Il giornalismo d’inchiesta è morto.
Il funerale è stato celebrato il 22 novembre alla prima sezione penale del Tribunale di Napoli, dove si è svolta l’udienza conclusiva del processo che ha visto contrapporsi, per quattro anni, la ‘World Anti Doping Agency’ (WADA) e la ‘Voce’.
E pensare che solo pochi giorni prima, per la precisione il 2 novembre, è stata depositata una ‘storica’ ordinanza della prima sezione civile della Corte Suprema di Cassazione proprio sul ‘giornalismo d’inchiesta’, che potete leggere integralmente cliccando sul link in basso. Un giornalismo investigativo che, perciò, sembrava ancora vivo e vegeto.
Ebbene, la sentenza di condanna della Voce, pronunciata dal giudice Cristiana Sirabella, fa letteralmente a pugni con quanto scritto dagli ermellini; e, ancor più, fa a pugni con quanto ha sostenuto il pm, Daniela Cucaro Santissimo, al processo di Napoli, che ha sottolineato tutto il valore del giornalismo d’inchiesta, evocando proprio la fresca ordinanza della Cassazione.
Quanto giustizie esistono, a questo punto, nel Belpaese? Una, due, tre oppure nessuna? Ovviamente sarà fondamentale leggere con estrema attenzione le motivazioni che hanno indotto il giudice Sirabella a condannare per diffamazione la Voce: le conosceremo tra 60 giorni.
Ma intanto è opportuno, da un lato, fornirvi tutte le news e, dall’altro, ricostruire tappa per tappa il percorso di un processo, quello partenopeo, che definire kafkiano – nel suo esito – è un mero eufemismo.
L’UDIENZA DEL 22 NOVEMBRE A NAPOLI
Focalizziamo, a questo punto, la nostra attenzione sulle parole del pm che ha chiesto la piena assoluzione della Voce e del suo direttore, nonché autore dei 19 articoli ritenuti diffamatori e querelati da WADA, Andrea Cinquegrani: perché “il fatto non costituisce reato”.
Ha esordito, il pubblico ministero, contestualizzando quanto successo in quei mesi bollenti tra il 2016 e il 2017, quando si sono svolti i fatti salienti del giallo di Alex Schwazer, il campione altoatesino di marcia.
E ha sottolineato la grande importanza della testimonianza resa, la scorsa primavera a Napoli, da Sandro Donati, una vita spesa per lottare contro l’uso del doping nello sport e preparatore atletico di Schwazer. In quella verbalizzazione – sostiene il pm – Donati ha ricostruito in modo dettagliato e minuzioso tutti i particolari, anche scientifici, della più che intricata vicenda: sottolineando le tante anomalie che l’hanno contraddistinta, a partire dall’inizio, ossia dal prelievo di un campione di urine dell’atleta il 1 gennaio 2016, fatto unico nella storia dello sport (perché apre una finestra temporale di quasi 24 ore in cui può succedere di tutto). E ha poi rammentato i passaggi altrettanto anomali, con quel campione conteso tra Italia e Germania, una guerra tra procure durata mesi e mesi.
Il pubblico ministero, in sostanza, ha voluto sottolineare che la Voce, con i suoi articoli e le sue inchieste, ha fatto vero, autentico giornalismo d’inchiesta, investigativo: partendo da quelle anomalie, confrontandosi diverse volte con Donati e consultando anche svariate fonti ‘estere’. Proprio perché la stampa estera (soprattutto tedesca e francese) ha scritto ampi reportage sul giallo Schwazer, che invece in Italia è stato non poco (colpevolmente, tranne rare eccezioni) snobbato.
Il pm, quindi, ha voluto rimarcare l’importanza del giornalismo d’inchiesta rammentando la recentissima ordinanza della Cassazione, che parla – tra le tante altre cose, come potete constatare leggendola tramite il link in basso – anche di “veridicità delle notizia attenuta”, vale a dire, di “un criterio di verità attenuata”, come hanno commentano alcuni esperti.
In sostanza, con i suoi articoli – ha inteso ribadire il pm Cucaro Santissimo – la Voce e Cinquegrani hanno fatto in pieno il loro dovere: non solo raccontando le vicende, ma indicando piste, inducendo a riflessioni, spingendo gli stessi inquirenti ad accertare fatti e situazioni più che anomali.
Non basta. Perché nello scrivere i suoi pezzi, la Voce ha rispettato i criteri base a cui deve ispirarsi e attenersi il giornalismo: la verità dei fatti, l’interesse pubblico a quei fatti (del tutto evidente) e la continenza dei toni, pienamente rispettata. Alcuni titoli ad effetto? Rientrano nel diritto di critica, espressamente previsto dalla legge.
