EMMANUEL MACRON & MARIO DRAGHI / MOLTO ATTENTI A QUEI DUE

Ha finalmente terminato dopo estenuanti attese e chilometriche consultazioni di sfogliare la margherita e di estrarre conigli dal suo real cilindro, Emmanuel Marcon, scegliendo il suo candidato premier: una vera sorpresa, perché non si tratta di alcuno dei tre dei nomi usciti finora (Berard Cazeneuve, Xavier Bertrand e Thierry Baudet), ma di Michel Barnier, una vita fatta solo di politica & poltrone anche UE, un vero burosauro dei Palazzi del potere che però non ha mai avuto la gran ribalta delle cronache né le prime pagine.

Una soluzione molto al ribasso e politicamente sconcertante perché fa a pugni con il risultato uscito dalle urne, dove ha vinto il ‘Nuovo Fronte Popolare’ (NFP), chiaramente a sinistra. Mentre il ‘benedetto’ da le roi Macron è un uomo di pura droite, della più proterva destra neogollista d’un tempo, e come conferma il suo fitto pedigree sotto le varie presidente di destra.

Michel Barnier. Sopra, Draghi e Macron

Un vero ceffone ai francesi, al NFP che fino a questo momento non ha ancora reagito. Ma se il giudizio su Cazeneuve (fra i tre il più somigliante al profilo di Burnier) è stato di totale stroncatura, certo non sarà diverso ora, anzi ancor più duro, con ogni probabilità perché il capo dell’Eliseo continua a chiudere gli occhi davanti alla realtà del voto e cerca a tutti costi un compromesso per salvare capra e cavoli, scegliendo, però, a destra. Una cocciutaggine che rischia di portare la Francia al caos nel giro di pochi giorni e a bollenti manifestazioni di piazza.

Ecco la breve nota diramata dall’Eliseo: “Il presidente della Repubblica ha nominato primo ministro Michel Burnier, incaricandolo di instaurare un governo di unificazione del Paese e dei francesi”.

In pochissime parole già due primi inciampi, un piccolo record. Come mai si parla di ‘instaurazione’ e non di ‘formazione’ come sarebbe ovvio? Vivono in una repubblica, i cugini francesi, o in una monarchia? E poi: come si fa a parlare di ‘unificazione’ quando il paese è letteralmente spaccato a metà e la scelta di Macron è la più divisiva possibile? Esclude, per fortuna, i fascisti lepenisti, ma apre a un vecchio gollista e pure dichiaratamente sovranista. Ma ci è o ci fa, le roi Emmanuel?

L’aspirante premier, infatti, si autodefinisce “un patriota ed un europeo”: non ha le idee un po’ confuse prima ancora di cominciare nel titanico tentativo di metter su una maggioranza di centro-destra destra?

Ma scorriamo rapidamente il suo pedigree, da perfetto politico di carriera che – come diceva Silvio Berlusconi – non ha lavorato neanche un giorno nella sua vita.

Lucie Castets

Quasi mezzo secolo fa, nel 1978, la sua prima elezione all’Assemblea Nazionale. Devono passare quasi 15 anni per vederlo, nel 1993, ministro per l’Ambiente nel governo Balladour, quindi in quello Juppè del ‘95 come titolare del dicastero per gli Affari Europei, un ottimo trampolino per diventare membro della Commissione UE per un quinquennio, dal 1999 al 2004. Nel 2002 aderisce all’anonima UMP (Unione per un Movimento Popolare): tanto gli basta, quella casacca, per diventare ministro degli Esteri con l’esecutivo Raffarin nel 2004. Dopo un’altra poltrona (Agricoltura) nel governo Fillon, imbocca una volta per tutta la via UE, dove viene eletto parlamentare sempre con la maglietta UMP, e lo stesso mentore Fillon lo designa come Commissario Ue. La carriera in quei palazzi non è però scintillante: deve contentarsi, nell’era Barroso, della delega al Mercato interno e ai Servizi finanziari. Quindi Jean Claude Junker lo nomina a capo della Commissione che dovrà trattare la Brexit con il Regno Unito. Fine della storia. E ora la ‘miracolosa’ chiamata presidenziale.

Ne sentiremo delle belle, nelle prossime ore, e la quadratura del cerchio rischia di trasformarsi nella più totale ingovernabilità. Visto che Macron ha evitato di fare l’ovvio e seguire l’unica via democratica percorribile: affidare l’incarico alla persona scelta dalla formazione che ha stravinto al voto, il Nuovo Fronte Popolare, che per due volte ha indicato l’economista Lucie Castets. Per due volte sdegnosamente respinta al mittente dall’uterino Macron.

Da un monarca della politica ad uno della finanza il passo è breve. Ed eccoci a le roi Mario Draghi, l’ex vertice Bankitalia, exBCE, ex premier che tutto il mondo ci invidia. Ed infatti in questi momenti la UE pende dalle sue labbra in attesa della presentazione ufficiale, la settimana prossima, dal super atteso ‘Rapporto sul futuro della competitività europea’, ormai ultimato e del quale trapelano le prime indiscrezioni.

