Gli Stati Uniti sono governati da un soggetto ormai totalmente rincoglionito.
I destini della più grande potenza del mondo sono affidati ad uomo che ormai non ha più il controllo delle proprie azioni: tanto più grave, ciò, in un tragico frangente storico come quello attuale, con le situazioni esplosive dall’Ucraina al Medio Oriente (epicentro la Striscia di Gaza) fino a Taiwan, senza contare gli altri focolai di guerra sparsi in mezzo mondo e ‘attizzati’ proprio dagli Usa: oltre una quarantina secondo le ultime drammatiche rilevazioni.
Lo ha appena certificato, messo nero su bianco in un rapporto al calor bianco, il procuratore speciale Robert Hur, chiamato a pronunciarsi sul giallo dei documenti segreti sottratti da Joe Biden quando era un ‘privato cittadino’, nell’intermezzo fra il tempo della vicepresidenza con Barack Obama e l’attuale presidenza.
‘ASSOLUZIONE’ CHE PESA COME UN MACIGNO
“Una assoluzione penale ma una fortissima condanna e delegittimazione a livello politico, morale e anche personale che non potrà non aver impatto sulla corsa alle presidenziali del prossimo novembre”, commentano adesso non pochi media a stelle e strisce che stanno uscendo dal letargo.
Unica mosca bianca quel Tucker Carlson appena finito sulla graticola per la sua intervista-scoop a Vladimir Putin: l’ex anchor man di ‘FOX News’, infatti, è stato licenziato mesi fa dalla tivvù americana dell’impero Murdoch proprio per i suoi reportage di fuoco sui maxi affari di casa Biden, dalla Cina all’Ucraina. E soprattutto perché, in uno storico intervento di un anno fa, chiese l’impeachment del numero uno della Casa Bianca, per via di quegli sporchi business a molti zeri portati a segno in combutta con il figlio Hunter.
Affari che la ‘Voce’ ha cominciato a documentare già un paio d’anni fa, come potete verificare andando al nostro archivio e, comunque, digitando alla casella CERCA che si trova in alto a destra della nostra home page JOE BIDEN oppure HUNTER BIDEN (e anche, visto che vi trovate, TUCKER CARLSON, per quel j’accuse). Ne ri-leggerete di tutti i colori!
E a questo punto sorge spontaneo un interrogativo alto come un grattacielo.
Se Biden ora la fa franca da un processo in tribunale perché è palesemente rincoglionito (e quindi, ribadiamo, oltremodo pericoloso per essere oggi alla guida – e osare riproporsi per un altro mandato – della nazione numero uno al mondo), come mai non deve rispondere per quei reati ancora più grossi, riguardanti soprattutto i maxi affari esteri & le connection con la Cina, dal ‘Wuhangate’ ai business più ‘spiccioli’ col figlio?
Ancora. Se lui non è più imputabile perché incapace di intendere e volere, oggi, come mai non va alla sbarra il rampollo Hunter che fino a prova contraria ha l’età e le capacità fisiche e, con ogni probabilità, mentali per essere processato e, vista la mole di imputazioni e prove, sbattuto a in galera?
Prima di passare la parola al procuratore Hur con i passaggi salienti della sua memoria di ben 388 pagine – una vera enciclopedia sulle ‘imprese’ presidenziali – vi raccontiamo tre ‘perle’ degli ultimi giorni, in meno di una settimana: da autentico guinness dei primati.
3 CLAMOROSE GAFFE IN 4 GIORNI
Parlando della Francia, scambia Emmanuel Macron con Francois Mitterand, poco importa se è passato oltre un quarto di secolo dalla morte, nel 1996, del presidente socialista d’un tempo.
Eccoci alla Germania, quando scambia Angela Merkel per il suo predecessore di tanti anni prima, Helmut Kohl. Lo fa raccontando ai suoi fans ed elettori (sic) un aneddoto risalente ad un G7 che si tenne in Cornovaglia quando era vice di Obama: “dopo aver dichiarato ai leader che l’America è tornata, il tedesco Kohl si è girato è mi ha detto: ‘Presidente, che farebbe se domani aprisse il Times e leggesse che mille persone hanno fatto irruzione nel Parlamento?”. Divertente, se non fosse che l’interlocutore era di sesso femminile e si chiamava appunto Angela Merkel.
