UCRAINA / IL PUPAZZO ZELENSKY NEL VORTICE DELLA CORRUZIONE. CHE “SCOPRE” SOLO ADESSO…

Meglio tardi che mai.

Soltanto oggi, infatti, i vertici di Kiev e il guitto-presidente Volodymyr Zelensky si ‘accorgono’ – ohibò – che l’Ucraina è uno dei paesi più corrotti al mondo.

Aprono gli occhi, cioè, su una realtà che era platealmente sotto gli occhi di tutti, non vista solo e unicamente da chi non voleva vederla.

Alleati ben compresi, a partire dagli Usa, continuando per la trafila degli ‘amici’ UE capeggiata dalla sempre genuflessa nostra premier Giorgia Meloni, ben lieta di abbracciare appena può il grande amico, esternargli solidarietà continua e soprattutto continuare a inviargli armi e super equipaggiamenti militari a volontà. Mentre tanti, troppi italiani sono ridotti alla fame…

Si è cominciato, a Kiev, un mesetto fa con la rimozione di tutti i capi regionali per il reclutamento: licenziati perché, dopo un anno e mezzo di conflitto, le autorità (sic) si sono accorte che prendevano mezzette a iosa per ‘esentare’ dalle trincee amici, e amici degli amici.

E adesso due casi clamorosi, ma ovviamente ‘oscurati’ dal mainstream e ‘censurati’ dai media di casa nostra, regolarmente al servizio dei diktat in costante arrivo dalla Casa Bianca e orchestrati dai due falchi al vertice del ‘Dipartimento di Stato’, Antony Blinken e Victoria Nuland.

Ihor Kolomoysky

Si tratta delle ‘prime’ (sic) indagini ucraine sull’oligarca e grande amico del presidente guitto, Ihor Kolomoysky, di cui la ‘Voce’ ha più volte scritto denunciandone fatti & misfatti (potete leggere gli articoli e le inchieste cliccando sui link in basso).

 

E poi del repentino (ma non imprevisto) licenziamento del ministro della Difesa ucraino, Oleksyj Reznikov, totalmente ‘cieco’ di fronte al caso dei reclutamenti taroccati. Al suo posto è stato scelto dal presidente-pupazzo (nelle mani degli Usa) Rustem Umerov, a totale digiuno di conoscenze in campo militare e fino a ieri a capo del ‘Fondo per le proprietà statali’. Una bella giravolta.

 

Ma vediamo, più da vicino, le due vicende.

 

IL GRANDE SPONSOR DI ZELENSKY-PRESIDENTE

Partiamo dal super oligarca Kolomoysky che è stato il vero asso nella manica per il decollo della carriera di Zelensky: prima via tivvù, poi di marca politica fino all’incredibile trionfo alle presidenziali del 2019, con un plebiscitario 70 per cento dei voti raccolti.

Il Grillo in salsa ucraina, infatti, è stato lanciato dalla tivvù di proprietà dell’oligarca, e in particolare dalla trasmissione ‘Servant the People’, che ricorda – ma solo per il nome – il movimento sessantottino della sinistra di casa nostra. In Ucraina il programma ha fatto segnare un buon successo (ma in Italia, mandato in onda per La 7 di Urbano Cairo, è stato un vero flop) ed è così che patròn Ihor ha puntato, in combutta con la Casa Bianca, le fiche sul cavallo Zelensky per le presidenziali, stravincendole.

Il segreto?

Rustem Umerov

I fiumi di danari investiti dall’oligarca-amico, che ha fatto anche due grossi cadeau immobiliari al neo-presidente: due ville.

Una da mille e una notte, costata la bellezza di 34 milioni di dollari (avete letto bene, 34), a Miami, in Florida; e l’altra, più modesta, nella vicina Italia – guarda caso – lungo la costa più gettonata dai vip, la Versilia, in quel di Forte dei Marmi, un vero affare, un ‘saldo’ da appena 4 milioni di euro. Sarà il buen retiro per il guitto-presidente, quando sarà il caso di levare il disturbo, come ormai molti anche negli Usa si augurano? Staremo a vedere presto.

Il lancio di Kolomoysky nel firmamento ucraino avviene quasi dieci anni fa, con il golpe di piazza Maidan del 2014 che detronizza il presidente democraticamente eletto e dà il via alla serie di capi di Stato-fantoccio: un percorso che viene coronato, appunto, cinque anni dopo, nel 2019, con l’ascesa al potere di Super Volodymyr.

