È orrore e pesa sulle coscienze di tutti, nessuno escluso, l’incipit
del genocidio in atto nella devastata striscia di Gaza e il popolo
ebraico dovrebbe rifiutare di esserne complice, di manifestare
orgogliosa soddisfazione per la vendetta che moltiplica orrendamente
le vittime provocate da Hamas. Il numero di diecimila è nelle
previsioni, ma per difetto, da integrare quando sarà completata
l’invasione armata nel ghetto di Gaza. Negare i diritti umani, è
quanto accade in Palestina, va molto oltre la legittima risposta alla
barbarie degli israeliani uccisi dai terroristi. Il drammatico esodo
dei palestinesi evoca in tragica analogia il dramma degli ebrei in
fuga per non finire nei lager nazisti: non è dissimile il rapporto di
forza Israele-Palestina se confrontato con la macchina infernale
nazista e l’inerme comunità ebraica. Oggi Israele, avamposto
dell’Occidente nel mondo arabo, è dotato di un mega esercito, di armi
sofisticate, di ordigni nucleari. È una potenza mondiale, in grado di
difendersi da qualunque nemico e di offendere chiunque. Forse non è
lecito paragonare quanto accade in medio Oriente con gli anni di
piombo del nostro Paese, ma anche noi abbiamo subìto il terrorismo,
stroncato con la forza della democrazia. La tragedia del conflitto che
rischia di coinvolgere l’intero Medio Oriente e non solo, ha un
colpevole impunito, il “no” a riconoscere universalmente la
legittimità dei due Stati di Israele e Palestina, magari con la
restituzione ai palestinesi dei territori colonizzati militarmente
dagli ebrei. Si scardinerebbe così ogni alibi di Hamas addotto per
aggredire Israele. Testimonianze dirette, inequivocabili, sostengono
che il popolo palestinese, in grande maggioranza, non si riconosce nel
terrorismo. È il popolo che soffre e muore per l’embargo di acqua,
alimenti, carburanti, medicine, per il drammatico fermo delle cure
negli ospedali ancora non rasi al suolo.
È impossibile farsi una ragione dell’infelice paradosso di un Paese
che ha vissuto la tragedia della shoa e, seppure con evidenti
difformità, è accusato di un nuovo genocidio. Ma poi, il mondo se ne
sta con il fiato sospeso, è incapace di imporre la pace con un
trattato, finalmente operativo, che riconosca istituzionalmente il
diritto a coesistere di Israele e della Palestina, realtà da tutelare
alla pari, a partire da un Onu riformata per impedire che un solo ‘no’
continui a bloccare ogni decisione.
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