Il top neanche 24 ore fa quando, imbufalito per il maxi rapporto Hur, ha fatto immediatamente convocare dal suo staff una conferenza stampa in cui ha scambiato il Messico per l’Egitto, parlando del “presidente messicano al-Sisi”. Ecco le subito leggendarie parole presidenziali: “Inizialmente il presidente messicano al-Sisi non voleva aprire il valico (di Rafeh, ndr) per consentire l’ingresso di materiale umanitario nella Striscia di Gaza. Gli ho parlato io e l’ho convinto ad aprirlo!”.
Peccato non abbia continuato narrando di una telefonata con Mosè per aprire il Canale di Suez, un tema oggi tanto bollente…
Una conferenza stampa altrettanto calda, visto il tono delle domande di alcuni reporter ‘coraggiosi’.
Uno di loro osa chiedere: “In quale stato è la sua memoria? Come pensa di continuare a fare il presidente?”. E ‘Sleepy’ Joe, come da mesi e mesi lo definiscono non pochi media di controinformazione a stelle e strisce, in modo sbrigativo replica: “La mia memoria è così pessima che ti ho lasciato parlare”.
Ad un altro che gli domanda se negli ultimi mesi la memoria fosse peggiorata replica in modo un filino più educato: “La mia memoria sta bene. Guardate quello che ho fatto da quando sono diventato presidente. Nessuno di voi pensava che riuscissi a fare quello che ho fatto”.
E rispondendo indirettamente al procuratore speciale che ne ha messe nero su bianco di cotte e di crude, soprattutto sulle condizioni psichiche presidenziali, commenta. “Sono un uomo con buone intenzioni. E sono un uomo anziano. So bene cosa sto facendo. Sono stato e sono presidente, ho rimesso in piedi io questo Paese. Non ho bisogno dei suoi consigli”, ossia quelli di firmati Hur.
Ed eccoci giusto alle sue parole, che subito i legali della Casa Bianca etichettano come “inaccettabili, inappropriate, inopportune, censurabili” e per le quali chiedono una sorta di ‘ritrattazione’, in concreto di fare marcia indietro e di ‘correggerle’.
Incredibile ma vero. Giudicate voi, a questo punto.
LE PAROLE DEL PROCURATORE HUR
Partiamo proprio dalla ‘memoria’, che viene definita “confusa”, “scarsa”, “difettosa”, con “limitazioni significative”. E fa alcuni esempi lampanti.
“La sua memoria appare confusa nel descrivere il dibattito sull’Afghanistan che un tempo era stato così importante per lui”.
Non ricordava – nel corso dell’interrogatorio di 5 ore del 6 ottobre scorso – gli anni dell’inizio e della fine del conflitto.
Ha poi erroneamente affermato – scrive Hur – di “aver avuto una reale divergenza di opinioni con il generale Karl Eikenberry quando in realtà Eikenberry era un alleato che Biden ha citato con approvazione nel suo promemoria alla festa del Ringraziamento al presidente Obama”.
Continua il procuratore speciale, che per anni ha lavorato nel Maryland e poco più di un anno fa (gennaio 2023) è stato scelto per il ‘Caso Biden’ dal procuratore generale degli Stati Uniti Merrick Garland: “La nostra indagine ha scoperto prove e documenti che Biden volontariamente conservò: materiale ‘classificato’ (e quindi top secret, ndr) dopo la sua vicepresidenza, quando era un privato cittadino”.
Si tratta della montagna di carte trovate accatastate in un garage della sua residenza nel Delaware, dentro una sfilza di scatoloni, e poi disseminate alla rinfusa in tanti cassetti e scrivanie della casa; ed un’altra grossa tranche, invece, custodita in un ufficio a Washington che era anche sede di un suo ‘think tank’.
