LA MELONI, NOVELLA PENELOPE

Che la coerenza sia merce rara ce lo conferma anche la presidente Meloni. Proprio lei che aveva fatto della coerenza la sua arma vincente. Ma lo sappiamo bene. Quando si parla dall’opposizione è più facile mantenere il punto su tutto ciò che si dice di voler fare, ma quando si governa … tutto diventa d’un colpo molto più complicato.

Ricordate quando, dall’opposizione, produceva spot elettorali che mandava senza soluzione di continuo a tutte le TV, e urlando si rivolgeva con aggressività ad un esterrefatto benzinaio intento a rifornire di carburante la sua auto “… noi elimineremo le accise perché, quando vengo a fare 50€ di benzina, io non voglio darne la metà allo Stato. Io non voglio pagare questo pizzo”?

Ecco che torna il suo reiterato concetto populista di “pizzo di stato”.

Molti avranno rimosso queste affermazioni, come gran parte delle tante promesse fatte dai nostri attuali governanti (e, in questo, anche dagli amministratori precedenti). Facciamo ora un piccolo sforzo e proviamo a ricordare:

  1. Ricordate quando nelle piazze e nelle TV, oggi unificate e tutte ossequienti al governo, la Meloni e alleati urlavano “… basta migranti, noi faremo il blocco navale. Se ne stiano a casa loro e, se proprio vogliono, vengano in aereo”? Ora gli sbarchi sono quintuplicati e l’Europa continua a respingere le proteste italiane e le richieste di redistribuzione.
  2. Ne ricordiamo un’altra. Senza alcuna etica la Giorgia nazionale diceva agli italiani “… bisogna dare 1000 euro a tutti e subito, con un click. È nostro preciso dovere aiutare chi ha bisogno”.Poi, come se nulla avesse promesso il primo provvedimento che ha preso una volta al governo, è stato quello che ha cancellato il reddito di cittadinanza – per sostituirlo con un macchinoso sistema assistenziale che doveva nelle intenzioni riparare all’errore di erogare il reddito a tutti quello che lo richiedevano senza controlli preventivi. Ma, in verità, anche questa modalità di erogazione era stata un frutto avvelenato da esigenze elettorali, questa volta però dei 5stelle allora vincenti. Ora si procede alla erogazione una tantum di pietose elargizioni accompagnate da tanto di gran cassa propagandistica.
  3. Questo governo ha negato la discussione in aula ad un provvedimento sul salario minimo definito per legge, solo perché era proposto dalle opposizioni. Ricordiamo che simili misure sono già in vigore in molti paesi. La motivazione? Ci dicono che sennò gli stipendi medi tenderanno a livellarsi sul valore minimo, e propongono un generico implemento del “valore reale dei salari”. Motivazione incredibilmente sciocca o in malafede. Perché mai si dovrebbero livellare verso il basso anche quei salari frutto di una regolare contrattazione sindacale, peraltro concordati con le organizzazioni dei datori di lavoro? La verità è probabilmente che non si vuole portare in Aula un provvedimento proposto dall’opposizione.
  4. Quando ancora governava Mario Draghi – forse il nostro miglior presidente del consiglio degli ultimi anni – la Meloni (e non solo) diceva agli italiani urlando come sempre “… basta con questa Europa, basta con la legge Fornero, basta con l’agenda Draghi…”. Poi, incredibilmente, l’agenda Draghi è diventata silenziosamente, il “Diario di Giorgia”. Ed è stato proprio grazie a questa continuità che si è riuscita a prolungare nel tempo gli effetti positivi sull’economia, sull’inflazione e sulla produzione italiana.

Quello di Draghi non è stato forse popolare come quello attuale, certamente non era stato votato dai cittadini, ma è risultato essere il miglior governo possibile in un momento di crisi pandemica e di grandi rischi per le finanze dei paesi economicamente fragili, come era allora ed è ancora oggi il nostro. Ora, esaurita quella rendita di credibilità, la premier è costretta a chiedere accoratamente “… datemi tempo, lo sapete bene che un conto è fare opposizione e dire e urlare, un altro è governare e dover fare”.

E allora? Diamo più tempo e portiamo pazienza, nella speranza che il solito Pierino di turno non provveda a rovinare le aspettative della nostra sventurata premier. Dopo le gaffes di Del Mastro e Donzelli, dopo Salvini e la Santanché, dopo le uscite letterarie omofobe del generale Vannacci e la voce stonata di quei tanti sconosciuti personaggetti, sinora insignificanti e silenti, forse per pudore o per incapacità a motivare le loro insostenibili convinzioni.

E ora vedremo se anche la tentazione di riscrivere la nostra storia nazionale sarà perseguita, raccontando i fatti del passato con le loro reiterate mistificazioni e introducendo i loro consueti divieti e le loro liste di proscrizione. Per ora sono riusciti a zittire solo la televisione pubblica adeguatamente occupata, cancellando molti programmi culturali, di informazione e di dibattito. Tutti sostituiti con spettacoli musicali, di canzonette o di dozzinale intrattenimento.

Persino il first gentleman, giornalista di Mediaset Andrea Gianbruno, non riesce proprio a contenersi e non risparmia le sue esternazioni, che spaziano dal negazionismo climatico (… il caldo c’è sempre stato) a consigli machisti rivolti alle donne, su come comportarsi in pubblico e su quanto e cosa bere in discoteca … per evitare di essere stuprate (come a dire che, se ciò accade, è perché … ve la siete proprio voluta).

Povera Meloni! Tutti parlano a vanvera, tutti rovinano quotidianamente la tela che lei, novella Penelope, tenta faticosamente di cucire.


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