FRANCIA / PROVE TECNICHE PER AMMAZZARE QUEL CHE RESTA DEL GIORNALISMO D’INCHIESTA 

Il Parlamento europeo sta discutendo una vera e propria legge-bavaglio (anzi, qualcosa di più) per i giornalisti d’inchiesta – quei pochi rimasti sul campo, è il caso di dire, di battaglia per una informazione autentica – che tende soprattutto a far terra bruciata intorno alle ‘fonti’.

Si tratta dell’European Media Freedom Act, esattamente il contrario di quanto succede negli Stati Uniti, che con il loro ‘Freedom Act’, una delle poche buone legge approvate negli Usa, consentono invece di poter aver libero accesso a documenti, anche riservati, della pubblica amministrazione.

In apertura Ariane Lavrilleux

Ed invece cosa succede nella nostra UE? Il ‘Media Freedom Act’ appena elaborato e in attesa dell’ok finale, prevede, attraverso il Primo Regolamento (in particolare con l’articolo 4), il divieto di spiare i giornalisti scomodi: ma, nei fatti, attraverso una serie di ‘eccezioni’, consente alle ‘autorità’ (magistratura, servizi segreti e forze dell’ordine) di intervenire a loro piena discrezione, sbandierando un presunto ‘interesse nazionale’, che serve palesemente a coprire tutta una serie di fatti & vicende scomode, su cui è meglio non far mai luce.

Il primo frutto avvelenato di questo vergognoso percorso normativo europeo, che porta ad un ulteriore giro di vite sulla già scarsissima libertà d’informazione, è stato subito servito in tavola.

Perché pochi giorni fa è stata fermata, perquisita, arrestata e sbattuta in galera (anche se per meno di due giorni) a Marsiglia una giornalista investigativa, Ariane Lavrilleux, colpevole di aver firmato un’inchiesta al calor bianco, titolata ‘Egypt Papers’, circa il pesante coinvolgimento della Francia in molte operazioni criminali compiute dal regime di Abdel Fattah al-Sisi, già protagonista nel tragico giallo-Regeni. L’inchiesta è stata pubblicata quasi due anni fa, per la precisione a novembre 2021, sul sito ‘Disclose’, specializzato in reportage investigativi da non poco.

Abdel Fattah el-Sisi

Quell’inchiesta, molto articolata e dettagliata, puntava i riflettori sulla ‘Operazione Sirli’, che ebbe inizio sotto la presidenza di Francois Hollande nel 2016 ed è proseguita con quella griffata Emmanuel Macron. In essa veniva documentato come una buona fetta dei fondi inviati dalla Francia all’Egitto per combattere il terrorismo, in realtà, siano stati utilizzati per perseguitare avversari politici e, soprattutto, per un programma criminale di ‘esecuzioni sommarie’ decise dalle autorità egiziane e avallate dall’Eliseo. Inoltre, alcune operazioni messe a segno dall’esercito egiziano sono state finalizzate a “bombardare civili accusati di contrabbando e traffico di migranti”.

Ai confini della realtà. Ma ben dentro i confini francesi e, a quanto pare, ora della tanto democratica & illuminata (sic) Europa…

Ecco alcune dichiarazioni della giornalista ‘scomoda’: “Ho scoperto che ero sotto sorveglianza da tempo. Alle 6 del mattino si sono presentati a casa mia nove agenti dell’intelligence e magistrati che di solito si occupano della lotta al terrorismo. Avete capito bene, della lotta al terrorismo. Sono arrivati a casa mia con valigie piene di software per computer, al fine di estrarre e analizzare i dati presenti sui miei telefoni, laptop e hard disk. Hanno tenuto le mie schede sim”.

Stando alle news, dopo il blitz nella casa della giornalista, un ex militare è stato arrestato, con l’accusa di “appropriazione indebita e divulgazione di segreti della difesa nazionale”. Rischia fino a 7 anni di galera e una sanzione da 100 mila euro.

“E’ una deriva molto seria”, denuncia Lavrilleux. “La questione non riguarda tanto me, ma tutti quei giornalisti che hanno ancora voglia di raccontare le verità dietro i fatti. I deputati europei devono reagire contro quanto sta avvenendo, per impedire che ciò si propaghi anche negli altri paesi europei, soprattutto se viene approvato questo Freedom Act”.

