Al Massimo di Milano, la ‘Scala’, ora va di moda la sceneggiata.
‘Istituzionale’, sic. Un vergognoso, indecoroso, vomitevole balletto di responsabilità, accuse, retromarce: il peggio del peggio possibile, neanche nel più sgarrupato tendone di periferia. E nella più sgarrupata delle democrature.
Tanto tuonò che piovve e dalla tana uscì il topolino.
Tutte impettite lì, le ‘autorità’ (ri-sic) tranne robot-Mattarella (con ogni probabilità a ricaricar le batterie), dalla lagherizzata Liliana Segre al presidente abusivo del Senato, Ignazio Benito La Russa.
E tanto rumore per nulla.
IL LOGGIONISTA (FUORILEGGE) DELL’OVVIO
Solo un povero loggionista fermato e identificato dalla Digos per aver pronunciato tre parolette che più innocue e innocenti non si può, “Viva l’Italia antifascista”.
Un ovvio che diventa un reato, in questa povera Italia capovolta. Dove chi ribadisce un concetto sancito a lettere che più chiare non si può dalla Costituzione, diventa un ‘eversore’, un possibile terrorista, un pericolo pubblico numero uno, un mostro da sbattere in prima e poi in tutte le pagine dei giornali.
Perché il coro fascista è un fiume in piena. Dal ‘Libero’ che più prigioniero del passato non si può, alla ‘Verità’ che è menzogna quotidiana (tranne sul terreno di Covid & Vaccini), dal ‘Foglio’ ottimo per avvolgere i broccoli, al ‘Giornale’ che va bene anche lui per usi prettamente ortofrutticoli, fino al ‘Tempo’ che farebbe meglio a dedicarsi solo al meteo e a quel ‘Riformista’ del tandem Renzi-Romeo che inaugura il suo special ipergarantista PQM (nel suo primo numero deve ricorrere alla storia di un imprenditore greco bistrattato per rendere l’idea della non-giustizia che da noi regna sovrana: il più classico degli autogol).
Una disinformazione continua, che può proterva e con l’elmetto non si può.
Proprio come la ‘povera’ premier, che ogni giorno parla di sé e poi accusa gli altri di ficcare ogni giorno il naso nei suoi affari e nella sua vita privata, scrive o detta biografie e agiografie per narrare le sue umili origini made in Garbatella e poi irto, impavido percorso da eroina (o eroe?) solitaria (o), una sorta di samurai in salsa romana.
Torniamo per un attimo al povero loggionista sbattuto in prima pagina e proclamato il nuovo simbolo della sinistra da quella destra (s)fascista. L’abbiamo sentito parlare in tivvù, un signor nessuno che dice sommessamente di considerarsi di centrosinistra oppure un liberale progressista, fate voi, ossia il nulla. Però viene fermato, bloccato perché fa proclami pericolosi, rivoluzionari, che possono incitare alla sollevazione popolare.
Da autentico Minculpop.
Avesse almeno urlato, ‘Benito La Russa, fuori’, oppure, ‘Kapò Benito La Russa, vattene’ o meglio ‘sloggia’ (che è più azzeccato): e invece no, un semplice, ovvio, scontato persin banale ‘Viva l’Italia antifascista’. Come dire ‘oggi è sorto il sole’, oppure ‘domani è domenica’, o ancora ‘gli italiani vanno al voto’ (che però non conta un cavolo e, preferibilmente, quelle ormai inutili urne le disertano).
LE IMPRESE DEL NOSTRO BENITO
Del resto, Ignazio Benito La Russa in questo anno presidenza del Senato ne ha combinate di tutti i colori, soprattutto variazioni sul tema del suo sempre amato ‘NERO’.
Dalla tragica boutade sulle Fosse Ardeatina, quando straparlò – letteralmente vaneggiando – di una banda di musicanti in pensione, invece che di un plotone di soldati nazisti. Fino alla ciliegina sulla torta – peraltro servita subito, come antipasto, appena sbarcato a Palazzo Madama – dell’invito, tra le prime guest star, del camerata nero e grande amico di sempre, il fondatore e animatore di ‘Forza Nuova’ Roberto Fiore, latitante per 9 anni a Londra e ricevuto dal nostro Benito in pompa magna tra le ovattate stanze del ‘suo’ (o loro?) palazzo Madama.
Vergone di Stato: ma chissenefrega. Lorsignori – come Unni e Lanzichenecchi – ormai bivaccano nelle stanze del potere…
E dicevamo della Super Premier, sempre a zonzo per il mondo a raccontare le mirabolanti imprese italiche e magnificare le straordinarie performance del suo governo. Ci siamo già beccati la quarta tranche del Pnrr, è il primo botto; l’occupazione sale alle stelle, la seconda sparata; il nostro rating fa andare in visibilio le arcigne Moodys & C., un altro tric trac; abbiamo aiutato le famiglie, le imprese e i pensionati. Da Nobel.
Annega, al solito, in una lurida pozza di falsi & bugie, la menzognera seriale.
Pensioni aumentate? Dove? Come? Quanto? Quando le minime sono ferme al palo e sempre più da fame, visti i prezzi alle stelle. E proprio la spesa (nonostante il farsesco buono-carrello da 360 euro all’anno, da tirarglielo in faccia) è il termometro: un solo esempio per tutti, l’olio d’oliva che un anno fa costava 5 euro e ora devi sborsarne minimo 10-11 per portarlo a casa, prezzi da ‘Gucci’ del cavolo.
Gli aumenti delle pensioni minime? Inesistenti, perché gli spiccioli sono solo e unicamente miseri scatti Istat.
