GIALLO MORO / IL GENERALE JUCCI RITROVA (E MALE) LA MEMORIA DOPO 46 ANNI

L’intervista ‘scoop’ (sic) al generale Roberto Jucci sul giallo del rapimento e dell’assassinio di Aldo Moro appena pubblicata da ‘la Repubblica’ arriva tardi e male sul tragico giallo di 46 anni fa.

Proprio come ha fatto ‘Report’ con un servizio, altrettanto a ‘scoop’ ritardato di un mese e mezzo fa.

Come mai un ‘risveglio’ così tardivo e – da parte dei media – praticamente contemporaneo?

Del resto, altri recenti ‘risvegli della memoria’ dovrebbero sollevare qualche domanda: come la ‘verità’ sulla tragedia di Ustica, rammentata pochi mesi fa, per la precisione a settembre 2023, dopo 43 anni da Giuliano Amato (e documentata dalla Voce oltre 30 anni fa).

Oppure la vera storia di ‘Mani Pulite’, eterodiretta dalla CIA, di cui solo ora racconta alcuni fatti l’ex Psi Rino Formica in un’intervista ad Aldo Cazzullo per il ‘Corriere della sera’: e di cui la Voce scrive da anni…

 

UNA RAFFICA DI INTERROGATIVI INQUIETANTI

Ma torniamo al generale fino a ieri smemorato e che per incanto ritrova – a 98 anni suonati – il filo di quei ricordi sepolti. Un caso ‘clinico’, per i neurologi, quella memoria ritrovata….

E per questo partiamo con una sfilza di domande delle cento pistole, come un tempo le avrebbe definite l’indimenticabile inviato Rai Sandro Paternostro, protagonista ad inizio anni ’90 di un programma, ‘Diritto di replica’, cento volte meglio degli odierni talk & pseudo-interviste, nel quale si fece le ossa un certo Fabio Fazio, allora ottimo reporter, poi sprofondato nelle ‘burionate’ griffate ‘Che tempo che fa’.

Partiamo con la ‘raffica’ di interrogativi, termine appropriato per un ex super vertice militare.

Perché si sveglia, ora, dopo 46 anni di silenzio?

Come mai non ha rivelato a nessuno, a cominciare dalla magistratura, quel che oggi afferma?

Perché, se sapeva, ha ‘coperto’?

Il generale Roberto Jucci (che vediamo anche nel fotomontaggio in alto), con Francesco Cossiga

E perché, anche oggi, nelle sue rivelazioni (sic) non ha il coraggio di fare alcuni nomi e cognomi ben precisi?

Perché, ad esempio, parla di un non meglio identificato ‘uomo dei servizi americani’ e non del ben noto Steve Pieczenick?

Perché sul versante del Kgb fa solo il nome di Giorgio Conforto e non quello di Sergej Sokolov?

Come mai in un passaggio della ‘storica’ intervista e rimembranza del passato che fu

mette la mano sul fuoco per assolvere da ogni responsabilità l’allora ministro degli Interni e a capo del Comitato per la liberazione di Moro, ossia Francesco Cossiga?

Ancora. Perché parla del brigatista-telefonista Valerio Morucci (fu sua la comunicazione che il cadavere di Moro via trovava nel bagagliaio della Renault rossa in via Caetani) come se niente fosse, quando è poi emerso che si trattava di un uomo molto vicino ai Servizi segreti, quindi di un infiltrato nelle Brigate rosse?

Soprattutto questa ultima circostanza dà molto da pensare. Così come proprio sulla capacità di quei Servizi di ‘entrare’ tra le fila degli avversari, seguendo il ‘metodo Cossiga’ per filo e per segno.

 

UN CURRICULUM A TUTTA INTELLIGENCE

E, soprattutto, scorrendo il sontuoso curriculum del generale che a 98 anni diventa improvvisamente un fiume in piena, una autentica ‘Bocca della Verità’ alla quale abbeverarsi, il peso degli interrogativi assume una ancor maggiore valenza.

Una carriera fulminante, quella di Jucci, che diventa generale a meno di 50 anni. E addirittura, già negli anni ’70, viene collocato al vertice di una struttura strategica sul fronte dell’intelligence: vale a dire il ‘SIOS’, acronimo di ‘Servizi Informazione Operazioni e Situazione’, una fondamentale costola dei Servizi segreti di casa nostra.

E col capo di quei Servizi, Vito Miceli (do you remember?), sventò un golpe anti-Gheddafi, come raccontarono le cronache dell’epoca.

Diventa, Jucci, Comandante generale dell’Arma dei carabinieri – il top – nel 1986, per restare in sella tre anni.

Poi, nei ’90, inizia la carriera ‘politica’.

Nel ’97, infatti, è nominato Presidente della commissione di studio per la revisione della legge del 1977 sulla riforma del ‘Sistema di informazioni per la sicurezza della Repubblica’. Compito non da poco, sempre sul fronte dell’intelligence.