Intanto, in quegli anni, ecco l’irresistibile ascesa dell’oligarca-faccendiere di riferimento. Che ne combina di tutti i colori.

Hunter Biden

Diventa il deus ex machina di ‘BURISMA’, il colosso petrolifero ucraino, un po’ come da noi l’ENI. E nel cui consiglio d’amministrazione entra ben presto uno che di energia non ne capisce un cavolo, ma che ha la fortuna di essere il figlio del vicepresidente degli Stati Uniti: si tratta di Hunter Biden, rampollo di Joe, all’epoca numero due di Barack Obama. Riceve un cachet mensile da migliaia di euro, il rampante Hunter, e da quel trampolino di lancio comincia a tessere una smisurata rete di affari a molti zeri, sulla quale ancora oggi stanno indagando sia l’FBI che la magistratura a stelle e strisce, nonché un’apposita Commissione d’inchiesta del Senato Usa.

L’appetito vien mangiando, e il sempre più ingordo Hunter da allora in poi – sempre all’ombra di cotanto padre, ben a conoscenza dei maxi business del rampollo – ne mette a segno proprio in quegli Stati considerati ‘canaglia’ dall’establishment Usa: come Russia e, soprattutto, Cina, con una sfilza di faccendieri da novanta.

Ma torniamo a bomba. Ossia al Super oligarca e grande amico sia di Zelensky che di Hunter Biden, come abbiamo emblematizzato in una cover story di un anno e mezzo fa, che potete rileggere cliccando sul link in basso.

Non gli bastano gli affari griffati Burisma, né la passione militare attraverso il ‘Battaglione Azov’ di spiccata ispirazione nazi: ma trova il tempo anche per svaligiare le casse della ‘Private Bank’, il primo istituto di credito ucraino.

E cosa poi pensa bene di fare? Di reinvestire una bella fetta del bottino proprio negli Stati Uniti, comprando (e riciclando il denaro rubato dalle casse della Private Bank) una sfilza di aziende, soprattutto nel settore metallurgico.

Tanto attivismo fa drizzare le antenne, un anno fa, all’FBI, che comincia ad indagare sull’oligarca: e quella pista di ‘riciclaggio’ si rivela molto concreta e corposa, tanto che negli Usa il suo nome risulta nella lista dei ‘Wanted’.

E quindi, oggi, arrivano con gran ritardo (di almeno un anno, appunto) le indagini ucraine. Alla faccia della lotta alla corruzione!

Il logo del Servizio di sicurezza interno ucraino SBUSoltanto pochi giorni fa, il 2 settembre, infatti, il ‘Servizio di sicurezza interno ucraino’ (SBU) ha emesso una nota sul super faccendiere, descrivendolo come “proprietario de facto di un grande gruppo finanziario e industriale”, il quale avrebbe trasferito all’estero oltre 500 milioni di grivnie ucraina (pari a 12,5 milioni di euro), “utilizzando l’infrastruttura degli istituti bancari da lui controllati”.

Arrivano tardi e anche male, gli inquirenti e le autorità (sic) di Kiev. Perché la cifra da loro fino ad oggi accertata, ossia l’equivalente di 13 milioni scarsi di euro (pari al costo di un calciatore di bassa levatura) è del tutto irrisoria rispetto alla mole di affari messi a segno, nei soli Usa, dal faccendiere-riciclatore: con quell’importo, al massimo, avrà rilevato un pezzo – o un ramo – di azienda, mentre mancano all’appello una sfilza di altre operazioni di molto maggior peso.

Ma i media ucraini vogliono far vedere al mondo che c’è stata efficienza e trasparenza (sic): l’abitazione dell’oligarca – fanno notare – è stata perquisita da cima a fondo mesi fa, e sono state effettuate accurate indagini sull’evasione dei dazi doganali da parte delle compagnie petrolifere ‘Ukrtatnafta’ e ‘Ukrnafta’, dove c’era sempre lo zampino dell’ubiquo faccendiere e grande amico del presidente-guitto.

 

ECCOCI AL CAMBIO IN DIFESA

Passiamo adesso a qualche nota sul cambio al vertice della Difesa, come accennato all’inizio. Che in non pochi ambienti viene letto come un primo cedimento di Zelensky sul fronte della Crimea.