Ha fatto la mossa della tassa agli extraprofitti delle banche? Se l’è rimangiata.
Mai pensando di tassare gli extraprofitti dei petrolieri, per dirne una, o delle case farmaceutiche, per dirne un’altra, che col Covid hanno fatto guadagni con la pala.
E a proposito di sanità & salute, che dire dei tagli con l’accetta? Che guarda caso si trasformano subito in fuoco vivo, a palese dimostrazione delle bestemmie pronunciate in Parlamento. Con l’ospedale di Tivoli che va in fiamme bruciando vivi tre poveri ricoverati.
GENNY, ‘O NEO MINISTRO
Passiamo, tanto per alleggerire un po’ l’atmosfera che si fa sempre più pesante (e nera), al ministro dell’Ignoranza che più crassa non si può, al secolo Sangiuliano Genny. Il quale ha appena diffidato un programma della ‘sua’ ex RAI (rammentiamolo, ha pluridiretto reti e tiggì di viale Mazzini, autentico miracolo di San Gennaro), perché – lamenta il poverino – un programma lo maltratta e lo bistratta di continuo.
Ecco l’asettica nota Ansa: “Ha diffidato il programma di Radio Uno, ‘Un giorno da pecora’ dal proseguire a fare battute su di lui, chiedendo di smetterla e riservandosi azioni legali e richiesta di risarcimento danni. A scriverlo è il Fatto quotidiano – ma manca la conferma del ministro – che racconta come tramite l’avvocato Silverio Sica Sangiuliano abbia inviato una diffida all’azienda di viale Mazzini in cui si spiega come nel programma radiofonico da mesi il ministro della Cultura sarebbe vittima di una sistematica denigrazione dell’immagine personale e del ruolo istituzionale, ipotizzando una inadeguatezza del ministro, con una ‘carenza di preparazione culturale della persona’’”.
La scoperta dell’acqua calda – arieccoci – diventa oggetto di ‘diffamazione’. E un ex giornalista – il quale dovrebbe minimamente essere a conoscenza dello stra-abuso delle querele del tutto infondate e solo intimidatorie contro i giornalisti con un minimo di schiena diritta – appena seduto sulla poltrona ministeriale (sempre grazie, San Gennaro) ne minaccia una a dei ‘colleghi’ che osano raccontare e documentare l’ovvio, le sue quotidiane prodezze.
Ultimamente hanno avuto il gran torto di rammentare un aneddoto da leccarsi i baffi, ossia come il ministro dell’Ignoranza abbia candidamente ammesso al recente Premio Strega di non aver letto un rigo dei libri selezionati e che doveva giudicare.
Niente, comunque, rispetto al primo scoop, appena insediato sulla poltrona: “Sapete chi ha fondato il Pensiero della Destra in Italia? Dante Alighieri”, facendo sbellicare dalle risate persino gli storici delle scuole medie.
Ma concesse subito dopo il bis, non contento, esibendosi in un’altra acrobazia, sempre sullo sdrucciolevole terreno letterario. “Il primo meridionalista? Giacomo Leopardi”, facendo rotolare i critici letterari. Solo perché a Napoli c’è un tumulo che ricorda il sommo poeta di Recanati.
L’ultima performance di una interminabile sfilza (da scriverci un pamphlet, tante se ne annoverano ormai in poco più di un anno ministeriale), la strenua difesa del Discobolo dalle mire germaniche. “E’ nostro, resta da noi, per riprenderselo dovranno passare sul mio cadavere”.
Ma cosa sono le comiche di Ridolini?
I FUORIONDA DEL MEZZOBUSTO FUORIDITESTA
Viene forse superato, ma proprio sul filo di lana, dal mezzobusto-bellimbusto che fino ad un mese e mezzo ha condotto, col suo consueto stile, il ‘Diario del Giorno’ su Rete 4, Andrea Giambruno.
Mediaset ha sospeso il programma, ovviamente, dopo i clamorosi e realmente raccapriccianti fuorionda trasmessi da ‘Striscia la notizia’.
Per la serie, Mediaset contro Mediaset, guerre intestine; lette invece da molti come un ‘avvertimento’ lanciato da Marina Berlusconi a Giorgia Meloni, la (ormai ex) compagna del mezzobusto e padre della sua inseparabile Ginevra (la porta anche nelle trasferte estere, come ha narrato all’agiografo Alessandro Sallusti).
Ebbene, cosa è frullato subito nel sempre eruttante cervello dell’anchorman de noantri? Secondo un ficcanaso de ‘La Stampa’ che lo ha scovato all’Osteria del Sostegno, ad un passo dal Pantheon, sollecitato da una carbonara e un fiasco di Frascati avrebbe confidato a un paio di amici d’aver incaricato il suo legale di fargliela pagare a Mediaset. “Faccio causa per violazione della privacy e diffamazione a mezzo stampa. L’avvocato mi ha detto che così vinciamo sicuro. Mi hanno fatto una figura mondiale di merda ma adesso ci facciamo i soldi”, queste le parole galeotte carpite.
Un altro fuorionda per lo sfortunato ex mister Meloni.
E imperdibile anche un commento della first de noatri, sempre con l’elmetto: “Tutti quelli che hanno sperato di indebolirmi colpendomi in casa sappiano bene che per quanto la goccia possa sperare di scavare la pietra, la pietra rimane pietra e la goccia è solo acqua”.
E vaffanculo lat(r)ini – chioserebbe il dotto Sangiuliano – e il vostro ‘gutta cavat lapidem’ (o ‘scavat’, direbbe il nostro Vate) lo consegniamo ai Vespasiani…
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