Un maxi dossier da ben 400 pagine che contiene di tutto e di più (ma batte soprattutto su un tema, come vediamo tra poco), suddiviso in 5 macro capitoli che riguardano: produttività; riduzione delle dipendenze; clima; inclusione sociale; ricette per i singoli settori.

A parere del Super Banchiere, attualmente la corsa dell’Europa è rallentata da alcuni ‘freni strutturali’ che occorre assolutamente rimuovere al più presto: altrimenti il Vecchio Continente verrà sempre più marginalizzato e diventerà, in qualche modo, la classica ‘ultima ruota del carro’.

Ecco i giganteschi gap, secondo il Draghi-Pensiero. Il profondo ritardo nella capacità di innovazione; il sensibile aumento dei prezzi dell’energia; la mancanza di manodopera specializzata; un altrettanto marcato ritardo sul fronte della digitalizzazione; e, soprattutto, una troppo scarsa capacità di difesa comune dell’Europa.

Ed è su quest’ultimo tasto, appunto, che Super Mario focalizza la sua attenzione e chiede ai vertici UE di procedere senza indugi con la massima decisione e speditezza.

Ecco alcuni passaggi salienti della già ‘storica’ Relazione griffata Draghi, così come ricostruiti dall’ANSA, che ha visionato in anteprima alcuni stralci del dossier.

Sono assolutamente necessarie misure per rendere il settore delle armi efficiente e competitivo, oltre che meno dipendente dagli Stati Uniti, il cui apporto in termini militari – considerato anche il possibile arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca – non potrà più essere dato come scontato nei prossimi anni”.

Il piano di Draghi è un tentativo strategico di andare incontro alle necessità di politici e imprenditori dell’industria militare, a lungo bloccati da vincoli legislativi che ostacolano la cooperazione in nome della concorrenza”.

In un’ottica di forte miglioramento della capacità  militare europea comune, il Rapporto include altre raccomandazioni: l’introduzione di ‘un principio di preferenza europea’ in modo da debellare la concorrenza straniera; la definizione di un modello di governance tra la Comunità europea, il Servizio europeo per l’azione esterna e l’Agenzia europea per la difesa; la creazione di un’Autorità per l’industria della difesa, deputata al controllo degli appalti a livello europeo, gestita dalla Commissione Europea e copresieduta dall’Alto Commissario Generale/Capo dell’Agenzia Europea per la difesa”.

Ci avete capito qualcosa se non il profondo spirito guerrafondaio che ispira questa ‘nuova’ visione europea tale da far correre i brividi lungo la schiena?

Certamente accolta con gran goduria dalle star dell’industria militare, soprattutto tedesca (visto che il settore auto, con la chiusura di alcuni stabilimenti ‘Volkswagen’, è in profonda crisi), ma anche francese e italiana, con la nostra ‘Leonardo’ in pole position.

Ma quello che desta le più forti preoccupazioni – fino a questo momento trascurate da tutti – è la modalità di approvvigionamento delle forniture militari, il meccanismo europeo degli Appalti cui Draghi si riferisce.

E circolano voci, anzi molto più di semplici ‘voci’, secondo cui è certo che il meccanismo prescelto sarà quello degli approvvigionamenti sul fronte dei vaccini ai tempi dello scoppio della pandemia.

Ursula von der Leyen

Ricordate i ‘contratti’ stipulati dal presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen per ben 71 miliardi di prodotti ‘Pfizer’? Bene, quei ‘contratti’ (di cui uno, il più grosso, da 31 miliardi, letteralmente ‘fantasma’) finiranno il 17 settembre davanti al Tribunale di Liegi, e alla sbarra dovranno comparire sia Lady Ursula che il suo compagno di merende, il Ceo di ‘Pfizer’Albert Bourla. “La più grande corruzione nella storia della UE”, ha commentato un membro della Commissione UE su covid e vaccini che ha cercato inutilmente di far luce sul maxi scandalo. Giocato sulla pelle di tutti i cittadini: perché – come la Voce ha denunciato decine di volte – quei vaccini erano e sono inefficaci e soprattutto insicuri, provocando valanghe di effetti avversi, soprattutto a livello cardiaco.

Capito che tipo di ‘contratti’ intende far stipulare alla UE il Super Banchiere?

Il quale, non dimentichiamolo mai, quando è stato premier ai tempi del Covid, definì “assassini e criminali tutti quelli che non si vaccinano, perché non solo ammazzano se stessi ma anche gli altri”.

Il vero killer (in folta compagnia politica & scientifica, come abbiamo tante volte dettagliato) è invece proprio lui: il quale, finora impunito, ha obbligato tutti gli italiani a farsi iniettare quel siero che ammazza & invalida.

Metodi nazisti.

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