Ecco, ad esempio, come commenta tutta la vicenda il sito ‘Sputnik International’. “La decisione del presidente ucraino Zelensky di sostituire il suo capo della Difesa è stata vista principalmente come un tentativo di ripulire la corruzione. Ma la nomina di Rustem Umerov, tartaro di Crimea e musulmano, è un segnale che l’Ucraina è seriamente intenzionata a restituire la Crimea”.

Oleksii Reznikov

Così continua il report: “Le speculazioni sulla sostituzione di Oleksii Reznikov, ministro della Difesa ucraino dal novembre 2021, circolano da mesi. Sebbene personalmente non sia accusato di alcun illecito, l’uomo al fianco del presidente Zelensky sin dal primo giorno dell’invasione russa su vasta scala è stato considerato incapace di fermare la corruzione che penetrava nel suo ministero. Gli scandali sugli appalti militari e le accuse di corruzione contro i funzionari dei centri di arruolamento lo hanno reso una merce danneggiata agli occhi della società ucraina, che attualmente ha bisogno di una spinta morale sulla scia di un’offensiva più lenta del previsto”.

Arriviamo al ‘nuovo’ nome.

“E’ qui – prosegue l’analisi di Sputnik – che entra in gioco Rustem Umerov. Il 41enne è un funzionario governativo che nell’ultimo decennio ha diretto il Fondo per le proprietà statali dell’Ucraina, ma è noto soprattutto per aver negoziato con la Russia e per aver organizzato con successo scambi di prigionieri. Non è un completo sconosciuto ma nemmeno qualcuno sotto i riflettori dei media; è un tartaro di Crimea, nato in esilio e un membro attivo di questa comunità etnica che cerca di ripristinare la propria identità culturale e il proprio posto nel mondo. La cosa più importante per gli ucraini è che non è stato accusato di corruzione, appropriazione indebita o profitti illeciti”.

Ancora: “Ciò che ne definisce l’identità, sono le sue radici tartare di Crimea e il ruolo che queste possono svolgere nella ferma intenzione dell’Ucraina di restituire la Crimea. (…) Mentre attaccava l’annessione della penisola del Mar Nero da parte della Russia nel 2014, Umerov si è anche adoperato per negoziare con Mosca per liberare diversi tartari di Crimea, arrestati in Crimea e portati di Ucraina. Parlando alla BBC subito dopo l’inizio dell’invasione su vasta scala nel 2022, Umerov ha affermato di essere determinato a trovare una soluzione politica e diplomatica a questa invasione”.

Infine: “Per ora un attacco militare su vasta scala alla Crimea potrebbe essere lontano, e alcuni osservatori hanno descritto come irrealistiche le intenzioni dell’Ucraina di tornare ai suoi confini pre-2014, che includerebbero la penisola. E la nomina da parte del presidente Zelensky di un indigeno della Crimea a svolgere un ruolo chiave nella realizzazione di queste intenzioni invia un messaggio chiaro: questa è la fine dei giochi di Kiev”.

Di seguito, oltre ai link per leggere quanto scritto dalla ‘Voce’ sulle spericolate imprese di Kolomoysky (e sui legami con Zelensky e Hunter Biden), vi proponiamo (sempre via link in basso) la lettura di una lunghissima ma stimolantissima intervista rilasciata da due grandi esperti di geopolitica internazionale: Pepe Escobar, l’animatore del sito ‘The Cradle’ e Michael Hudson, dei quali abbiamo spesso ripreso gli interventi.

E’ di estrema attualità, come potrete constatare se avrete la pazienza di leggerla fino in fondo. E lo si evince fin dal titolo, “I BRICS più sei, l’Ucraina e l’economia mondiale multipolare”. L’ha tradotta e pubblicata da noi l’ottimo sito di contro-informazione ‘Comedonchisciotte’, che vi consigliamo caldamente di seguire.

 

LINK

I BRICS più sei, l’Ucraina e l’economia mondiale multipolare

 

 

LINK VOCE

HUNTER BIDEN, ZELENSKY & IL SUPER OLIGARCA / MOLTO ATTENTI A QUEI TRE

JOE & HUNTER BIDEN NELLA BUFERA / TORNANO A GALLA I ‘DIRTY BUSINESS’ IN CINA E UCRAINA

HUNTER BIDEN / TUTTI I “DIRTY BUSINESS” DEL FIGLIO DI JOE CON I BIOLABORATORI UCRAINI


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