KISSINGER, IL PIÙ CINICO INTERPRETE DELLA REAL POLITIC AMERICANA 

È morto Kissinger, aveva da pochi mesi compiuto cento anni. È stato il protagonista assoluto della storia della diplomazia americana del secolo scorso. È stato influente consigliere diplomatico di ben dodici presidenti, più di un quarto di tutti i presidenti eletti nella storia statunitense. È stato capace di saltare agilmente dal mito democratico John Kennedy al conservatore Richard Nixon. Ma è entrato con tutti gli onori alla Casa Bianca solo sotto la gestione repubblicana nel gennaio 1969. È entrato quell’anno con l’incarico di consigliere per la sicurezza nazionale ed è stato poi nominato segretario di stato nel 1973. Unico politico che ha mantenuto entrambi gli incarichi contemporaneamente, una vera e propria rarità. Quando Nixon si dimise, lui rimase inamovibile in carica anche sotto la successiva presidenza Ford. È stato un personaggio molto controverso, indubbiamente geniale protagonista della politica americana grazie alla sua cinica interpretazione della realpolitik. Ha favorito la storica apertura americana alla Cina, ha inventato la “diplomazia del ping pong”, dimostrando una straordinaria capacità nel trovare ogni varco possibile per accedere, anche seguendo percorsi non convenzionali, alla cultura profonda dei suoi interlocutori; ma è stato anche protagonista in negativo, quando ha offerto un cinico sostegno politico a personaggi ambigui come il generale Pinochet, appoggiando il colpo di stato in Cile, fino ad assistere silente al feroce assassinio di Salvator Allende e di tutta la sua giunta democraticamente eletta (ma questo è sempre stato per lui un dettaglio trascurabile). Queste sono solo alcune delle iniziative da lui intraprese per difendere gli interessi americani in Sudamerica … e nel mondo. Il suo vero obiettivo è sempre stato soffocare e contrastare i governi di sinistra che si formavano nelle aree di influenza americana nel mondo.

Le sue azioni gli sono valse persino il cordoglio di paesi che aveva sempre avversato, come Cina e Russia, ma anche tanti attestati di stima da parte dei governanti dei paesi occidentali alleati … inclusa l’Italia.

Il suo nome al secolo era Heinz Alfred Kissinger, un tedesco di nascita diventato un politico e diplomatico statunitense. Le sue origini ebraico-germaniche gli hanno impedito di partecipare a una competizione presidenziale, cosa a cui ambiva più di ogni altra cosa. Avrebbe probabilmente vinto, anche in considerazione della pochezza dei presidenti eletti in quel periodo. Membro autorevole del Partito Repubblicano ha esercitato la sua massima influenza sotto la presidenza di Nixon e poi anche di Ford.  È morto, ormai vecchio e stanco, nella sua casa nel Connecticut.

Era nato nel 1923 nella città bavarese di Fürth, all’epoca della Repubblica di Weimar, uno dei tanti paradossi della sua esistenza. Nell’autunno del 1938, a soli 15 anni, le autorità naziste permisero alla sua famiglia, nonostante l’origine ebraica, di lasciare la Germania. I Kissinger allora si imbarcarono per New York. Lì il giovane Henry, brillante e ambizioso, fu accettato ad Harvard dove si laureò guadagnandosi una cattedra. Nel 1982 fondò una sua società di consulenza diplomatica, la Kissinger Associates e con questa aiutò molti big di Wall Street a districarsi tra le incertezze e i rischi della geopolitica, ricavandone lauti compensi. Tra i suoi più importanti clienti segnaliamo il colosso assicurativo AIG, l’American Express e la banca Chase Manhattan, ma anche numerose aziende private come la Volvo e l’italiana FIAT. Seguì a lungo la FIAT in virtù di un solido rapporto di amicizia con Giovanni Agnelli, che Kissinger frequentò assiduamente fino alla sua morte. È stato anche un apprezzato autore di numerosi scritti di politica e di strategia diplomatica, tra questi scritti il suo Ordine mondiale del 2014, che è ancora oggi un testo cult. Una vera e propria eredità culturale del machiavellico statista. Continuerà ad essere oggetto di giudizi contrastanti che spaziano da chi lo considerava un genio della diplomazia a chi invece lo vede come un genio del male assoluto. Tra gli aspetti più controversi del suo operato segnaliamo il sostegno a Pinochet e al suo colpo di stato, anche quando esitò in una lunga dittatura che insanguinò per vent’anni quello sfortunato paese. Ricordiamo poi la sua responsabilità nel feroce bombardamento e nella successiva invasione della Cambogia, la complicità con la dittatura in Argentina e, infine, il sostegno all’invasione indonesiana di Timor Est. Tutte iniziative concepite in chiave antisovietica … la sua personale ossessione. Per questi motivi non è mancato chi lo ha considerato un “criminale di guerra”. Tra questi spiccano le principali organizzazioni per la difesa dei diritti umani.