Una bolgia di documenti top secret, diversi originali e firmati da Obama, di difficilissima catalogazione; e che, comunque, dovevano essere consegnati per legge agli Archivi nazionali.
Molti riguardano la politica estera a stelle e strisce, sul fronte dell’Afghanistan ma non solo: materiale che più bollente non si può, ‘sensibilissimo’ e sicuramente appetibile per tutti gli 007…
Un velo pietoso, infine, su una ‘dimenticanza’ da brividi. Il capo della Casa Bianca, infatti, non ha ricordato nemmeno l’anno della morte dell’altro figlio Beau Biden, nel 2015. “Ma cosa gliene interessa al procuratore? Come osa? Sono miei fatti personali!”, ha sbottato nel corso della conferenza stampa. Penoso.
Eccoci all’amara conclusione di Hur? E’ meglio che Biden non sia processato per tutto questo: non verrebbe certo condannato perché è anziano, non ha più la memoria che lo aiuta e quindi non sa quel che fa. Una ‘assoluzione’ che equivale ad una vera condanna e, soprattutto, ne azzoppa le possibilità di esercitare un altro mandato presidenziale. Secondo il procuratore speciale, infatti, il Dipartimento di Giustizia difficilmente riuscirebbe a provare la responsabilità penale di Biden “oltre ogni ragionevole dubbio”, “trattandosi di una persona così anziana e con la memoria in stato così precario”.
Capito?
Non vogliamo portarla troppo per le lunghe, perché le 388 pagine sono una vera miniera di notizie non poco esplosive, soprattutto sul versante della sicurezza nazionale a stelle e strisce.
Un commento a caldo dello speaker alla Camera dei rappresentanti, Mike Johnson: “Joe Biden non è più adatto a fare il presidente. Un uomo del tutto incapace di assumersi la responsabilità di aver gestito in modo improprio informazioni riservate non è certo adatto allo Studio Ovale”. E poi: “Se non è in condizione di affrontare un processo, come pensate che possa svolgere il ruolo di Presidente?”.
E sapete qual è il risultato dell’ultimo sondaggio? Secondo il 77 per cento degli intervistati (tutti in età di voto) Biden è “troppo vecchio” per presentarsi nella corsa presidenziale.
Quale potrà mai essere il parere degli elettori a stelle e strisce dopo il ‘Rapporto Hur’?
Visto che i media di casa nostra, presi solo dal ‘Fenomeno Sanremo’ capace di occupare da giorni tutte le aperture, non resta che leggere quanto riportano quelli americani. Almeno lì se ne parla.
A seguire, quindi, ecco alcuni link.
Da ‘Politico’ il pezzo dell’8 febbraio
Age isn’t a number. It’s a profound and growing problem for Biden.
Da ‘The Hill’, sempre dell’8 febbraio, Biden angrily defends memory, age in a contentious press conference.
Infine, da ‘Fox News Channell’ (che ha licenziato Tucker Carlson) il video delle parole di Biden (12 minuti e mezzo) alla conferenza stampa: Biden says his memory is ‘fine’ he is ‘most qualified person in this country’ to be president.
E per finire una imperdibile lettura. Quella offerta dal sito, sempre statunitense, ‘Judicial Watch’ che dopo una lunga battaglia è riuscito ad ottenere documenti inediti sui depistaggi per l’assassinio di John Fitzgerald Kennedy, soprattutto grazie all’impegno del nipote, Robert Kennedy junior, in corsa per le presidenziali di novembre come ‘indipendente’. E’ anche animatore dell’associazione ‘Children’s Health Defence’ di cui spesso riprendiamo le coraggiose battaglie sul fronte dei vaccini e, in questi mesi, dei sempre più numerosi (e spesso letali) effetti avversi: un altro tema letteralmente oscurato dai media, e osteggiato dai vertici Usa (con un Anthony Fauci e altri 9 papaveri della casa Bianca sotto inchiesta).
Il pezzo è titolato Judicial Watch: Record Show Secret Service Ordered Staff to Not Respond to Head of RFK Jr’s Private Security.
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