Il libro inchiesta di Lilli Gruber sul complesso e ovviamente delicato tema della pornografia spaventa e forse per questo lo legittima. Certifica le gravi conseguenze psicofisiche che minacciano presente e futuro dei giovanissimi, i danni dell’accesso incontrollato a siti porno, del sesso estremo, in pericoloso contrasto con la sana normalità dell’eros componente della naturale contiguità con il sentimento dell’amore. Resiste colpevolmente il rifiuto dell’istituzione scolastica a integrare il palinsesto dei programmi con corsi di educazione sessuale, emuli del mitico maestro Manzi, del suo “Non è mai troppo tardi?” che sanò in gran parte il vulnus dell’analfabetismo. Idea guida per La7 in evidente espansione? Non è l’unico forfeit di del sistema televisivo affollato di format trash imposti dall’invadente moloc della pubblicità. Da sempre i media non hanno onorato a fondo il ruolo di ‘servizio’ della televisione, a favore della sua eterogenea utenza che include livelli di fruizione agli antipodi, dalle eccellenze al loro contrario. L’economia, tema inclusivo di interessi globali, è un altro capitolo buio dell’informazione. Spara dati racchiusi in misteriose sigle, confronta parità, equilibri e squilibri monetari, indici delle ‘Borse’ italiane e mondiali, ma non dice con e perché quei dati condizionino la vita di ricchi e poveri. Fa eccezione la rubrica quotidiana esplicativa di Sky (Mariangela Pira). Il deficit più recente di comprensione di argomenti inediti colpisce la prospettiva avveniristica delle società rivoluzionate dall’
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