Emmanuel Macron

E va giù ancor più dura: “E’ una quesitone che riguarda tutti i giornalisti, perché se danno retta al governo francese, allora non sono solo alcuni giornalisti francesi a rischiare di essere perseguiti e arrestati, ma tutti quelli dei Paesi della UE. In Europa, a quanto pare, hanno deciso di seguire l’esempio della Francia, il che è molto grave e molto dannoso per la protezione delle fonti. Avremo bisogno di una reazione importante da parte dei nostri colleghi europei”.

Francois Hollande

E ancora: “In quelle 39 ore di fermo sono stata sia una vittima che una testimone privilegiata di un dirottamento delle risorse della lotta al terrorismo in Francia. Che per ore e forse anche per mesi sono state mobilitate per rintracciare una giornalista e la sua fonte. Forse stavano cercando di scoraggiarmi e con me tutti i giornalisti seri che interrogano il potere. Ma hanno fallito. Sono uscita da questo fermo ancora più combattiva. Per me ha dimostrato che siamo un fastidio e che siamo necessari”.

Ha ricevuto la solidarietà – almeno formale – di tutti gli organismi che lottano per le libertà, ben compresa quella d’informazione: da ‘Amnesty International’ alla ‘Federazione Internazionale per i diritti umani’, da ‘Reporters sans Frontieres’ alla ‘Federazione europea dei giornalisti’, oltre ad una quarantina di associazioni transalpine di giornalisti.

I redattori di ‘Le Monde’, in una nota, sottolineano: “L’esercizio stesso del mestiere di giornalista è in pericolo. Questa situazione gravissima si iscrive in un contesto di moltiplicazioni di procedure contro i giornalisti e deve mobilitare tutte le persone che tengono alla libertà di stampa”.

Solidarietà anche da ‘Liberation’: che, guarda caso, poche ore dopo il fermo di Lavrilleux, ha visto tre suoi redattori convocati con urgenza dalla polizia per alcuni articoli sull’uccisione di un ragazzo da parte di un agente di polizia. “Si tratta – denuncia il comitato di redazione – di atti indegni di un Paese democratico”.

I lettori della ‘Voce’ ricorderanno un recente articolo a proposito del ‘fermo’, all’aeroporto londinese di Luthon, del reporter investigativo di punta del sito di contro-informazione ‘GreyZone’, Kit Klaremberg. Una vicenda molto simile, perché Klaremberg aveva scritto diversi reportage scomodi, soprattutto circa le attività molto border line dei Servizi segreti inglesi.

In basso potete trovare il link di quell’articolo, nel quale viene anche rammentata una vicenda della Voce nel 2007, circa la vera e propria attività spionistica, di ‘dossieraggio’, svolta ad inizio anni 2000 dai Servizi all’epoca guidati da Niccolò Pollari: e la Voce era una delle testate di punta nella ‘disinformazione’ (sic) sulle attività dell’allora governo Berlusconi.

In basso, comunque, vi proponiamo altri due link (ovviamente in lingua originale) che vi porteranno a leggere due stimolanti reportage: il primo, pubblicato il 27 settembre dall’ottimo sito sul fronte della politica internazionale, ‘Responsible Statecraft’, si intitola “I media ignorano completamente il ruolo della NATO nel caos della Libia”.

Il secondo, invece, è dedicato al ruolo di ‘disinformazione’ svolto in modo molto efficace dal ‘mainstream’. Pubblicato da ‘Observateur Continental’, infatti, si intitola “I media mainstream e i politici occidentali sono stati sorpresi a mentire”, in questo caso a proposito del conflitto in Ucraina.

 

 

 

 LINK VOCE

 

SPIONI & SPIATI / NESSUNO PAGA PER LA VERGOGNOSA “SCENEGGIATA”? INTANTO NEL REGNO UNITO…  

 

GLADIO-NATO / DESECRETATI A LONDRA DOCUMENTI CHOC SUL CASO MORO E IL TERRORISMO IN ITALIA

 

LONDRA / E’ CACCIA AI GIORNALISTI SCOMODI

 

 

LINK

RESPONSIBLE STATECRAFT

Media completely ignores NATO war role in Libya caos

 

 

Les médias mainstream et les politiques occidentaux pris en flagrant délit de mensonge


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