IN ATTESA DI ARRESTO

Fugato ogni dubbio, ovvero, annullato ogni sospetto di antisemitismo, ha ragione di essere l’accusa alla Corte Penale internazionale di un grave, imperdonabile ritardo della richiesta di emettere mandati di arresto per Netanjau e di Yoav Gallant, suo ministro della Difesa estremista di destra, per crimini di guerra e crimini contro l’umanità nella Striscia di Gaza, a partire dall’8 ottobre 2023. Se accolta, il leader dello Stato ebraico di entrerebbe  nell’elenco in cui compaiono molte figure controverse, da Gheddafi, a Bashir, a Putin. La condanna non risparmia Sinwar, numero uno di Hamas (acronimo di Harakat al-Muqawama al-Islamiya, movimento di resistenza islamica fondato da Ahmed Yassin, religioso palestinese, attivista dei Fratelli Musulmani). Per indurre la Corte a condannare il tragico raid palestinese e la feroce vendetta israeliana non sono bastati la strage di 1.400 morti e di oltre cento ostaggi ebrei, ma neppure il massacro di Gaza (35mila vittime, migliaia i bambini, un territorio ridotto a cumuli di macerie, ospedali rasi al suolo). A distanza di otto mesi dall’ ottobre del 2023, la Corte ha deliberato sotto la spinta della contestazione mondiale del genocidio di palestinesi, degli stessi israeliani. Sulle conseguenze operative dei mandati grava l’incognita dell’accoglimento e dell’esecuzione. Destinatario di un analogo provvedimento è Putin, che è restato saldamente al comando della Russia ed è libero di viaggiare, di partecipare a summit mondiali. Scontata la reazione di Netanjau, pluri indagato  della destra israeliana, ‘rimproverato’ dagli Usa per la barbarie compiuta e in corso a Gaza, ma contemporaneamente rifornito di armi e ‘consolato’ da Biden che disapprova la decisione della Corte Penale (“Decisione vergognosa). Dichiara Netanyau: “Il ‘disgustoso’ paragone del  procuratore della Corte Penale Internazionale tra Israele e Hamas è un esempio di nuovo antisemitismo, ” che va dai campus universitari all’Aja e rigetta come ‘assurda e falsa’ la richiesta di mandato di arresto contro di lui, e il ministro della Difesa Yoav Gallant, insieme a tre leader di Hamas, avanzata oggi dal capo procuratore Karim Khan” . Poi si conferma fanatico millantatore: “Come osa paragonare i mostri di Hamas ai soldati dell’Idf, l’esercito più morale del mondo (sic, morale?). Con quale spudoratezza confronta Hamas che assassina, brucia, macella, violenta e rapisce i nostri fratelli e sorelle e i soldati dell’Idf che combattono una guerra giusta che non ha paralleli, con una moralità che non ha pari (dice proprio così “, moralità!”). Il tentativo della Corte di legarci le mani fallirà, nessun foro internazionale ci impedirà di colpire quelli che vogliono la nostra distruzione fino alla vittoria totale su Hamas”. Ecco, come si si può contraddire spudoratamente. Anche in questa circostanza, Netanyau non fa nulla per nascondere l’intenzione di cancellare la Palestina e il suo popolo.  Il procuratore della Corte: “Non è una caccia alle streghe” e rigetta le accuse, avanzate da Israele di antisemitismo, di odio, “l’idea che applichiamo la legge alla cieca, che favoriamo una parte, mentre siamo ostili all’altra, non potrebbe essere più lontano dal vero”. Blinken (pensando alla rilevante importanza della comunità ebraica americana e al rassicurante presidio politico-militare di Tel Aviv in Medio Oriente): “Saremo sempre al fianco di Israele contro le minacce alla sua sicurezza. Sono a rischio tutti gli sforzi per il cessate il fuoco”. Errore, ad ostacolare la pace è proprio Netanyau e liberarsene rappresenterebbe l’attesa svolta per la fine del conflitto.


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