LISTE D’ATTESA & SANITA’ / LA VERGOGNOSA SCENEGGIATA DEL GOVERNO SFASCISTA

L’ennesima presa per il culo degli italiani, ‘scientificamente’ studiata e messa in campo da questo governo sfascista: il decreto legge sulle liste d’attesa, appena approvato dalla Camera e spacciato come il toccasana per i giganteschi mali che affliggono la nostra sanità pubblica, ridotta in stato comatoso.

Una presa per i fondelli tanto più grave perché, appunto, si gioca sulla pelle di tutti i cittadini. Già tartassati, massacrati dal caro prezzi, quelli più anziani uccisi con pensioni minime da fame (553 euro al mese che non bastano neanche per comprare un loculo a rate), i più giovani a caccia di un lavoro che non c’è e quindi costretti a fuggire all’estero in modo sempre più massiccio, un welfare ridotto a brandelli, una giustizia sempre più vilipesa e calpestata, una Costituzione ormai ridotta a carta straccia.

Vergogna.

Ma torniamo all’ultima delle vergogne, appunto, il decreto ‘liste d’attesa’.

Hanno gioco facile le opposizioni a denunciare (senza però in concreto alzare un dito, come al solito) un provvedimento che non serve a niente, non risolve nulla, non viene previsto un soldo per finanziarlo ed è quindi solo ‘fuffa’ propagandistica, fumo negli occhi.

Pierino Di Silverio

Sentiamo cosa dichiara, in un’intervista all’ADN Kronos, il segretario nazionale del sindacato dei medici ospedalieri ‘Anao-Assomed’, Pierino Di Silverio (mentre Cgil, Cisl e Uil, tanto per cambiare, dormono).

L’obiettivo che aveva questo decreto non verrà certo raggiunto, la montagna ha partorito un topolino. Era un decreto partito con delle intenzioni megagalattiche, è stato svuotato di contenuti economici, di contenuti innovativi. Per risolvere il problema delle liste d’attesa puntano solo sul lavoro straordinario dei medici e dei sanitari che oggi già lavorano più di 60 ore settimanali, al limite della legge europea sui riposi e con oltre il 67 per cento del personale in sindrome da burnout”.

Continua Di Silverio: “La nostra mobilitazione continua e mi auguro che si allarghi sempre di più perché la condizione del sistema sanitario italiano è ormai del tutto insostenibile. E l’autonomia differenziata metterà la pietra tombale su quello che vuol dire la professionalità nel sistema pubblico. Noi francamente siamo stanchi di non essere mai coinvolti né ascoltati, come è avvenuto anche con questo decreto. Il problema non può essere risolto senza investire fondi, e non ci sono soldi perché il MEF ha bocciato tutto ciò che era previsto sul fronte economico”.

Ancora: “E’ un decreto fatto in urgenza che non ha il minimo risvolto economico, che in parte riprende normative già esistenti e in gran parte punta sul lavoro straordinario di chi già oggi sta lavorando in modo eccessivo: normale che un decreto del genere non produca alcun effetto. Noi avevamo suggerito invece di mettere quei pochi soldi per promuovere il lavoro ordinario dei medici. E, ad esempio, di liberalizzare le reti formative dei medici perché noi abbiamo 50 mila specializzati, unico caso al mondo, che sono in questo momento parcheggiati e ingabbiati nell’ambito delle università e non hanno possibilità di formarsi negli ospedali. Sarebbero stati molto utili in questo momento. O no?”.

Sullo sfascio completo della nostra sanità pubblica, abbiamo ricevuto la mail di un lettore napoletano che racconta quanto gli è successo giorni fa.

Leggere per credere.

La settimana scorsa di notte non mi sono sentito bene, avevo il cuore che andava all’impazzata, soffro di tachicardia e forse col caldo ne ho risentito. Non ho quasi dormito, la mattina ho parlato con il mio cardiologo che era in ferie per qualche giorno e mi ha detto che la cosa migliore era andare al pronto soccorso dell’ospedale San Paolo di Fuorigrotta che è anche buono per la cardiologia. Alle 10 mia moglie mi ha accompagnato, c’era parecchia gente ma pensavo peggio visto il caldo, all’accettazione mi hanno chiesto cosa avevo, ho detto quello che era successo di notte, mi hanno chiesto che malattie ho, quali medicine prendo. Dopo un quarto d’ora sono entrato in una specie di separé del triage, mi hanno subito cacciato un tampone in gola e ho avuto dei conati di vomito perché non lo sopporto, e per questo me ne hanno messo un altro nel naso per il covid. Ce ne ho messo un pò per riprendere fiato e poi mi hanno fatto l’elettrocardiogramma, che i fili se ne cadevano perché ero sudatissimo e non so proprio come hanno fatto, ma con i fili ancora attaccati mi hanno anche misurato non so come la pressione”.

