MORATTI DINASTY / LA “SARAS” VOLA IN OLANDA

Dopo quasi vent’anni esce da piazza Affari il gioiello di famiglia a casa Moratti, la storica ‘SARAS’.

Ed entra a vele spiegate nel ricco parterre societario del colosso olandese ‘VITOL’, la cui lunga storia, cominciata ugualmente negli anni ’60, è cosparsa di non pochi ‘misteri’ e incidenti di percorso.

Un altro pezzo da novanta dell’imprenditoria nostrana prende quindi il volo per l’estero, nel più perfetto silenzio mediatico. Segno della colonizzazione spinta del Belpaese, fanalino di coda tra le economie europee nonostante i dati strombazzati dalla destra sfascista al governo da ormai due anni. E, allo stesso tempo, della disinformazione che ormai regna sovrana, dominata dai gossip di Palazzo che cloroformizzano quotidianamente i cittadini.

Partiamo dalle news per poi puntare meglio i riflettori sulle due sigle.

Tutto si svolge quest’anno, nel giro di pochi mesi. In tre precise tappe.

Il 12 febbraio, infatti, Vitol compra il 35 per cento delle azioni Saras per circa 600 milioni di euro.

Il 30 agosto la scalata fa segnare il suo punto clou, arrivando al 95 per cento del capitale totale.

Angelo Moratti. Sopra, il figlio Massimo

E tre giorni fa l’operazione viene completata, con quell’ultimo 5 per cento. 8 mesi in tutto, neanche il tempo per dare alla luce un neonato.

Nel congegno finanziario, andato in porto attraverso un’Opa, ha svolto un ruolo il veicolo dei Moratti, ‘VAS’.

Eccoci ai protagonisti in campo.

Saras nasce nel 1962, il padre è Angelo Moratti, proprio in quegli anni proprietario della grande Inter di Helenio Herrera. Il suo nome è l’acronimo di ‘Società Anonima Raffinerie Sarde’ e il gigantesco stabilimento viene ubicato a Sarroch, lungo la costa a sud ovest di Cagliari. Col tempo diventa la maggiore raffineria del Mediterraneo, capace di sfornare la bellezza di 300 mila barili di greggio al giorno, per un totale annuo di 15 milioni di tonnellate. La gestione è affidata alla controllata ‘Starlux’, mentre i dipendenti superano il tetto dei 15 mila.

Il gruppo viaggia col vento in pompa per decenni, fino ad un periodo decisamente nero, che comincia nel 2009. A giugno di quell’anno, infatti, 3 operai di un’azienda esterna muoiono bruciati a Sarroch, il sindacato parla di ‘morti annunciate’, per via della insicurezza degli impianti.

Guarda caso documentata, solo pochi mesi prima, nel film-inchiesta ‘OIL’ (diretto e prodotto da Massimiliano Mazzotta) che denuncia sia l’insicurezza degli impianti che l’inquinamento provocato.

Il libro di Giorgio Meletti

E, pochi mesi dopo la tragedia di giugno, ad inizio 20010, esce un forte j’accuse firmato dall’ottimo giornalista economico d’inchiesta Giorgio Meletti e titolato “Nel paese dei Moratti. Sarroch-Italia – Una storia di ordinario capitalismo coloniale”. Un ‘colonialismo’ che dopo 15 anni guarda caso torna alla rovescia.

Non passano due anni e nel 2011 un altro grave incidente: muore un operaio e due rimangono gravemente feriti.

Ancora due anni e, nel 2013, va in porto una grossa operazione finanziaria. Il colosso petrolifero pubblico russo ‘Rosnef’, infatti, compra un bel 13,7 per cento dei titoli Saras, e dopo alcuni mesi un altro 7,3 per cento, arrivando quindi ad un quinto del capitale. Poi ne rivendono a ‘investitori istituzionali’, altri mesi dopo, quasi la metà, ossia il 9 per cento. Allora i soldi di Mosca ‘non puzzavano’…

La raffineria Saras in Sardegna

Nel 2018 Massimo Moratti, dopo la morte del fratello Gian Marco, assume la presidenza del gruppo. Del quale diventerà anche amministratore delegato un anno e mezzo fa, a marzo 2023, dopo le improvvise e impreviste dimissioni (definite “anomale” dal ‘Sole 24 Ore’, solitamente molto asettico nei commenti, soprattutto sui grandi ‘capitani d’industria’) di Matteo Codazzi, eletto solo 4 mesi prima. Un mistero, quelle dimissioni, mai chiarito.

Passiamo alla star olandese Vitol.

Che sboccia a Rotterdam nel 1966 e comincia subito ad occuparsi con gran lena di commercializzazione e trasporto di una lunga gamma di prodotti petroliferi ed energetici, a partire, of course, dal re incontrastato, il greggio.

Qualche numero. 40 sedi in tutti il mondo, basi strategiche a Ginevra (dove è acquartierata la sede legale), Houston, Londra e Singapore. Gestisce oltre 7 milioni di barili di prodotti petroliferi al giorno, l’equivalente di quanto, sempre in un giorno, consuma l’intero Giappone. Può contare su una flotta di 250 navi & superpetroliere per il trasporto, proprio come una nazione di peso. Nel 2022 fa segnare un fatturato annuo di oltre 500 miliardi di dollari annui.

I dati di bilancio si fermano qui: perché sono ‘riservati’, o meglio ne è consentita la consultazione solo ai suoi funzionari apicali e ad alcuni clienti top. Il massimo della trasparenza! Però, i Signori del Greggio sono molto ‘democratici’ e un po’ comunisti (sic): infatti, a quanto pare, è prevista una sorta di ‘azionariato diffuso’ tra i dipendenti. Mitico.

Ma le rogne, nel corso degli anni, non sono mai mancate. E un po’ di tutti i tipi: soprattutto sul fronte dei traffici con paesi considerati, dagli occidentali, ‘carogna’.

Ecco alcuni esempi, segnalati soprattutto dalla stampa britannica e tedesca.

Nel 2001 da ‘The Observer’ arriva l’accusa di aver pagato una tangente da 1 milione di euro alla ‘belva’ Arkan per ottenere un favorevole accordo con la compagnia petrolifera serba ‘Orion’.

Nel 2007, davanti al tribunale di New York, i suoi legali ammettono una maxi truffa per poter risolvere il tutto con una sanzione (da 17 milioni e mezzo di dollari): si tratta di evasione fiscale per contratti con la compagnia nazionale petrolifera dell’Iraq di Saddam Hussein e, addirittura, per aver aggirato il programma ‘Oil-for-Food’ dell’ONU. Non proprio il massimo per una star del genere…

Il ‘Financial Times’ punta i riflettori sul fronte libico e scopre svariate connection messe a segno da Vitol in combutta con la ‘Tesoro Corporation’.

Settembre 2012, ‘Reuters’ scopre altri traffici in direzione Iraq, aggirando l’embargo deciso dalla UE contro Teheran. Operazioni ‘agevolate’ dall’aver la sua sede legale a Ginevra.

  1. The Telegraph’ accusa il colosso orange di far ricorso, da oltre un decennio, all’‘Employee Benefit Trust’ in modo tale da evadere le imposte sul reddito per il suo personale britannico.

Ancora. Cinque anni dopo, nel 2018, la ‘Commissione francese per la regolamentazione dell’energia’ infligge a Vitoluna sanzione da 5 milioni di euro “per aver operato manipolazioni del mercato nel punto di scambio virtuale del gas meridionale francese (‘PEG Sud’)” tra il 2013 e il 2014.

Bella gente.


Scopri di più da La voce Delle Voci

Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.

Lascia un commento