IN 35 RIGHE – Immunità e il ‘covid’ non c’entra

Auguri. L’auspicio tende a scongiurare l’eventualità di accedere a un’aula di tribunale da imputati. Di fronte a voi vedreste l’area dove giudice e giurati amministrano la giustizia. Su di loro il fermo proposito di un presupposto rassicurante: “La legge è uguale per tutti”. Ci è chiaro, l’affermazione si esaurisce in necessaria sintesi. Il contenuto messaggio meriterebbe un ampio svolgimento del tema, ma perderebbe il dono dell’immediatezza e nessuno osa completarlo, sicché incorre consapevolmente nel reato di omissione. Cosa manca all’ammonimento? Non è completo, dovrebbe perfezionarsi con un onesto e credibile, “salvo eccezioni”. Non è una chiacchiera rituale da sdraio al sole estivo, lo raccontano con ampiezza di esempi la dura realtà delle autonomie differenziate, delle caste che godono di privilegi riservati al potere economico-politico, colpevoli di gravi reati impuniti e gli affamati da povertà, che rubano una mela al supermercato e finiscono in carcere. Sconcerta e indigna un estremo della denuncia e svilisce la ‘grande bellezza’ dell’America: negli Stati, che non hanno cancellato la barbarie della pena di morte, a finire fulminati o con un’iniezione letale sono quasi sempre condannati in povertà e con la pelle nera. I bianchi e ricchi se la cavano grazie a collegi di difensori eccellenti, lautamente ricompensati: non sono giudizi avulsi dal contingente, nascono dall’enfasi mediatica per il caso sconvolgente della Corte Suprema degli Stati Uniti (la maggioranza dei magistrati l’ha voluta Trump!), che alla vigilia del voto per l’elezione del Presidente, con un colpo di spugna, con in colpo di mano, salva il tycoon dal carcere, e i reati di ogni genere commessi, tutelandolo con l’immunità. L’ ‘assoluzione’ è più di uno scandalo e succede nel Paese che l’interessata ipocrisia dell’Occidente continua a citare come modello mondiale di democrazia. Meglio noi? Assolutamente ‘no’. In Italia se un cosiddetto onorevole, un ministro, un sottosegretario, commettono un reato, la Magistratura per istruire i processi resta in attesa dell’autorizzazione a procedere del Parlamento, cioè dei colleghi giudicanti. Nell’aula, dove si riuniscono, non c’è traccia del monito “la legge è uguale per tutti”.


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