TIM / LE NOSTRE RETI ALLA CIA. VIA SERVIZI…

Non c’è bisogno delle continue genuflessioni della nostra premier Giorgia Meloni davanti all’ormai sempre più rincoglionito Joe ‘Sleepy’ Biden – di queste ore la performance a Washington, in occasione del vertice NATO – per capirlo.

Ormai ci siamo totalmente e irrimediabilmente ‘consegnati’ in mani americane. Siamo diventati a tutti gli effetti una colonia Usa, come mai in precedenza.

E quindi pronti ad obbedire a tutti i diktat provenienti dalla Casa Bianca: come il più fresco, circa le sempre più ingenti forniture militari a Kiev per la guerra che – promette con tutto il fiato che gli resta Sleepy Joe, scodinzola ‘Giorgia’ – finirà solo con la vittoria dell’Ucraina guidata dal sempre più invasato Volodymyr Zelensky.

In apertura Giorgia Meloni al vertice Nato con Joe Biden, Volodymyr Zelensky e Stoltenberg

Ma veniamo alle cose di casa nostra.

E al nostro totale vassallaggio al padrone a stelle e strisce.

Certificato da due notizie passate praticamente ‘inosservate’.

Come al solito ‘censurate’ dai media di regime, ormai totalmente cloroformizzati e in grado di produrre solo valanghe di fake news. Che in futuro, statene certi, saranno ancor più ‘eterodirette’ dai nostri ‘padroni’ di Washington.

Eccone la dimostrazione, che più chiara e ‘plastica’ non si può.

Giorni fa abbiamo dato notizia del clamoroso passaggio (altrettanto silenziato dai media di casa nostra) delle reti TIM, ossia della ‘polpa’ nel campo delle telecomunicazioni, sotto l’ombrello di un Fondo statunitense, KKR.

Ecco il servizio messo in rete il 2 luglio scorso,

TIM / A “FONDO”, PIU’ CHE DIMEZZATI I DIPENDENTI. E TUTTO TACE

Era solo un piccolo antipasto.

Perché la ‘polpa’ – è proprio il caso di dire – solo adesso comincia a saltar fuori.

Ecco, in rapida sintesi, la ‘succulenta’ sostanza, i fatti salienti. Che sono due.

Partiamo dal primo. Abbiamo raccontato del ‘Fondo’ KKR che ha fatto un primo ‘boccone’ della nostra TIM, di cui entro un paio d’anni diventerà proprietario al 100 per cento, per volere del nostro Ministero dell’Economia, l’ineffabile MEF.

David Petraeus

Ma guardando bene fra carte & documenti, spunta fuori un think tank da novanta, ossia il ‘KKR Global Institute’.

E sapete chi lo guida, chi ne ha il ferreo comando?

Un super generale a stelle e strisce e poi addirittura al vertice della CIA. Stiamo parlando di David H. Petraeus, un quindicennio fa, per la precisione nel 2007, al comando dell’esercito d’occupazione Usa in Iraq.

Una carriera tutta missili & stellette, la sua. Nel 2008 è al vertice dell’‘United States Central Command’, con responsabilità strategica in tutto il bollente Medio Oriente, focus in particolare su Iraq e Afghanistan.

Nel 2011 il capo della Casa Bianca, Barack Obama, lo vuole come numero uno alla CIA. Vi resta solo poco più di un anno, travolto da un solito (negli Usa) scandalo a luci rosse.

No problem.

A cominciare dagli encomi presidenziali: “Durante tutta la sua vita al servizio del paese (37 anni di carriera, ndr) ha reso l’America più sicura e più forte”.

Per approdare, poi, alla inarrestabile ascesa come businessman, soprattutto nel campo delle ‘informazioni sensibili’, in quella che da un po’ si chiama ‘cybersecurity’.

E ‘siamo a noi’: ossia al freschissimo ‘colpo’ TIM.