Vito Miceli

Tre anni dopo, nel 2000, la giunta regionale siciliana lo sceglie come commissario straordinario per fronteggiare l’emergenza idrica. Fattosi le ossa su questo fronte, nel 2002 passa a guidare una struttura per tutte le emergenze voluta dal Dipartimento per la Protezione Civile.

E’ la volta, poi, di dirigere un’altra importante struttura, stavolta promossa dal Ministero per l’Ambiente: dovrà essere di supporto a tutti commissari delle regioni colpite da calamità naturali e, of course, emergenze. Non è finita qui: perché nel 2008 è designato come Alto commissario per la bonifica del fiume Sarno, in Campania, dove quasi dieci anni prima di era verificata la tragedia che seppellì il comune e i suoi abitanti sotto una valanga di fango-killer.

Dimenticavamo un paio di dettagli: è stato manager di peso, Jucci, sia per il gruppo guidato da Raul Gardini (il super manager ‘suicidato’ poche ore prima di essere interrogato dal pm di Mani Pulite Antonio Di Pietro) che del capo IRI e poi premier Romano Prodi.

Ribadiamo un interrogativo che a dire il vero ci inquieta – e dovrebbe inquietare tutti – non poco. Visto i ruoli strategici ricoperti da Jucci fin dagli anni ’70, come poteva non immaginare quel che sarebbe potuto succedere, anche per il caso Moro?

E come può oggi cadere dal pero e raccontare tre quarti di verità uno che di Intelligence & Servizi ne sapeva come pochi altri da noi?

 

QUEL PROFETICO ‘DOVEVA MORIRE’ DEL 2008…

Il libro di Imposimato e Provvisionato sul caso Moro

E come può ignorare che quelle verità (intere, non parziali e neanche ad orologeria) sono state scritte oltre 15 anni fa, per la precisione nel 2008, da Ferdinando Imposimato e da Sandro Provvisionato nel loro mitico ‘Doveva Morire’ dedicato proprio alla tragica fine dello statista Dc, Aldo Moro?

E come è mai possibile che in questi anni tanti, troppi i politici e i giornalisti hanno potuto ignorare quelle verità? Un paio di esempi per tutti, sul fronte dei media. Quello di Giuliano Ferrara, una firma notissima: “basta dietrologie. Ad eliminare Moro sono stare le Brigate rosse. Finiamola una volta per tutte”. O come proprio Aldo Cazzullo che raccolse per il Corsera un’intervista strappalacrime di Cossiga che diceva le stesse parole oggi ricordare da Jucci: “ci pensavo tutte le notti. La morte di Moro per me è stata un incubo”.

 

 

Sui contenuti di ‘Doveva Morire’ la Voce ha scritto decine di pezzi. Vi invitiamo a cercarli nel nostro archivio: basta andare alla casella CERCA che si trova in alto a destra della nostra home page e digitare ALDO MORO, oppure DOVEVA MORIRE e ne troverete o iosa.

Comunque, qui di seguito, ecco alcuni link che vi poteranno a leggere alcuni nostri articoli significativi. Ecco ALDO MORO / “DOVEVA MORIRE”, OGGI REPORT SCOPRE (E MALE) L’ACQUA CALDA, dell’8 gennaio 2024.

Poi, GIALLO MORO / LA PISTA AMERICANA E IL RUOLO DI NATO & GLADIO IN ‘THE MASQUERADE’ del 12 dicembre 2023.

E più risalenti nel tempo, CASO MORO / VALERIO MORUCCI UOMO DEI SERVIZI. ORA LO SCOPRE FIORONI, LA VOCE LO SCRISSE 7 ANNI FA del 21 settembre 2017.

Ancora. GIALLO MORO / PER IL CORSERA NIENTE P2 NE’ SERVIZI… del 2 marzo 2016.

Infine, CASO MORO, ‘CIA’ FATTA LA VOLONTA’ DI GLADIO del 20 maggio 2015.

Per quanto riguarda la ritrovata memoria, dopo tanti anni, anche da parte di Giuliano Amato sulla strage di Ustica, ecco STRAGE DI USTICA / DAL CILINDRO DI GIULIANO AMATO UNA VERITA’ VECCHIA DI 30 ANNI  del 2 settembre 2023.

 

IL VERBO DI IUCCI

Ma ecco, fior tra fiore, i passaggi salienti della ‘rievocazione’ made in Ucci, raccolta nell’intervista ‘scoop’ (sic) de ‘la Repubblica’.

“Lo Stato non voleva liberare Aldo Moro. Doveva essere distrutto fisicamente e politicamente. Se Moro fosse sopravvissuto, la politica italiana avrebbe avuto uno sviluppo diverso da quello che è stato”.

“Cossiga era stato consigliato da un uomo mandato dagli Stati Uniti e dalla commissione composta in gran parte da piduisti. Tutte persone che a mio avviso volevano che le cose andassero in maniera diversa da quella che tutte le persone oneste chiedevano”.