Proprio per questo – sono le parole del pm – va chiesta l’assoluzione, perché “il fatto non costituisce reato”.
Dopo due ore di riflessione, ha emesso il suo verdetto il giudice: la Voce condannata per diffamazione e al risarcimento delle spese (anche legali). E, indirettamente, un ulteriore ceffone ad Alex Schwazer.
Prima di passare ad una rapida ricostruzione del processo, vogliamo darvi un’altra notizia fresca fresca. Perché proprio pochi giorni fa Alex Schwazer, che sta partecipando al ‘Grande Fratello’, ha ricevuto un’ennesima doccia fredda. E anche stavolta il contesto è non poco kafkiano.
Per dirla in breve, i suoi legali avevano rivolto una richiesta alla ‘Athletic Integrity Unit-AIU’ (che gestisce la giustizia per la ‘World Athletics’, ex IAAF) per ottenere uno ‘sconto di pena’ a favore di Alex, tale da potergli consentire la partecipazione alle prossime Olimpiadi. Per far ciò, la AIU ha dovuto chiedere un parere proprio a WADA.
Così scrive il cronista sportivo Massimo Bonarrigo: “La AIU ha trasmesso la richiesta di parere alla Wada solo lo scorso aprile ma l’Agenzia Antidoping avrebbe chiesto a Schwazer ulteriori chiarimenti e, contro ogni regola, una confessione dei fatti di doping del 2016 che avrebbe contraddetto tutta la battaglia portata avanti dall’altoatesino per dimostrare la sua innocenza. Il no allo sconto, in virtù di un regolamento niente affatto garantista, non deve nemmeno essere motivato nei dettagli. ‘Questa gente per me è come se non esistesse – ha dichiarato Sandro Donati, mentore di Schwazer – e io attendo le decisioni della giustizia ordinaria e non della giustizia fatta in casa e autoreferenziale’. Sul piano teorico, l’olimpionico di Pechino 2008 attende ancora una decisione riguardo al suo ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo la cui sentenza avrà però solo valore orientativo”.
Passiamo dunque alla ricostruzione del processo Voce-Wada, tappa per tappa.
IL PROCESSO DI NAPOLI, TAPPA PER TAPPA
Oggetto della querela, presentata ad inizio 2018 dai legali di WADA, uno più accorsati studi svizzeri (referente per l’Italia Stefano Borella del foro di Milano), sono i 19 pezzi, tra inchieste ed articoli, scritti dalla Voce sul caso-Schwazer, nell’arco del 2017.
Lo spunto fu proprio quel prelievo-galeotto del 1 gennaio 2016, caso appunto unico nella storia dello sport – come ha ricordato Donati – e tanto più unico dal momento che appena due settimane prima, il 16 dicembre 2015, il campione di marcia aveva reso una pesantissima verbalizzazione davanti al tribunale di Bolzano, accusando senza mezzi termini due medici della IAAF proprio sull’uso del doping nell’atletica.
Puzza di bruciato lontana un miglio. Perché parte da qui la ‘vendetta’, ordita dalla premiata ditta IAAF-WADA.
La Voce segue la vicenda passo dopo passo, la lunga e complessa trafila della super-controversa analisi delle urine, la battaglia legale lungo l’asse Germania-Italia, il ruolo svolto dal laboratorio di Colonia (accreditato Wada), le perizie e controperizie, il ruolo del RIS di Parma, le mail altrettanto galeotte (e messe in rete da ‘Fancy Bear’) intercorse tra Iaaf-Wada e lo stesso laboratorio tedesco: insomma tutte le tessere di un mosaico che sa letteralmente di ‘plot’, di complotto scientificamente ordito per delegittimare totalmente non solo Schwazer ma anche e soprattutto il suo preparatore atletico, Donati. Due piccioni con una fava, come si suol dire, per far capire chi davvero comanda in quel mondo, chi fa le regole, chi fa la sua legge: ‘I Signori del Doping’, come titolò la Voce un suo reportage (messo all’indice dal legale di Wada anche nell’ultima udienza), e come anni dopo titola il suo libro-j’accuse (uscito a metà 2021) proprio Sandro Donati.
In estrema sintesi: WADA accusa la Voce di essersi inventata tutto di sana pianta; di fare non giornalismo ma disinformazione; di raccogliere solo ‘voci di corridoio’, come ha ribadito Borella anche nell’ultima udienza. Ma soprattutto è colpevole di un fatto gravissimo: aver sottolineato nei suoi scritti che WADA ha tradito del tutto il suo principale scopo statutario e fondante, quello di lottare contro il doping; ed invece di essere stata protagonista di episodi di corruzione spinta che hanno favorito l’uso del doping, e colpito quei pochi, le mosche bianche, che cercavano di ribellarsi al ‘Sistema’.
