Due episodi di furia omicida senza senso. Il primo è stato quello di un giovane diciasettenne, a Paderno Dugnano in Lombardia. Ha sterminato l’intera famiglia uccidendo con 68 coltellate il padre, la madre e un fratellino più piccolo, quest’ultimo forse il vero obiettivo della sua cieca violenza. Poi si è fatto arrestare senza opporre resistenza e facendo mettere a verbale la sua sconcertante confessione “… avevo intenzione di pulire il coltello per fare incolpare altri” ha detto nel corso del suo interrogatorio. Ha poi aggiunto che percepiva gran parte delle persone come “meno intelligenti e con le quali non si ritrovava nei comuni ragionamenti” – riteneva, cioè, “che si occupassero e preoccupassero solo di cose inutili” e ha infine concluso con un apparentemente ingenuo, ma illuminante espressione “… volevo cancellare tutta la mia vita di prima. Se ci avessi pensato di più non lo avrei mai fatto”.
L’altro caso, anch’esso in Lombardia, è quello dell’omicidio a coltellate di Sharon Verzeni a Terno d’Isola nella bergamasca. L’omicida e reo confesso è stato un immigrato, un certo Mousse Sangare, il quale ha dichiarato dopo l’arresto ai militari che lo interrogavano in caserma “… ho avuto un raptus. L’ho vista e l’ho uccisa”, ma era uscito di casa portando con sé quattro coltelli. In questo caso non conosceva la vittima e non si intravedeva alcun apparente movente per questo delitto. Nella tasca dei suoi pantaloni è stato rinvenuto un foglietto scritto a mano con alcuni appunti riferiti a un vecchio omicidio commesso a Venezia nel 2021 da un uomo di origini nigeriane. “Non so perché avessi quel biglietto, ero interessato a questa notizia. Guardo polizieschi e mi sono sempre interessato a casi dove l’assassino utilizza coltelli” ha candidamente dichiarato, ma senza fornire la minima motivazione logica al suo gesto. Gli inquirenti, constatata l’inesistenza di moventi credibili, hanno subito pensato alla presenza di un disturbo di tipo psichico. Ma lo stato mentale di questi due assassini è stato giudicato integro dai consulenti di entrambe le procure.
Si tratta quindi di omicidi senza motivazione, dovuti forse alla imperscrutabilità dell’animo umano. Ma quando non si riesce a percepire una motivazione che abbia senso a gesti così efferati, allora monta la paura e lo sconcerto. Chi osserva, anche da lontano o attraverso la mediazione dei mass media, viene invaso da un’ansia irrefrenabile proprio per l’incapacità umana di accettare la mancanza di attribuzione di senso. Dobbiamo sempre trovare un motivo e difficilmente riusciamo a concepire questi gesti come connaturati all’essenza umana che agisce, a volte, sulla spinta di cause talmente personali ed esterne alle logiche della convivenza civile.
È questo ciò che spesso sta alla base dei comportamenti di molti serial killer, proprio per questo difficilmente individuabili o, addirittura, è la spinta di massa vissuta da intere popolazioni portate ad accettare o perpetrare e giustificare, stragi e persino genocidi, a cui tante volte abbiamo assistito da lontano nella storia dell’umanità. Eventi che immediatamente siamo portati a rimuovere, proprio perché non accettabili, e siamo portati a ricercare una motivazione qualsiasi.
Anche in questi due casi abbiamo assistito a talk televisivi e ad interviste a esperti ed a professionisti della mente. Questi hanno snocciolato decine di interpretazioni, tutte verosimili, ma lontane dalla reale comprensione dei fatti.
La verità è forse tutta nella natura umana. Questa è più aggressiva e violenta di quanto pensiamo e possiamo accettare. Temperata solo dalla cultura individuale, dalle religioni, dalle convenzioni sociali connesse al dover convivere in tanti in spazi comuni molto ristretti, per cui abbiamo dovuto accettare le rigide regole della convivenza umana.
Per questo probabilmente abbiamo bisogno di credere nell’esistenza di una vita oltre la morte, credere nella cosiddetta “morale” e nella tolleranza verso gli altri.
Finché non esplode, senza alcun motivo apparente, la incomprimibile violenza che abbiamo compresso i noi.
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