ANTONIO DI PIETRO / TORNA IN CAMPO IL GRANDE “INSABBIATORE”

Torna prepotentemente alla ribalta il Super PM di Mani Pulite, Antonio Di Pietro. Finito in naftalina, ormai pastorello per godersi le sue terre a Montenero di Bisaccia, nel giro di poche torna in campo e mette a segno una doppietta: intervista a ‘L’aria che tira’ e apertura a caratteri cubitali che gli dedica ‘Libero’, titolata “Stanno puntando Giorgia”.

Sì, perché al centro delle riflessioni del fu Salvatore della Patria durante il ciclone di Tangentopoli, c’è la vicenda delle due sorelline d’Italia che sta appassionando il Paese, come neanche la soap più intrigante. Stiamo parlando, of course, della premier ‘Giorgia’ e dell’inseparabile germana, Arianna Meloni, capo organizzativo di Fratelli d’Italia. E dello ‘scoop’ (sic) messo a segno da ‘Il Giornale’ che ha anticipato la presunta maxi inchiesta per “traffico di influenze” la quale – secondo il chiromante Alessandro Sallusti & C. – starebbe per abbattersi sul capo di Arianna: seguendo il consueto copione Berlusconi e proseguendo nel filone eversivo delle toghe, con le loro indagini ad orologeria.

Ma scorriamo, fior tra fiore, alcune tra le frasi pronunciate dell’ex capo di Italia dei Valori.

 

PARLA ‘O PM DI PIETRO

“Permettetemi di esprimere un gesto di solidarietà nei confronti di Arianna Meloni. Anche lei, come altre persone prima di lei, me compreso, è stato gettato nel tritacarne mediatico-giudiziario e ne pagherà comunque le conseguenze. E’ oggetto di una criminalizzazione ingiustificata. Se prima non c’era attenzione adesso ce n’è tanta e tante persone si ricorderanno chissà che cosa su di lei”.

Arianna e Giorgia Meloni

“Arianna Meloni non è Giorgia Meloni, non c’entra niente, è una dirigente di partito e come dirigente fa attività politica e istituzionale e nessuno glielo può negare. Non so se abbia partecipato o meno a nomine, ma io chiedo: come mai un dirigente non dovrebbe partecipare a scelte di cui deve farsi carico il suo partito? Le nomine istituzionali sono sempre state fatte su base partitica”.

“Alessandro Sallusti va preso sul serio. Sallusti ha detto che ha fonti autorevoli e che qualcuno sta indagando. E non è detto che sia la magistratura, potrebbe essere qualche altra entità come è successo anche a me, con uno spezzone dei servizi segreti deviati”. “Non basta la risposta generica dell’Associazione Nazionale Magistrati. Il presidente dell’ANM Santalucia ha escluso il complotto: ma come fa ad escluderlo?”.

Parole che si commentano da sole.

A parte la totale istituzionalizzazione della lottizzazione non politica, ma partitica, fa correre i brividi lungo la schiena il preciso riferimento ai servizi segreti. Se sa qualcosa sul loro intervento nell’affaire Meloni, parli. E a questo punto dovrebbe parlare il suo nuovo grande amico, Sallusti, il depositario di tale bollente novità. Perché gettare un macigno nello stagno e vigliaccamente ritirare la mano? Che vengano finalmente alla luce le ultime, fresche manovre di 007 e barbe finte!

Del resto, uno come Di Pietro quegli ambienti li conosce come le sue tasche. Per averli a lungo, e con profitto, tante volte frequentati. E forse qualcosa di più.

 

SERVIZI” A TUTTO GAS

La ‘Voce’ ha pubblicato svariati pezzi sui rapporti tra l’ex Super Pm che cambiò i destini dell’Italia con i Servizi di casa nostra e, soprattutto, con la CIA. Nonché sulla ‘eterodirezione’ USA-CIA di ‘Mani Pulite’.

A partire dai tanti incontri che ebbe, per un quasi un anno tra il 1991 e lo ‘scoppio’ proprio di Mani Pulite, a febbraio ’92, con il console generale a Milano Robert Semler. Per un drink o per parlare di basket? A quanto pare, invece, lo ragguagliava circa le indagini top secret su Mario Chiesa, Bettino Craxi & C. E, of course, raccoglieva le ‘dritte’ che il generoso console gli dispensava.

