NAPOLI, SPLENDIDA E DEPREDATA

Napoli è forse la città più bella ma anche la più diffamata al mondo. Non riesce a liberarsi di un pregiudizio negativo e di numerosi luoghi comuni. Per molti, che non l’hanno ancora visitata, è un luogo che fa paura proprio come la città descritta in Gomorra. Lo stigma negativo si espande in tutti i campi, dal giudizio sulla qualità della vita allo sport. Pochi ricordano che invece oggi Napoli ha il PIL più alto del meridione, superiore alla media nazionale. Nemmeno l’enorme successo turistico degli ultimi anni che ha registrato milioni di presenze di viaggiatori entusiasti ed estasiate dalle sue mete archeologiche, storiche e panoramiche riesce a modificare i pregiudizi e le false credenze di cui continua ad essere oggetto. Ma Napoli non è Gomorra. Ciò che più sorprende è constatare che alcune violente quanto sterili aggressioni vengono portate da parte di altre città meridionali, magari collocate anche più a sud della Napoli. Evidentemente, si tratta di cittadini frustrati da critiche leghiste che trovano un loro riscatto nel ripetere gli osceni slogan razzisti e cori aggressivi da stadio, come quelli che puntualmente invitano il Vesuvio a sommergere di lava un popolo indomito.

Perché? Forse una malcelata causa va ricercata in un sentimento di invidia, o in un desiderio inconscio di emulare i successi della capitale, o ancora una causa va ricercata in una frustrazione o, peggio, in una ricerca di facile riscatto che riesca a far realizzare il sogno di diventare vincenti ricollocandosi in altri luoghi? Cosa che non potrà mai avvenire continuando a negare la storia e la bellezza della loro antica capitale.

Si sa, i napoletani non sono mai stati dei dominatori di altri popoli. Non potrebbero nemmeno esserlo per loro caratteristiche psico-antropologiche. Però non sono mai stati nemmeno un popolo di pavidi, come ha dimostrato l’eroico riscatto dai nazisti con le quattro giornate o prima ancora lo splendore di un regno che era tra i più ricchi, moderni e innovativi fino all’unificazione del paese.

I napoletani sono stati solo apparentemente dominati, ma hanno sempre saputo fare proprie le migliori qualità dei suoi dominatori. Il popolo di Napoli, grazie al suo carattere aperto, accomodante, tollerante e ospitale verso ogni etnia e razza ha saputo utilizzare la forza della contaminazione genica, che ha tramutato un popolo asservito in uno creativo e geniale, capace di riassumere in sé le migliori qualità di tutti i popoli che l’hanno attraversato.

Un esempio? Primo tra tutti il suo idioma, diventato una vera e propria linga perché grazie a quanto ricavato dai greci ai latini, dai saraceni agli arabi, dagli asburgici agli svevi ai normanni, dai francesi agli spagnoli e più recentemente, nell’ultimo dopoguerra, dai salvatori americani, che oltre a lasciare meticci in ogni quartiere hanno anche per questo incrementato sia i talenti musicali che artistici.

Insomma, parliamo di una città bellissima e imprevedibile riuscita a vivere alle falde di un vulcano pericoloso che minacciava costantemente di distruggerla, forse grazie al suo salvifico fatalismo.

È proprio, come scrivono i poeti, simile a una bella donna che ognuno brama, sfrutta, talvolta invidia, ma che non può essere terra di conquista. Così è stato sempre … e così è ancora oggi.

Parliamo di una metropoli antichissima, ricca di storia, cultura, bellezze naturali, di un luogo che gode di un clima mite e piacevole. Parliamo di un popolo che nel bene e nel male non ha eguali al mondo per originalità per modo di essere e con uno stile di vita inconfondibile e non paragonabile ad altri, non perché fosse il migliore, ma solo perché è ancora unico al mondo.

In qualche libro di psicologia si parla di “effetto Napoli”, indicare la inusuale capacità di parlare contemporaneamente ad un gruppo di persone dando la sensazione di rivolgersi ad ognuno di loro. Ma Napoli è anche vittima di un costante tentativo di mettere in luce solo la sua pretesa pericolosità, per l’invadenza della sua criminalità e per lo stigma che deriva da una narrazione filmica brutale e violenta, che non dice della sua generosità e capacità di accoglienza, dimostrata integrando migranti e fragili in una sua rete di relazioni sociali.

Forte è qui il contrasto tra i suoi lati belli e quelli più oscuri, questi ultimi da sempre oggetto di critiche feroci da parte della cosiddetta “intellighentia”. Da Goethe a Bocca, tanti intellettuali e artisti si sono occupati di descriverla, narrarla, a volte di tentare di svelarne i segreti e altrettante volte, come ha fatto Giorgio Bocca, rappresentante di un’Italia livorosa e alquanto razzista, di screditarla narrandone gli aspetti più negativi. Ma Napoli andrebbe raccontata a 360 gradi perché, come cantava in modo magistrale Pino Daniele uno dei suoi figli migliori “Napul’è mille culure, Napul’è mille paure”.

Infine, il suo idioma. Oltre al suo sconfinato patrimonio artistico, paesaggistico e culturale, i napoletani parlano una vera e propria lingua. Foneticamente perfetta e armoniosa che è la sintesi di tutta la genialità e capacità di fondere cultura, storia, arte e modernità, considerando gli infiniti termini coniati spontaneamente dai napoletani ed entrati, spesso storpiati, nel gergo nazionale.

Qualche esempio? La parola “inciucio” che con un’unica parola vuole significare tante cose assieme, a cominciare dalla metaforica allusione all’atto sessuale più intimo fino ad alludere a azioni o persone che, untuosamente e a volte ingannevolmente, si intersecano insomma “nu nciucio”.

Altra parola abbastanza recente – di cui i romani si attribuiscono impropriamente il copyright – è “sóla”,termine coniato negli anni ‘70 dai primi fumatori di hascisc all’ombra del Vesuvio. Questa parola è stata inventata dai ragazzi alle prime armi con canne e spinelli, che si rifornivano da pusher di hascish correndo il rischio di essere bidonati, quando anziché ricevere l’agognata stecchetta marrone scuro ricevevano qualcosa di molto simile, che somigliando ad una suola di cuoio di scarpe con quella rassegnata ironia tipicamente napoletana, questi una volta accortosi del buggeramento definirono quella truffa come una “sola ‘e scarp” incautamente acquistata a caro prezzo. I romani poi ricicleranno il termine “sóla”, attribuendole il significato di qualsiasi cosa somigli a una truffa.

Infine, un’ultima parola napoletana oggi di gran moda, persino in politica, è “cazzimma”, che si riferisce a chi agisce motivato da egoismo e da bieco odio allo scopo di perseguire un proprio interesse.

Non è forse cazzimma quella esercitata da coloro che approvano in Parlamento una legge ingiusta mistificandone il senso reale? Proprio come è accaduto approvando per pochi voti la cosiddetta “autonomia differenziata” … senza riuscire prima ad approvare i LEP, cioè la lista delle prestazioni essenziali da garantire a tutti i cittadini.

 


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