L’operazione, in perfetto stile ‘militare’, va però completata.

Ed eccoci al secondo ‘atto’. Per certi versi ancor più sofisticato del primo. Ed entrambi – messi insieme, come un perfetto ‘pacchetto regalo’ – ci mettono nelle mani degli Usa.

State a vedere come: una regia degna della migliore spy story.

Nel secondo tempo dello spy movie, appunto, entra in scena – dopo il MEF – la nostra ‘Cassa Depositi e Prestiti’, la piccola IRI che sulla carta dovrebbe supportare le più innovative iniziative imprenditoriali: ma che invece fa ben altro.

Come il finanziamento da quasi 1 milione di euro recapitato nelle casse di una misteriosa sigla, ‘Globalintech’, la quale ha vinto (sic) una gara d’appalto per la fornitura di “servizi di installazione per la cybersecurity”.

Poco importa l’importo: perché quel che conta è entrare nel ‘Palazzo’, dentro i ‘segreti’ delle nostre imprese, tra le maglie della cybersecurity.

Sempre più strategica, come dimostra la fresca campagna ministeriale – per tutte le reti tivvù – su questo tema: alla faccia, quando ci stiamo consegnando, chiavi in mano, agli Usa!

Ma le sorprese devono ancora arrivare. Perché la magic box griffata Globalintech al suo interno contiene tre nomi: due da novanta, mentre il terzo è un signor nessuno

Scopriamo le carte.

Robert Gorelick

Il primo nome è quello di un altro pezzo grosso – guarda caso – della CIA.

Si tratta di Robert Gorelick.

A molti non dirà niente: e invece si tratta di un big dei servizi a stelle e strisce: fu capo centro CIA, infatti, ai tempi dello scandalo del rapimento dell’iman Abu Omar di cui la ‘Voce’ ha scritto tante volte. E che vide, a inizio anni 2000, la stessa ‘Voce’ spiata dai Servizi segreti all’epoca guidati da Niccolò Pollari.

Per farsi un’idea della super spy story di allora, ecco un paio di nostri pezzi: dell’8 giugno 2022

SERVIZI SEGRETI / IN VENT’ANNI IL COPIONE “DEVIATO” NON CAMBIA MAI. DA BERLUSCONI A DRAGHI

E, del 4 dicembre 2018,

D.I.S. / ARIECCO LA SUPER SPIA MARCO MANCINI, DA ABU OMAR AI DOSSIER TELECOM 

Il nome del secondo socio nella compagine azionaria di ‘Globalintech’ vi farà ulteriormente drizzare le antenne.

Alberto Manenti

Perché si tratta di Alberto Manenti, che ha ricoperto la strategica carica di direttore dell’’Agenzia Informazioni e Sicurezza Esterna’ (AISE) dal 2014 al 2014, fortemente voluto dall’allora premier Matteo Renzi e poi prorogato da Paolo Gentiloni.

Il terzo nome è quello di Francesco Brancato. 55 anni, abita in provincia di Reggio Calabria, a Palmi, dove è titolare di una tabaccheria. Ma a Milano indossa il doppiopetto e, a bordo della sua agile ‘Recon srl’, siede nel salotto di ‘Eremus’: ossia la sigla che vede i tre nocchieri, con il 33 per cento delle quote a testa, nell’ospitale pancia di ‘Globalintech’.

Capito?

Sorge spontanee alcune domandine: cosa ci stanno a fare insieme due grossi 007, uno italiano e uno statunitense, con un tabaccaio calabrese?

E tutti, appassionatamente, all’assalto delle informazioni sensibili del Belpaese?

Non se lo chiede la nostra ‘Giorgia’?

Non se lo chiedono le ‘virtuali’ opposizioni?

Non se lo chiedono grandi tivvù e giornaloni?

Non se lo chiede la magistratura?

Staremo a vedere.

Intanto ‘Giorgia’ si gode Washington…


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