Berizzi: parole come ‘Pietre’

Riempire le pagine di un giornale (quelle della Campania, di Napoli) ha richiesto un oneroso, stressante impegno quotidiano, doppio, perché l’inimitato ‘Paese Sera’ degli anni ’70 era offerto ai lettori nelle due edizioni del mattino e del pomeriggio, ma ha consentito a chi scrive di vivere il privilegio e la fortuna professionale di decidere in totale autonomia contenuti e impaginazione del giornale: perciò tanto spazio a immagini di grande impatto, spesso significative più di trecento parole, cura maniacale per le cosiddette ‘brevi’, ricorso costante all’incisività del corsivo (breve commento polemico, ironico), alla satira in punta di penna. Scelta ambiziosa, omaggio professionale ai grandi maestri di giornalismo: Fortebraccio, il Montanelli di ‘Controcorrente’, il ‘Gdb (Giulio De Benedetti) della Stampa, i contemporanei Michele Serra (‘l’amaca’), il Gramellini di ‘Buongiorno’).

La ricaduta di interesse per le loro venti righe è pari alla geniale creatività di vignettisti, non a caso famosi, come Vauro, Staino, Altan, Bucchi, Ellekappa, il Forattini precedente alla sterzata a destra, il napoletano, Marassi, il raffinato Biani. Nello spazio breve del corsivo quotidiano la satira graffiante di funamboli della lingua lascia sapientemente trasparire la scelta ‘militante’ dell’autore, sicché il lettore non ha dubbi sull’obiettivo delle riflessioni proposte. Esemplare, se osservato così, è l’impegno civile di Paolo Berizzi, del suo corsivo ‘Pietre’ che sottrae alle pagine di Repubblica l’infinitamente esiguo spazio di dodici righe. Domanda insinuante: “E che ci vuole a scrivere dodici righe? Nessuna fatica”. Errore. Quelle poche righe sono l’esito di laborioso giornalismo d’indagine, alla scoperta di nuovo casi di estremismo impunito della destra neo nazi-fascista.

A chi imputa furbo mutismo alla Giorgia, inquilina di Palazzo Chigi, Berizzi fornisce giorno dopo giorno fatti e misfatti della destra eversiva. Repubblica di oggi 28 agosto, in basso nella pagina numero 8 ospita le dodici righe del suo Berizzi. ‘Montagne e silenzio’ racconta un nuovo caso di apologia impunita del fascismo. L’organizzazione giovanile di Fratelli d’Italia, sezione di Torino, ha condito il raduno con la citazione della frase di Julius Evola: “La montagna insegna il silenzio”, tagliata a misura sulla bocca chiusa delle Meloni che non vede, non sente e tanto meno condanna gli episodi quotidiani di apologia del fascismo. Il riferimento dei giovani a Evola? Per chi non lo ricorda fu un antisemita acerrimo, ideologo dei ‘Fasci d’Azione Rivoluzionaria’, collaboratore delle SS. Le dodici righe di Berizzi, valgono più di colonne e colonne di sterile ‘politichese’.


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