MASSACRO DI PONTICELLI / UNA STORIA VERA

 

– DI GIULIANA COVELLA – 

 

Nel luglio 1983 avevo circa 11 anni. Come spesso ho raccontato, nel corso di questi anni, nella mente di un bambino certe immagini, racconti, storie restano impresse fino all’età adulta. È il caso del cosiddetto massacro di Ponticelli, che in quell’estate di 41 anni fa sconvolse le vite non solo dei diretti protagonisti. Era sabato 2 luglio, quando nel Rione Incis a Ponticelli, quartiere della periferia orientale di Napoli, scomparvero Nunzia Munizzi e Barbara Sellini, due bambine di 10 e 7 anni. Le piccole erano state viste per l’ultima volta tra intorno alle 19.30, mentre si allontanavano da casa in direzione via Madonnelle, all’altezza della pizzeria La Siesta. Fu lì che qualcuno, stando alle diverse testimonianze di alcuni coetanei, le vide salire a bordo di una Fiat 500 di colore blu scuro, con un dettaglio: un fanalino rotto. Un particolare non da poco, che in una prima fase delle indagini sarebbe servito agli inquirenti per risalire ai responsabili del duplice delitto. Il giorno dopo, domenica 3 luglio, i cadaveri delle due bimbe furono ritrovati in un canalone, l’Alveo Pollena, vecchio torrente in secca dove oggi c’è una sopraelevata. Terribile ciò che venne alla luce, dopo una dettagliata perizia medico-legale di un luminare del settore, Alfonso Zarone: le minori erano state seviziate, pugnalate a morte e bruciate. E soprattutto erano state uccise da “una sola mano sadica”, per citare l’esperto.

Ferdinando Imposimato

Ma chi era stato a commettere un atto tanto ignobile? A settembre furono individuati come colpevoli tre giovani incensurati, che hanno sempre dichiarato la loro innocenza. Fino ad oggi. Oggi che non c’è più la persona che più di chiunque altro non ha mai creduto alla loro colpevolezza: Ferdinando Imposimato. L’ex magistrato antimafia, protagonista di tante battaglie per la legalità e la giustizia, non si è mai stancato di sostenere le ragioni dei tre ex ragazzi, oggi uomini di 60 anni. Una storia alla quale si era avvicinato grazie a una lettera che gli scrisse Enzo Tortora, vittima di uno dei più clamorosi errori giudiziari del nostro Paese, invitandolo a dimostrare l’innocenza dei tre e a farli scagionare. E lo ha fatto fino a quel 31 maggio del 2013 Imposimato, quando nell’aula della Corte di Appello di Roma i giudici bocciarono l’istanza di revisione per la riapertura del processo. A quella revisione il compianto ex giudice aveva deciso di allegare il primo libro che la sottoscritta pubblicò nell’aprile 2012 con Guida sul caso di Ponticelli (https://it.wikipedia.org/wiki/Massacro_di_Ponticelli). Libro a cui nel giugno 2023 è seguito un secondo, edito sempre da Guida. Non una semplice ristampa, ma un aggiornamento su quanto accaduto in tutti questi anni.

 

I TRASCORSI

Non mi conosceva fino ad allora Ferdinando Imposimato, ma quando ebbi la fortuna d’incontrarlo nel giugno 2012 all’Hotel Laurus a Firenze, per presentare il mio libro e la revisione che aveva preparato con il suo collega Eraldo Stefani, entrammo subito in sintonia. Tanto che qualche anno dopo accettò di rilasciarmi un’intervista nel volume che dedicai alla strage del Rapido 904. A luglio cadrà il quarantunesimo anniversario di quella tragedia che sconvolse Napoli e l’Italia. E sarà giusto ricordare Nunzia e Barbara come meritano. Ma soprattutto sarà giusto ricordare, sempre, Imposimato che ha sostenuto con i fatti e senza secondi fini, chi la battaglia l’ha condotta sul campo per dimostrare l’innocenza di tre persone. Ricordo perfettamente quei giorni di undici anni fa (maggio 2013), quando mi recavo alle udienze in Corte d’Appello a Roma fiduciosa come tutti nella riapertura del processo, raccontandolo sulle pagine de “Il Mattino”. Così non fu. Vidi lacrime, rabbia, delusione. Ma da allora non ho mai smesso di crederci. Di credere all’innocenza di Ciro Imperante, Giuseppe La Rocca e Luigi Schiavo. Di credere nella magistratura. Di credere nella giustizia. Di credere che due bimbe possano riposare in pace come meritano.

 

Ciro Imperante, Giuseppe La Rocca e Luigi Schiavo, oggi

 

OGGI

La mia prima “tappa” per occuparmi del delitto di Ponticelli, fu nel dicembre 2010, quando andai a Roma per recuperare gli atti processuali nello studio degli ex legali dei tre ragazzi. Poi iniziai quel viaggio. Fatto di ostacoli, misteri, incongruenze, inesattezze. Ma anche di tanta sete di verità. Sulla scia dell’entusiasmo mi recai a Spoleto nel maggio 2011 per incontrare i “mostri”: da subito mi accorsi che erano tutt’altro. Ed è per questo che ancora oggi, dopo 14 anni, sostengo col mio lavoro la loro battaglia.

All’incirca un anno e mezzo fa la commissione parlamentare antimafia ha elaborato un dossier per dimostrare l’innocenza di Imperante, La Rocca e Schiavo. Diverse trasmissioni televisive, tra cui “Le Iene”, hanno dedicato ampio spazio al caso a partire dal marzo 2023. Frattanto nel 2020, in piena pandemia, assieme a Emanuele Cava abbiamo dato vita a un progetto: una docuserie prodotta da Groenlandia e andata in onda su Sky Original nell’aprile 2023.

Infine nel giugno 2023 ho pubblicato, come dicevo, il mio secondo libro sul caso. Ad agosto di un anno fa c’è stato inoltre l’intervento della Procura di Napoli, che ha aperto un fascicolo sulla vicenda. In attesa della revisione, che se mai fosse presentata e successivamente accettata, sarebbe la quarta. Finora l’attenzione mediatica è stata alta: prima con la partecipazione di Roberto Saviano alla conferenza stampa dello scorso gennaio alla Camera dei deputati. Poi, il primo giugno di quest’anno, con la puntata di “Indagini”, il podcast di Stefano Nazzi prodotto da “Il Post”, interamente dedicata al massacro di Ponticelli. Come ho detto più volte, spero di aver tracciato un piccolo pezzo di strada nella ricerca della verità. Augurandomi che, in un futuro non molto lontano, Nunzia e Barbara possano avere finalmente giustizia. Come Ciro, Giuseppe e Luigi.

 

GIULIANA COVELLA


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