Potete ritrovare quegli articoli del 2017 (ma anche tutti i seguenti, sul processo e non solo) andando alla casella CERCA del sito della Voce, che si trova in alto a destra della nostra home page: basta digitare ALEX SCHWAZER oppure WADA per rileggerne di tutti i colori. E giudicherete voi.
Ma riprendiamo il filo del processo. Che, guarda caso, procede in parallelo con l’inchiesta portata avanti, già da un paio d’anni, dal gip del tribunale di Bolzano, Walter Pelino, chiamato a chiarire, una volta per tutte, il giallo che ruota soprattutto intorno ad un interrogativo: sono state taroccate o no quelle analisi, quelle provette?
Quindi: Schwazer è colpevole o vittima di un complotto? E a sua volta, WADA (in combutta conIAAF) è candida come un giglio, oppure a capo del ‘plot’, ha organizzato il trappolone?
Ma ecco, a febbraio 2021, la ‘bomba’: ossia la ‘storica’ ordinanza del gip Pelino, 89 pagine al vetriolo, che non solo scagionano Schwazer da ogni accusa, ma fanno a pezzi quel ‘castello di menzogne’ costruito in modo scientifico da WADA e IAAF. Una ordinanza che ricostruisce per filo e per segno, dettaglio per dettaglio, tessera dopo tessera, il mosaico della combine, della connection per incastrare Schwazer e Donati, taroccando di tutto e di più. E il gip accusa senza mezzi termini i vertici di WADA e IAAF di una serie di reati gravissimi, che arrivano fino – udite udite – alla frode processuale!
A questo punto sorge spontanea la domanda: come mai, a quanto pare, fino ad oggi il procuratore capo di Bolzano non ha mosso un dito, né ha preso alcun provvedimento per aprire un procedimento a carico di WADA & IAAF dopo le colossali accuse firmate da Pelino?
Mistero tra i misteri.
Dovete leggerle d’un fiato, quelle pagine firmate da Pelino: perché rappresentano uno spaccato di investigazione autentica, di giustizia che finalmente – una volta tanto – si fa largo tra le fitte maglie della intimidazione, della corruzione, dei depistaggi. Le trovate integralmente cliccando sul comenel link in basso.
Ed è pubblicata anche nell’imperdibile ‘I Signori del Doping’ firmato da Donati: un libro che vi consigliamo caldamente di leggere, perché è un must per chi cerca la bussola in un mondo tanto ‘bello’ quanto ‘sporco’ (perché così lo hanno resto i ‘manovratori’), ossia lo sport, e soprattutto alcune discipline come l’atletica e il ciclismo. Emblematico, a tal proposito, il giallo di Marco Pantani, più volte ricostruito dalla Voce ed al quale ha fatto riferimento proprio il pm all’ultima udienza di Napoli, come esempio di vero giornalismo d’inchiesta.
Riprendiamo il fil rouge del processo partenopeo che vede contrapposti WADA e Voce.
Ed eccoci ad un gran colpo di scena.
Alla prima udienza del 2021, il legale di WADA, Borella, avanza un’istanza di remissione della querela: come dire, abbiamo fino ad oggi scherzato, ritiriamo tutte le nostre accuse, arrivederci e grazie.
Ai confini della realtà.
Interrogato dal giudice Sirabella, immediatamente Andrea Cinquegrani risponde di NO. Non accetta alcuna remissione di querela perché vuole una sentenza: essendo certo di aver scritto la verità dei fatti, fatti d’interesse pubblico, rispettando il criterio della continenza, e soprattutto esercitando fino in fondo il diritto di critica e di cronaca, valori costituzionalmente protetti.
Come mai, ci siamo chiesti, la clamorosa retromarcia di WADA? E ci siamo subito dati una risposta: ha sentito l’aria che tira, dopo l’altrettanto clamorosa ordinanza Pelino, e ha preferito battere in ritirata.
Il processo, quindi, non si ferma. Ed è la volta dei testi.
Il primo ad essere chiamato a verbalizzare è la parte ‘offesa’ e che ha firmato la querela: ossia il direttore generale di WADA, Oliver Niggli. Il quale pensa bene di non presentarsi in aula. Lui, l’offeso…
Trova però il tempo, nelle settimane seguenti, di rilasciare a fine settembre 2021 un’intervista al calor bianco per Sky Sport: dove si scaglia con veemenza contro l’ordinanza Pelino e prende a calci la giustizia italiana, che a suo parere con ha alcun peso in vicende come il caso-Schwazer. Perché – è il suo illuminato e illuminate pensiero – conta e vale solo la giustizia sportiva, quella fai-da-te, del tutto auto-referenziale, ossia quella che promana dal TAS di Losanna.