Ne ha scritto, per primo, l’allora inviato de ‘La Stampa’ Maurizio Molinari oggi al timone di ‘Repubblica’, in un dettagliato reportage. Un pezzo all’epoca sottovalutato, non ben ‘attenzionato’. Ma valorizzato, guarda caso, proprio da ‘Il Giornale’ di Sallusti, che pomposamente ne riprendeva i sviluppava i contenuti. Ecco il pezzo, pubblicato il 31 agosto 2012 e titolato  L’ex console Usa mette nei guai Di Pietro

Un anno e mezzo lo stesso ‘Giornale’ era andato giù ancor più duro con il Pm, oggi diventato per incanto amico. E’ infatti del 16 gennaio 2010 il pezzo al vetriolo  Usa, 007 e Seychelles: il lato oscuro di Di Pietro

 

La famosa cena del 1992

Passiamo ad un’altra story che, ugualmente, non ha avuto la giusta eco che avrebbe meritato. Si tratta di una festosa cena prenatalizia in un ristorante milanese, avvenuta per la precisione, il 15 dicembre 1992, a meno di un anno dall’inizio del ‘fortunata’ stagione di Mani Pulite. Tra gli ospiti eccellenti, oltre all’Uomo Forte del Pool milanese, don Tonino, anche Bruno Contrada, vertice dei Servizi, e un paio di ‘agenti’, dei quali uno in arrivo dagli Usa. Per tutti i dettagli è fondamentale leggere il prezioso reportage firmato da un grande giornalista, Felice Cavallaro. Pubblicato il 2 febbraio 2010 dal ‘Corriere della Sera’, tutto da gustare proprio come una prelibata cena, si intitola  Di Pietro, Contrada e la cena del 1992

E chiudiamo il cerchio con un altro pezzo di quel caldo 2010, quando Di Pietro è appena caduto dal suo cavallo, quell’Italia dei Valori (immobiliari) su cui piombò lo tsunami di ‘Report’, che la fece inabissare, proprio come il panfilo dei vip britannici nelle acque palermitane, in pochi attimi.

Tanto per rimanere tra i media di destra, all’epoca anti Di Pietro e ora pro, eccoci proprio a ‘Libero’ con un imperdibile pezzo firmato da Filippo Facci e ripreso dallo storico sito animato da Roberto D’Agostino. Ecco quindi, messo in rete da ‘Dagospia’ il 17 gennaio 2010,  FACCI SOGNARE. Facci: ‘Il segreto di Antonio Di Pietro? I suoi rapporti con i servizi segreti

 

L’INSABBIAMENTO SULL’ALTA VELOCITA’

Il libro di Ferdinando Imposimato e Sandro Provvisionato

Passiamo ora ad un’altra vicenda su cui la Voce ha scritto, negli anni, decine e decine d’inchieste e un mese fa tornata alla ribalta con alcune significative novità: la strage di via D’Amelio e, soprattutto, il depistaggio, “il più grosso nella nostra storia giudiziaria”, come hanno messo nero su bianco le toghe di Caltanissetta.

Un mese fa, appunto, un improvviso colpo di scena, con l’interrogatorio (rinviato) dell’ex pm antimafia di Palermo Gioacchino Natoli. I pm nisseni, infatti, hanno finalmente deciso di puntare i riflettori su un ‘depistaggio nel depistaggio’, ossia l’insabbiamento del fascicolo d’inchiesta ‘Mafia-Appalti’ su cui stavano indagando, prima di essere ammazzati, sia Giovanni Falcone che Paolo Borsellino. E che solo adesso, con un più che colpevole ritardo, sta emergendo come vero movente per il tritolo di Capaci e, soprattutto, di via D’Amelio. Una pista che la Voce indica da sempre. Come del resto fa la famiglia Borsellino e, nelle sue denunce sia in tribunale che davanti alla ‘Commissione Antimafia’, l’avvocato (e marito di Lucia Borsellino) Fabio Trizzino.

E come hanno documentato con una mole di elementi & documenti, un quarto di secolo fa ormai, Ferdinando Imposimato e Sandro Provvisionato nel loro imperdibile ‘Corruzione ad Alta Velocità’, che tutti dovrebbero leggere OGGI per capire cosa è successo più di trent’anni fa. Perché il nucleo essenziale intorno al quale ruota il libro, uscito nel 1999, è proprio quella pista ‘Mafia-Appalti’ come vero movente per le due stragi.

 

Torniamo a bomba, è proprio il caso dire mai come ora.

Perché ne stiamo parlando in questa occasione, scrivendo un pezzo sul don Tonino nazionale?

Per il semplice motivo che proprio il nostro Eroe ha affossato, letteralmente insabbiato – prima di ‘gettare’ sul banco la toga – la maxi inchiesta sull’Alta Velocità, il famigerato TAV i cui mega appalti erano al centro del rapporto ‘Mafia-Appalti’ da 890 pagine preparato, su preciso input di Falcone, dal ROS dei carabinieri, e sul quale stava lavorando con tutte le sue energie Borsellino nelle sue ultime settimane di vita dopo la strage di via Capaci.