“Credo che si sarebbe potuto liberare Moro, se tutte le istituzioni avessero operato in questa direzione. Ma l’apertura di un governo, sostenuto da Moro, formato da comunisti e democristiani, era osteggiata sia dagli Usa e sia, per altri motivi, dall’ex Unione Sovietica”.

Ugo Pecchioli

“Cossiga mi chiese di creare un reparto dell’esercito che potesse intervenire per liberare Moro quando fosse stata individuata la sua prigione. Dovevano operare con una precisione millimetrica per non rischiare la vita dell’ostaggio. Mi diede una settimana di tempo. Io ho preso gli incursori del leggendario Col Moschin, ho acquistato armi soprattutto in Gran Bretagna e in Germania e li ho fatti addestrare senza sosta in una base segreta all’interno della tenuta presidenziale di San Rossore. Cossiga mi domandava continuamente se erano pronti. Gli ho detto: Ministro, venga a vedere di persona. Durante in viaggio per l’ispezione, senza preavviso, fecero un agguato al suo corteo e immobilizzarono la scorta: a Cossiga stava venendo un infarto”.

“A Cossiga dissero di fare questo reparto, ma non so se lo fecero per togliermi dal campo a Roma. Perché io così passai praticamente tutti i giorni del rapimento in Toscana, nella tenuta di San Rossore, per predisporre una squadra che non è mai entrata in azione. Andai a Roma da Cossiga per sapere, mi intrattenevo con Ugo Pecchioli che era il rappresentante del Pci e aspettavamo che uscisse dalle riunioni del comitato. A me chiedeva lumi sulla preparazione degli incursori, con Pecchioli faceva il punto della situazione”.

“Mi tolsero di mezzo. E non so se questo fu fatto apposta. Perché allora gran parte delle Istituzioni militari erano della P2. E su quella Loggia io oggi ho molti pensieri: perché la P2 era espressione di un gruppo di potere di un Paese straniero, amico sicuramente, ma che aveva altri interessi. Mi riferisco a centri di potere americani che operavano anche attraverso elementi della P2”.

“Quando nel ’68 sono arrivato al vertice dell’arma dei carabinieri, sono andato ad Arezzo, e ho chiesto di Licio Gelli al comandante locale. Lui mi disse: ‘Qui molti dei responsabili delle istituzioni sono stati voluti da Gelli. Il mio impegno più gravoso è stato quello di far ricevere generali la domenica da Gelli’. Rimasi senza parole”.

“L’intelligence militare Usa ha operato a volte in una maniera assai discutibile: eravamo un alleato, ma un alleato lontano dallo loro terra, con visioni non sempre coincidenti. E purtroppo ci sono stati italiani che hanno operato seguendo le loro indicazioni per obiettivi che forse non dovevano essere né pensati né fatti”.

Federico Umberto D’Amato

“Anche il Kgb sovietico in quel momento seguiva la stessa strategia. Ricordo l’arresto di Morucci e Faranda a casa di Giuliana Conforto, che dopo pochi mesi fu messa in libertà nonostante i reati a lei attribuiti avrebbero richiesto pene più elevate. Chi era Giuliana Conforto? La figlia di un agente del Kgb di lunga data, Giorgio Conforto, il quale ha sempre lavorato dietro le quinte per uno dei burattini dei nostri Servizi, il capo dell’Ufficio Affari riservati del Viminale Federico Umberto D’Amato, una vera anguilla”.

“Abbiamo una lista della P2, quella che hanno sequestrato i giudici Turone e Colombo nella perquisizione a Gelli, però sono convinto che quell’elenco non sia completo. Altri nomi vennero tenuti segreti, forse perché avrebbero dovuto coprire quelli inclusi nella lista qualora fosse stata scoperta l’organizzazione massonica. Nell’elenco c’erano persone amicissime di altre che non comparivano nella lista. Bastava esaminare le carriere che hanno sponsorizzato per farsi un’idea. La P2 era uno Stato nello Stato”.

Dopo la scoperta – sempre quasi mezzo secolo dopo – dell’Uovo di Colombo, ecco le parole di piena assoluzione per l’amico Cossiga: “Voleva arrivare alla liberazione di Moro, voleva assolutamente salvarlo: su questo non ho dubbi. Dopo diventò un’ossessione. Diede le dimissioni e scomparve. Si chiuse in casa. Lo andai a trovare più volte. Mi guardava muto per molti minuti. Poi diceva: ‘Forse potevo fare di più’. Ha segnato la sua vita”.

Non vogliamo aggiungere altro.

Vi invitiamo solo a procurarvi il libro che, lo ripetiamo, svelò tutte le verità sul caso Moro ormai 16 anni fa, “Doveva Morire” firmato da Ferdinando Imposimato e Sandro Provvisionato, pubblicato da ‘Chiarelettere’ nel 2008. Troverete una montagna di fatti e circostanze, nomi & cognomi, che in modo analitico spiegano il ruolo giocato dalla CIA, da Gladio e in parte anche dal Kgb, quello basilare svolto da Cossiga e tanto altro.

Buona lettura.


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