CHE SUCCEDE ALLA BREXIT?

Sarà colpa dell’atavico sciovinismo britannico, ma pochi sanno che a tre anni dalla Brexit, un sondaggio dell’Observer ha dimostrato quanto grande sia la delusione inglese. I britannici appaiono profondamente delusi dagli esiti della loro scissione dall’Europa. Il popolo britannico ha voluto riprendere tra le mani la sua autonomia decisionale, perché insofferente per le stringenti regole imposte dalla UE.

È stato pubblicato un sondaggio dell’Observer che ha documentato il dato che solo il 22% dei sudditi di Carlo III ritiene che l’uscita dalla Unione Europea abbia avuto un impatto positivo sulla economia del paese. Le cose oggi vanno male forse anche a causa del fatto che sono decadute le numerose norme di favore strappate all’ingresso in UE, e quindi si sono riproposti tutti i problemi che angustiavano quel paese per gli enormi costi aggiuntivi causati dalle frontiere chiuse, dai commerci senza privilegi e dalla svalutazione della sterlina rispetto al dollaro e all’euro più forti.

Dulcis in fundo si è aggiunta la fuga di migliaia di studenti stranieri dopo la stretta sui ricongiungimenti familiari e l’esponenziale aumento dei costi causato dall’aumento vertiginoso dei costi delle rette universitarie. Ciò è avvenuto per l’abolizione dei vantaggi previsti per gli studenti europei, non più trattati alla stregua degli studenti inglesi ma da normali immigrati. Gli inglesi non hanno considerato che questa fuga avrebbe sottratto a quel paese le migliori intelligenze europee e, allo stesso tempo, le relative risorse finanziarie e messo in crisi molti atenei inglesi che avevano sinora prosperato proprio su questa mole di questa immigrazione intellettuale. Nonostante tutto ciò, il governo di Rishi Sunak continua a sottolineare le straordinarie opportunità aperte dalla Brexit. Il sondaggio dimostra che il 10% della popolazione dichiara che la Brexit non ha migliorato la propria situazione finanziaria e un misero 9% pensa che non ha fatto progredire l’economia né migliorare la sanità pubblica. Eppure, un noto slogan, in piena campagna referendaria, affermava “… miglioreremo la nostra sanità senza il peso dei contributi da versare alla UE”. Questo slogan aveva ripreso una delle promesse di Boris Johnson e di altri brexiter. Questi giravano in piena campagna referendaria con un pulmino elettorale che portava in evidenza sulle fiancate uno slogan in bell’evidenza a caratteri cubitali “… con la Brexit 350 milioni in più alla settimana saranno invece destinati al nostro Sistema Sanitario Nazionale”. Ma non era vero e nonostante questo battage, il 23 giugno del 2016, uno stentato 52% della popolazione aveva creduto alla promessa e votato per l’uscita dall’Europa, pochi voti ma sufficienti per lasciare la UE. Oggi cominciano a dilagare scontento e scetticismo e si aumentati i costi, ma anche i problemi, i dubbi e i rimpianti. È arrivato il momento per il Regno Unito di avviare i controlli doganali sulle merci e sugli animali provenienti dalla UE, tutti previsti dai protocolli della Brexit. Sinora tutti questi costosi controlli erano sempre stati rinviati perché i britannici non erano pronti. Lo stesso governo aveva previsto, in un documento ufficiale, che queste costose ispezioni di frontiera avrebbero rinfocolato l’inflazione.

Il malcontento dei cittadini della corona è stato certificato da questo e da altri sondaggi. Ma è veramente difficile ipotizzare che la Brexit possa essere rimessa in discussione. Sarebbe infatti impensabile rientrare, dopo un doloroso strappo, conservando gli stessi privilegi.

Se quest’anno dovessero vincere le imminenti elezioni i laburisti di Sir Keir Starmer, attualmente in vantaggio di oltre 20 punti, che hanno duramente criticato la Brexit e rimarcato che il primo obiettivo del loro possibile governo sarebbe quello di lavorare per un riavvicinamento all’Europa. Ma c’è da dire anche che anche i laburisti si sono opposti in parlamento ad ogni tentativo di rimettere in discussione la decisione del referendum del 2016. Non hanno mai detto di voler tornare nel mercato unico e quindi non chiederanno di rientrare nell’unione doganale. Troppo grande sarebbe lo scacco.

È vero, è decisamente poco probabile che il Labour Party decida di far risprofondare il paese in un nuovo psicodramma nazionale come quello vissuto negli anni scorsi.

A sentire le più accreditate fonti europee non c’è margine di manovra per transitare nuovamente dall’attuale accordo di libero scambio al reingresso nel mercato unico.

Unica possibilità sarebbe condizionata dall’insoddisfazione del popolo britannico verso una Brexit capace di condizionare negativamente l’economia del paese.

Nel frattempo, si discute sulle vicende personali di due golem della Brexit.

  1. Dominic Cummings, mente e genio della propaganda per l’uscita dalla UE e primo “consigliere” di Boris Johnson … fino al suo licenziamento in tronco voluto, dopo appena due anni, dalla moglie dell’ex leader Carrie Symonds.
  2. Matthew Elliott, potente presidente della piattaforma “Vote Leave”, nel 2016, premiato dal primo ministro Liz Truss con la nomina a Lord, nonostante il fatto che quel primo ministro sia durata nella carica solo 49 giorni. “Meno di una lattuga”, come aveva ironicamente sottolineato il Daily Star.

Infine, a completare il disastro comunicativo è intervenuto un giornalista del Guardian, Luke Harding, che ha postato su X una foto di Elliott a Mosca nel 2012. Il governo russo lo aveva descritto così “… si tratta di un importante membro dell’associazione Amici Conservatori della Russia”. Questa dichiarazione di marca filo-putiniana si sarebbe poi rivelata disastrosa per la carriera politica di Elliott a causa del deciso coinvolgimento del governo inglese nella guerra tra la Russia e l’Ucraina.

Lo stesso politico aveva definito quella visita “un errore” e tutte le successive inchieste ufficiali avevano negato l’esistenza del supposto legame tra l’operazione Brexit, i suoi principali promotori e le forti influenze russe.

L’allora ambasciatore della Russia nel Regno Unito, Alexander Yakovenko, aveva esultato pubblicamente dopo la vittoria della Brexit, e detto “… abbiamo schiantato i britannici. Li abbiamo messi in ginocchio. E ora non si rialzeranno per molto tempo”.

Chissà se questi disastrosi esiti prodotti dalla Brexit potranno influenzare anche i (pochi) sostenitori della Ital-exit, arrivati persino a governare il paese. 

 


Scopri di più da La voce Delle Voci

Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.

Lascia un commento