Incredibile ma vero.
Per un Niggli che fugge, arriva di corsa Donati. Che in una verbalizzazione-fiume, come illustra il pm nell’ultima udienza, chiarisce di tutto e di più sulla combine, la tresca, la connection o chiamatela come volete orchestrata da WADA e IAFF (oggi World Athletics) ai danni di Schwazer. Nella lunga verbalizzazione, anche passaggi inediti sul giallo.
Giallo che, del resto, ha trovato amplissima audience grazie alle 4 puntate della docu-fictionprodotta da ‘Netflix’, che ha fatto registrare tra i più alti indici di ascolto: si tratta di ‘Il Caso di Alex Schwazer’, messa in rete ad aprile 2023.
Come del resto sta succedendo per una fresca (ottobre 2023) produzione di ‘RaiPlay Sound’ dal titolo ancor più emblematico, “Storia dell’omicidio di un marciatore”.
Se vi par poco…
Torniamo ancora, per chiudere il cerchio, al processo di Napoli. Dove la scorsa primavera ha verbalizzato il querelato, Andrea Cinquegrani. Due ore durante le quali ha risposto a tutte le ‘accuse’ rivoltegli dall’avvocato di WADA: che hanno ruotato soprattutto intorno al tema delle ‘fonti’. Ed ha ribadito come la vera, grande ‘colpa’, la gigantesca ‘responsabilità’ sua e della Vocesiano quelle di aver svolto in modo perfetto il loro lavoro: in sostanza, pur con i limitati mezzi a disposizione, di aver ‘anticipato’ di ben 4 anni quanto il gip Pelino mette nero su bianco nella sua ‘storica’ ordinanza di inizio 2021!
A WADA non interessa se i fatti scritti in quei 19 pezzi della Voce siano veri o no; se siano di interesse pubblico o no; se siano scritti in modo continente o no. Ma vogliono solo sapere a quali fonti il giornalista ha attinto.
Non sanno, lorsignori, come ormai sa anche un bimbo delle elementari, che le ‘fonti’ sono sacre, inviolabili, riservate. E’ l’ABC del giornalismo.
Ma la Voce, e Cinquegrani, non hanno avuto alcun timore a parlare senza problemi anche di ‘fonti’.
Abbiamo prodotto, infatti, una montagna di articoli, soprattutto della stampa estera, nei quali venivano messe nero su bianco quelle gigantesche anomalie.
Abbiamo fatto riferimento ai colloqui telefonici intercorsi con Donati.
E, last but not least, abbiamo parlato di una ‘gola profonda’, quelli che a livello internazionale vengono definiti ‘wisthleblower’, ossia ‘fonti interne’ che un bel giorno – dopo averne viste di tutti i colori – decidono di vuotare il sacco e di parlare con un reporter. E con quel popo’ che ha combinato negli anni WADA volete che non ci fosse un dirigente, un funzionario disgustato di quelle prassi corruttive che tradivano proprio quello spirito statutario calpestato dai vertici della massima associazione internazionale anti doping ed avesse quindi ovviamente voglia di ‘vuotare il sacco’?
Abbiamo finito il tour.
A voi l’ardua sentenza.
Vi raccomandiamo caldamente di andare sui link in basso e, soprattutto, di consultare l’archivio della Voce tramite la casella CERCA. Ripetiamo: basta digitare le parole ALEX SCHWAZER, o SANDRO DONATI, oppure WADA o ancora WALTER PELINO per godervi lo spettacolo (ben compresi i 19 articoli ‘bollenti’ del 2017).
Ma soprattutto vi raccomandiamo la lettura dell’ordinanza Pelino (link) e della fresca ordinanza della Cassazione sul ‘giornalismo d’inchiesta’ (link), la numero 13295/2022 resa nota poco più di 20 giorni fa, e firmata dal presidente della prima sezione civile, Francesco Antonio, affiancato nel collegio dai consiglieri Clotilde Parisi, Laura Tricomi, Giulia Iofrida e Alberto Pazzi.
Cose veramente da ‘pazzi’, se confrontate a quanto succede a Napoli…
Buone letture, dunque.
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L’ORDINANZA DEL GIP PELINO
https://www.lavocedellevoci.it/wp-content/uploads/2021/04/archiviazione-Schwazer.pdf
QUI L’ORDINANZA DELLA CASSAZIONE sul giornalismo d’inchiesta
giornalismo_inchiesta_cassazione2023
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