Poi sono entrato nel pronto soccorso dove c’erano parecchie persone. Dentro mi hanno fatto un prelievo e mi hanno lasciato dentro l’ago, dovevo tenerlo tutto il tempo fino a che non c’era l’esito nelle analisi mi hanno detto che ci volevano 2-3 ore almeno. Poi è entrato un ‘codice rosso’ che aveva avuto un infarto e quindi tutti noi che stavamo con l’ago ci hanno detto che ne passavano almeno 4 o 5 di ore perché adesso aveva la precedenza il codice rosso”.

Dentro, aspettando tutte quelle ore, ho parlato con un sacco di persone.  Me ne hanno raccontate di tutti i colori e io stesso ne ho viste di tutti i colori”.

Una ragazza mi dice: ‘Stamattina presto mi sono venuti dolori fortissimi da un momento all’altro, non finivano, peggio che quando ho partorito. Mio marito mi ha portato qui. Ma guardate quelli, è da mezz’ora che parlano fra di loro e se ne fregano se uno gli chiede qualcosa. Anche io ho domandato, mi hanno detto ‘aspettate’. Negli ospedali se ne fottono, è la verità, se non hai soldi e vai in clinica non fai niente. Comunque sono anche pagati una schifezza e per questo se ne fottono di noi’”.

Un anziano racconta: ‘mi hanno operato sei mesi fa ad Avellino per un tumore al rene, me ne hanno levato uno, ieri mi sono venuti i dolori, sto con l’infiammazione perché mi devono cambiare uno stento, aspetto che dicono gli analisi”.

Una madre cammina e poi si siede: ‘Sto’ agitata per mia figlia, non so cosa tiene, ha dolore alla pancia, sta là dietro alla tenda, fa gli strilli, mi dicono non ve ne incaricate ci stiamo noi, ma io non sto in pace, voglio sapere che tiene”.

Un ragazzo a due posti da me ha la mascherina e suda, tiene non più di 30 anni, alto, e anche lui l’ago infilato nel braccio che gli fa male, e anche a me. Dopo tre ore lo chiamano, e dicono a voce alta che sentono tutti ‘tenete la polmonite, avete capito?’, ‘allora per una settimana pigliatevi l’antibiotico forte che vi dice il vostro medico, avete capito?”.

Una signora molto educata chiede notizie del padre e le rispondono ‘non siamo l’ufficio informazioni, aspettate e calmatevi’ e lei tornando sconsolata dice ‘ci trattano come nemmeno un pacco’”.

“Nelle ore di attesa è un via vai di barelle e persone che vedi gli occhi pieni di paura, mi viene una morsa allo stomaco”.

A un certo punto uno aspetta il suo nome come i numeri all’estrazione del lotto. Sono le 3 e chiamano l’anziano con il problema al rene. Lui si avvicina allo sportello e si sente la voce ‘non mi dite niente, ma l’analisi non è andata bene, il sangue si è coagulato, non ci stanno i risultati. Quindi decidete subito: volete rifare il prelievo e aspettate altre tre orette o no? Ma una cosa, non vi mettete a dire qualcosa. Se no ve ne potete andare e parlate col vostro medico”. Il poveretto, senza parole, se ne va senza dire una parola”.

Alle 3 e mezzo arrivo io. ‘Non tenete niente, il tracciato è normale, gli esami pure, fate vedere la carta al cardiologo, ve ne potete andare’, e mi danno in mano un foglio dove ci sono i miei dati, e pure un paio sbagliati. Non mi hanno fatto nemmeno firmare, come dicono che è obbligo, e il foglio non è neppure firmato dal medico, come dicono pure che è obbligatorio. Sono talmente stanco che non ho la forza di dire niente. Che non mi danno il tracciato, che non mi danno gli esami e cosa faccio vedere al cardiologo, i miei dati di nascita e residenza?”.

Forse non è solo questione di ‘liste d’attesa’


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