L’Italia insanguinata dalle Brigate Rosse, le stragi in altri Paesi europei e del mondo, l’undici settembre delle Torri Gemelle, le vittime civili dei ‘lupi solitari’, l’orrore per le brutalità di guerre che spengono la vita di migliaia di bambini (cinquemila almeno i palestinesi, ma molti sono ancora sotto le macerie): dal 7 di ottobre lo sdegno per le vittime del terrorismo di Hamas, la condanna di un raid che qualcuno, nel mondo islamico mistifica come lotta partigiana di liberazione. Condanna e basta, indignazione per la vendetta di Netanyau, per più di diecimila civili palestinesi uccisi da bombardamenti indiscriminati e incursioni nella striscia di Gaza. Scuole e ospedali rasi al suolo, esodo coatto dei superstiti in fuga a sud, espulsi nel poco che è rimasto dell’enclave palestinese, ma lo sdegno per il cinismo della guerra ha un suo esecrabile picco. Lo vieta la Carta dei diritti umani: non si possono distruggere gli ospedali e, come è accaduto in Palestina, anteporre obiettivi militari alla vita di neonati spenta per colpa delle incubatrici spente dal blackout elettrico. Ma Netanyau se ne frega e legittima la distruzione degli ospedali che nascondono i terroristi. La macchina della propaganda, usata con spregiudicatezza e priva di controlli incrociati, diffonde un video che mostra armi rastrellate con i blitz, nelle strutture sanitarie della Striscia. Ammesso che non sia un falso, neppure questo giustifica i bombardamenti e le incursioni armate. Ai media Netanyau mostra il video di due ostaggi (“trascinati a forza”, ma l’immagine racconta altro) nel corridoio dell’ospedale al-Shifa e li identifica per un nepalese e un thailandese. Si tratta davvero dell’ospedale? E comunque, confermata la brutalità del terrorismo di Hamas, dove avrebbe potuto nascondere gli ostaggi se non in una struttura che l’attacco israeliano era tenuto a tener fuori dalla guerra? Nessun dubbio sull’esito del sopralluogo di esperti dell’Onu: “Morte, fossa comune con ottanta corpi, situazione disperata, niente acqua potabile, gasolio, medicinali, cibo”. In quel che resta dell’ospedale trecento pazienti gravi, intrasportabili. Ora ci si mette anche il tempo e rende tragedia il dramma: pioggia e vento, temperature gelide flagellano i palestinesi in fuga. Tendopoli spazzata via, bambini esposti alle intemperie, i pochi spazi al coperto sovraffollati, fame, pericolo di epidemie per i rifiuti dispersi dalla pioggia. Un barlume di speranza per il popolo palestinese provato da tutto questo: forse cinque gironi di stop alla guerra in cambio della libertà per gli ostaggi. E poi?
(nella foto l’immagine degli ostaggi)
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