Napoli la vede così

L’Abruzzo, Marsilio, D’Amico, Meloni, Schlein, eccetera.  Claudio Pennino – eccelso ‘Treccani’ della lingua partenopea, accademico ad honorem della Crusca, distretto napoletano, fonte, sorgente, fiume in piena, sconfinato lago, mare nostrum, nel senso digolfo su cui a destra s’affaccia la maestosità del Vesuvio e a sinistra il morbido profilo di Capri – incanta con la qualità espressiva di parole, detti, proverbi che sembrano coniati per commentare il ‘caso’ Abruzzo. “Adda passà a nuttata”.  Claudio Pennino lo suggerisce amichevolmente alla leader dem, che a dispetto della sconfitta sorride, eternamente felice per essere la prima donna alla guida del sinistra-centro-sinistra post Berlinguer. In ironica sequenza, dal “Parliamone accussì di Pennino: “Abbelùto” (avvilito), sintetizza efficacemente il ‘mea culpa di D’Amico; “Piglià nu zarro” (abbaglio), indice puntato sui teorici del  “tutti insieme appassionatamente”. Riservato a Conte il verbo “Azzellì” (accapponarsi della pelle); “Cacaglio, farragliuso, mezzalengua (balbuziente) si addice ai coalizzati che hanno concentrato il debole fuoco anti Marsilio sul suo va e vieni da Roma; “Cagnà” (cambiare, così non va) monito per il campo largo, mix  simile a un gelato misto di cioccolato e limone, massimo esempio di incompatibilità; “Sbarià” (delirare), espressione per il contraddittorio Calenda, il suo “ni”, “proviamoci” e il suo “no” del dopo voto; “O sbarione (errore strategico) dei 5Stelle, poco presenti tra la gente; “Loffio” (debole) definisce il progetto alternativo alle promesse al vento della destra; “Ammuina” (gazzarra), ovvero il sovrapporsi di idee non coincidenti  dei campolarghisti; “Subbeto, mò mmò” (immediatamente) la ricerca di formule alternative al variegato cocktail sardo-abruzzese; “A lavà ‘a capa ò ciuccio se perde ll’acqua e ‘o sapone” (lavare la testa dell’asino è impresa vana), consiglio a chi include nel campo largo ‘alieni’ come Calenda e Renzi; “Stuorto o muorto” (bene o male): non c’è alternativa al campo largo continua a sostenere  la coalizione di sinistra-cento; “Ammusciamiento, sfastirio” (noia) è quel che pensa chi non va a votare; “Pennulià, truculià” (il temporeggiare su più fronti  di Conte-Renzi)’; “Cazziata” (partaccia) collettiva per gli aquilani,  fan di Marsilio  del capoluogo che si son fidati delle sue promesse al vento”; “Quatto, quatto (zitto, zitto): Conte non fa il mea culpa per la debacle dei 5Stelle; “Trova cchiù ampressa ’a femmena ‘a scusa ca ’o sorece ‘o pertuso” (ratto, zoccola). Gli confitti trovano presto (ampressa) l’alibi per la sconfitta; “Signore nun pava ’o sabbato” (Dio non paga il sabato e in Abruzzo neppure la domenica (del voto); “Pe mare nun ce so taverne (in mare non ci sono taverne dove rifugiarsi se s’intraprendono imprese pericolose, come il tentativo di ribaltone in Abruzzo); “Urdemo (ultimo), ncanna ncanna. Ovvero, campo largo improvvisato; “Levà accasione” (stendere un velo pietoso), forse è quello che pensa la Schlein delusa per la sconfitta in Abruzzo. Insomma, ‘Napule mille culure’ (Pino Daniele).


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