L’abbiamo raccontato tante volte e ne scritto hanno pagine e pagine Imposimato e Provvisionato nel loro libro-j’accuse; così come aveva dettagliato in una ‘storica’ (ma da tutti dimenticata) relazione di minoranza proprio alla ‘Commissione Antimafia’ lo stesso Imposimato.

In estrema sintesi.

Sul grande business dell’Alta Velocità da centinaia di miliardi di vecchie lire e sul quale si erano fiondati fin da subito (1990) i big della politica, le imprese ‘di riferimento’ e ovviamente i clan (di mafia, camorra e ‘ndrangheta), partirono due inchieste, una a Roma, sul versante politico-amministrativo, e l’altra a Milano, per quanto riguardava i profili imprenditoriali.

Alla Procura di Milano il fascicolo finì nelle mani del rampante Di Pietro. Il quale aveva un asso nella manica: quello che definì “l’Uomo a un passo da Dio”, ossia il faccendiere-banchiere italo elvetico Francesco (detto Chicchi) Pacini Battaglia. Ciò gli consenti di ‘scippare’ le indagini capitoline, avocando a sé tutta la maxi inchiesta.

Incredibile ma vero, un miliardario del calibro di ‘Chicchi’ per la sua difesa non si rivolse a un principe del foro meneghino, ma ad un ‘paglietta’ appena sbarcato a Milano e in arrivo dall’Irpinia, tale Giuseppe Lucibello. Nel cui pedigree non faceva capolino alcun patrocinio di un qualche rilievo, ma solo una solida ‘amicizia’: con don Tonino.

Raoul Gardini

E’ la chiave per capire il totalmente insolito ‘guanto di velluto’ usato dallo sbirro-pm (era un ex poliziotto, come tutti ricordano) nei confronti dell’Uomo a un passo da Dio ma che non passa neanche una notte in gattabuia. Perché ha ‘vuotato il sacco’, come facevano ritualmente tutti i suoi inquisiti? No, niente di tutto questo. Libero come un fringuello, ‘Chicchi’, pur senza dire una sola parola sul quel gigantesco affare, il TAV, che conosceva in tutte le sue pieghe. Proprio come la madre di tutte le tangenti, Enimont.

Tragica story, dall’esito del tutto opposto, per Raul Gardini, il cui nome è tornato alla ribalta proprio con l’inchiesta nissena che ha riaperto il caso dell’insabbiamento della pista ‘Mafia-Appalti’.

Il patron del gruppo Ferruzzi, all’epoca, era uno degli indagati eccellenti del Pool milanese. Affidato alle cure proprio del pm-ex poliziotto. Che in quel caso non fu certo tenero.

Quella mattina doveva essere interrogato proprio da lui, che aveva fatto sentire, in modo molto distinto, il rumore delle manette.

Ma Gardini non lo raggiunse in Procura: perché si sparò un colpo in testa.

E sorge spontaneo un altro interrogativo, sempre a proposito della incandescente pista ‘Mafia-Appalti’.

Un personaggio da non poco, un ‘pentito’ di peso fa capolino nella minuziosa ricostruzione di Imposimato e Provvisionato: il geometra Giuseppe Li Pera, allora alle dipendenze in Sicilia della friulana ‘Rizzani De Eccher’, una delle società finita nel mirino del ROS, con altre big delle costruzioni, e ben dentro le 890 pagine dell’esplosivo dossier.

Come mai, poco prima di lasciare la magistratura, Di Pietro pensò bene – pur senza averne alcun titolo – di interrogare nel carcere romano di Rebibbia Li Pera, l’Uomo che sapeva tutto sui maxi business degli appalti siculo-nazionali in cui era implicata la ‘Calcestruzzi spa’ del gruppo Gardini?

Un approfondimento, da parte dei pm di Caltanissetta, non farebbe certo male. Non è mai troppo tardi.

 

Vi proponiamo, a questo punto, la lettura degli ultimi pezzi messi in rete dalla Voce.

Per la precisione il 2 gennaio 2024,

30 ANNI E PASSA DA ‘MANI PULITE’ / DAVIGO E DI PIETRO: ATTENTI A QUEI DUE

E, del 13 febbraio 2022,

30 ANNI DA TANGENTOPOLI / ANTONIO DI PIETRO E GLI AMICI AMERIKANI

 

 

Per leggere articoli e inchieste pubblicati negli ultimi dieci anni dalla Voce sui personaggi citati nel pezzo, vi invitiamo ad andare, come al solito, alla casella CERCA che si trova in alto a destra della nostra home page. A quel punto basta digitare il nome e cognome per rileggerne a iosa: da ANTONIO DI PIETRO e FRANCESCO PACINI BATTAGLIA, da FERDINANDO IMPOSIMATO a SANDRO PROVVISIONATO, da GIOVANNI FALCONE a PAOLO BORSELLINO o FABIO TRIZZINO o GIUSEPPE LI PERA.


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