Ma la perla – questa volta non ispirata da lui – fu l’attribuzione nel 1973 del premio Nobel per la pace, assegnato assieme al leader vietnamita Le Duc Tho (che però volle rifiutarlo) in virtù della firma del trattato che pose fine alla guerra in Vietnam. Anche quest’episodio ci fa capire quanto sia stato controverso il personaggio. È arrivato ad affermare che “il potere è il massimo afrodisiaco”. Lo aveva dichiarato, in una sprezzante intervista sul suo rapporto con il potere e con le donne “… per me sono un hobby e nessuno spende troppo tempo con i propri hobby”.

Alla sua morte molti hanno voluto ricordarlo, tra questi non poteva mancare la nostra presidente del consiglio che, per rendergli omaggio, ha rilanciato un’intervista dell’ex presidente americano George W. Bush “… con la sua morte – aveva detto Bush – l’America ha perso una delle voci più sicure e ascoltate in politica estera”. Lui, rifugiato della Germania nazista, arrivò a diventare il capo indiscusso della più potente diplomazia al mondo. Bush aveva chiuso la sua lunga intervista affermando che la storia di Kissinger “… parla sia della sua grandezza che della grandezza degli Stati Uniti”. Un raro esempio di personificazione del mito americano, dell’anticomunismo più viscerale, della capacità di inventare una nuova diplomazia creativa. I mass media americani hanno rimarcato il ruolo di Kissinger nella costruzione delle relazioni tra Pechino e Washington. Hanno ricordato i suoi solidi legami con la Repubblica popolare e le “oltre cento visite ufficiali in Cina”, di queste l’ultima nello scorso luglio quando, già centenario, è stato ricevuto con tutti gli onori dal presidente Xi Jinping. Una visita dal “significato speciale”, fatta per festeggiare il “doppio centenario”, quello della sua età e del numero dei suoi viaggi. “La storia ricorderà sempre il contributo di Kissinger alle relazioni Cina-Usa. Rimarrà sempre vivo nei cuori del popolo cinese, come un vecchio amico molto apprezzato”, ha detto l’ambasciatore cinese negli USA.

Lo hanno ricordato anche tutti i principali leader mondiali, tra cui citiamo alcune dichiarazioni ufficiali. Primo tra tutti il presidente russo Vladimir Putin che ha scritto sulla Pravda “… è stato un diplomatico eccezionale, un uomo di Stato saggio e lungimirante che per decenni ha goduto in tutto il mondo di una meritata autorevolezza”. In un comunicato ufficiale il premier giapponese Fumio Kishida ha elogiato il “contributo significativo di Kissinger alla pace e alla stabilità in Asia, inclusa la normalizzazione dei rapporti diplomatici tra Stati Uniti e Cina”. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen lo ha ricordato dicendo che ha influenzato tutta la politica del XX secolo. Infine, non poteva mancare, il ricordo da parte della nostra presidente del consiglio Giorgia Meloni, che ha scritto da palazzo Chigi “… Henry Kissinger è stato il punto di riferimento della politica strategica e della diplomazia mondiale. È stato un privilegio aver avuto, di recente, la possibilità di confrontarmi con lui su vari temi dell’agenda internazionale. La sua scomparsa ci rattrista molto ed esprimo il mio cordoglio personale, e del Governo italiano, alla sua famiglia e ai suoi cari. Henry Kissinger è stato un gigante della Storia.”

Non sono mancate le dichiarazioni di cordoglio espresse dai più importanti Capi di Stato, a cominciare dal presidente francese Macron e dal ministro degli esteri del governo inglese David Cameron.

Kissinger è stato un uomo dell’Ottocento, forse l’ultimo figlio del Congresso di Vienna, di cui è stato studioso e profondo conoscitore. Aveva infatti scritto proprio su quell’evento storico la sua tesi di dottorato, pubblicata nel 1957 (e tradotta in italiano nel 1973 da Garzanti con il titolo “La diplomazia della restaurazione”). Quel saggio è, ancora oggi, considerato un classico della storia delle relazioni internazionali. Kissinger ha derivato da quell’evento un suo modello teorico dell’equilibrio tra potenze, equilibrio realizzato a Vienna grazie al contributo di Klemens von Metternich e del Duca di Wellington, i suoi più grandi riferimenti. L’ordine di Vienna resse, bene o male, per un secolo fino alla Prima guerra mondiale. L’assenza oggi di un analogo equilibrio di forze ha condotto l’Europa e il mondo nuovamente nella tormenta. Questo schema ha ispirato lo sforzo diplomatico di Kissinger, passando da intellettuale e docente universitario a consigliere diplomatico.

Come per tutti i reazionari intelligenti (categoria che oggi sembra estinta) lo studio del passato lo ha portato a costruire un suo modello di futuro.


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