito il loro endorsement per la squisita ospitalità e il piacere di tornare in Arabia Saudita. Messaggio sicuramente sincero, ma forse corredato dalla speranza di un nuovo ingaggio milionario. Il benevolo sospetto non include il mitico Nadal, perché alla fine del suo calcare i parquet di mezzo mondo, eppure anche sue parole di apprezzamento per chi ha inventato il Six Kings Slam: al termine della partita, sostanzialmente dominata da Djokovic, oltre al ‘piatto’ di quarto classificato, ha ricevuto come premio per la strepitosa carriera niente meno che una racchetta in oro zecchino.

Jannic non torna a casa solo carico di giusta esaltazione per l’impresa compiuta e il ‘gruzzolo’ milionario che gli spetta. Battendo Alcaraz consolida la leadership di numero uno del mondo e la ipoteca per il futuro non solo prossimo.

In fatto di eleganza dieci e lode non spetta a Sinner, che indossa maglietta e calzoncini di un tristissimo grigio. Meglio Djokovic, maglietta rossa e pantaloncini neri, ma il top è nel taglio e nel blu intenso, bellissimo, di quanto ha indossato Nadal. Un paio di righe per i tic: Rafa Nadal prima di battere si tocca freneticamente orecchie, fronte, spalle, il di dietro. Jannic aggiusta ad ogni pausa il ciuffetto di capelli che escono dal cappello e asciuga il sudore del volto con il polsino di spugna, soffia sulle dita della mano che lancia la palla in alto per il servizio, Alcaraz alza la maglia per asciugare il viso e scopre la pancia, Djokovic fa rimbalzare la pallina trenta volte prima di ogni battuta. Niente di male. ma che noia la ripetizione all’infinito di quei tic.


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