Nel quasi totale silenzio mediatico, pochi giorni fa è stato varato per tutti i paesi della UE il ‘Digital Service Act’ (DSA), che conferisce alla Commissione europea, guidata da Ursula von der Leyen, pieni poteri in tema di ‘censura’ dei contenuti che viaggiano in rete, al fine – viene dichiarato ufficialmente – di combattere la ‘disinformazione’ e ‘l’incitamento all’odio’.
Nobili obiettivi, ma che presentano un problema di fondo, alto come un grattacielo: chi decide i criteri ‘censori’?
Chi stabilisce i confini della ‘disinformazione’?
Quali saranno, in sostanza, gli arbitri, e quali regole di ‘gioco’ adotteranno?
Se il buongiorno si vede dal mattino – o meglio da quanto è successo negli ultimi 3 anni, caratterizzati soprattutto dalla pandemia, dal conflitto ucraino e dai cambiamenti climatici – sarà buio pesto, notte che più profonda non si può.
Moltissimi contenuti spacciati per ‘no vax’, per fare un solo esempio, sono stati già censurati. Molti autorevoli ricercatori che, su covid & vaccini, la pensano in modo ‘poco ufficiale’, hanno subito pesanti ritorsioni, i lori siti o blog spesso oscurati. Perfino negli Usa, la Casa Bianca ha previsto un piano ad hoc (oggi sotto inchiesta) per far pesanti pressioni sui social media.
Lo stesso discorso vale chi non la pensa secondo le ferree regole del mainstream sul fronte della guerra in Ucraina oppure sul bollente versante dei cambiamenti climatici.
Ma torniamo al DSA, che entrerà in vigore dal 1 gennaio 2024 e del quale pochissimo, praticamente niente, si è discusso al Parlamento europeo, che sta sempre più confermando la sua totale vacuità: e pensare che la prossima primavera si vota per rinnovarlo…
A quanto pare tutte le formazioni politiche allineate e coperte per varare il rigido DSA(tranne i leghisti Ue).
In prima battuta, a tremare saranno le grandi piattaforme online attive in Europa, le quali dovranno rispettare le norme previste, pena il pagamento di multe salatissime, che possono arrivare fino al 6 per cento delle entrale totali annue.
Una mazzata non da poco, anche se si tratta di big che realizzano fatturati da capogiro, come Amazon, Facebook, Twitter (ora X), Google, Instagram, YouTube, Wikipedia per fare solo i nomi più gettonati.
E già cominciano le prime intimidazioni. ll commissario europeo per il mercato interno, Thierry Breton, ha minacciato di chiudere le piattaforme di social media se non rispetteranno per filo e per segno le nuove ‘regole’: ad esempio, nel caso di rivolte civili, come pochi mesi fa è successo nelle banlieu francesi, a cominciare da quella di Parigi. Fu infatti il capo dell’Eliseo Emmanuel Macron a puntare l’indice contro i social, accusati di fomentare l’odio e la ribellione sociale (per fortuna, in Europa restano almeno i ‘cugini’ francesi ad incazzarsi, vuoi per le pensioni vuoi per motivi ‘etnici’).
Arriva a dire l’arcigno Breton, non a caso transalpino: “Avremo apposite squadre che potranno intervenire, se necessario, in modo immediato. Possiamo non solo multare, nei casi più gravi, ma anche vietare l’esercizio delle piattaforme nel nostro territorio”. Somiglieranno alle squadracce del nostro Ventennio? Non ci vorrà molto per verificarlo.
Va ricordato che Breton è stato uno dei primi ad attaccare il padrone di Tesla, Elon Musk, quando ha acquistato Twitter e ha cominciato ad ‘alzare il coperchio’ sulle pressioni esercitate dalla Casa Bianca sui social, ben compreso Twitter, e a pubblicare contenuti ‘scomodi’ per Joe Biden & C.
A quel punto risponde can per padrone e Breton, mesi fa, attacca Musk a muso duro, affermando che in Europa la sua piattaforma, Twitter, avrebbe dovuto sottoporsi ai voleri di Bruxelles. Tanto per far capire l’aria che tirava, tira e dal 2024 tirerà ancor di più (ma ci sono le elezioni, come dicevamo prima…).
Altre dure parole arrivano dalla numero due del Dipartimento ‘Valori e Trasparenza’ (sic) della Commissione Ue, Vera Jourova. La quale ha già messo, con largo anticipo, le mani in avanti e si è detta particolarmente preoccupata per le ingerenze russe in vista proprio del prossimo voto europeo.
Ecco le sue parole: “progressi rimangono troppo lenti su aspetti cruciali, soprattutto quando si tratta di gestire la propaganda di guerra pro-Cremlino e l’accesso indipendente di dati. Il Codice dovrebbe anche iniziare ad affrontare nuove minacce, come l’uso improprio dell’intelligenza artificiale generativa”.
Sembra aver alzato davvero il gomito, anche perché, non soddisfatta, incalza: “Mentre ci prepariamo per le elezioni europee del 2024, invito le piattaforme a intensificare gli sforzi nella lotta alla disinformazione e alla manipolazione dell’informazione russa, e questo in tutti gli Stati membri e in tutte le lingue, grandi o piccole”.
Ovvio, Vate Jourova sa bene da che parte sta la Vera Informazione, quella a stelle e strisce, degli autentici padroni della povera Europa, usata come uno scendiletto; e da che parte, invece, sta la Disinformazione, orchestrata dal ‘macellaio’ al vertice del Cremlino, Vladimir Putin. Tutto chiaro, no?
Commenta ‘Renovatio 21’, uno dei pochi siti di contro-informazione, che quindi ovviamente teme la Fase 2 del DSA, dedicata alle piattaforme di minori dimensioni: “Il perno dell’azione censoria si basa, guarda chi si rivede, sul concetto di emergenza: secondo il DSA la capacità di intervenire da parte dell’europotere dovrà essere ‘rapida’ in caso di ‘crisi’. E cosa sia una ‘crisi’, il documento non lo spiega: la vaghezza, insomma, aiuterà a colpire chiunque, in qualsiasi momento, in qualsiasi contesto”.
Prosegue Renovatio 21: “Possiamo dire di essere fuori dalla ‘crisi’ del Covid? A leggere i titoli dei giornali sulle nuove varianti, no. Possiamo dire di essere fuori dalla ‘crisi’ energetica? Calcolando che il gas russo non è stato ancora sostituito, perché è tecnicamente, al momento, insostituibile, no. Possiamo dire di essere fuori dalla ‘crisi’ economica? No, quella è perfino cantata dai bardi di Bruxelles. Possiamo dire di essere fuori dalla ‘crisi’ climatica? Giammai: quella, lo sappiamo bene, è eterna, alimentata ogni giorno da studi, proteste, misteriosi incendi”.
Infine: “Il contesto in cui viviamo, quindi, è stato definito ‘crisi permanente’. E in una ‘perma-crisi’ (come disse il caporione dell’OMS europeo Hans Kluge) la censura europea, come da regolamento, può abbattersi dove e quando vuole, ‘rapidamente’, come dice il testo del DSA”.
Siamo ormai ben oltre i già drammatici scenari preconizzati da George Orwell…
P.S. Vogliamo chiudere con un esempio concreto.
Fino ad oggi è circolata, in modo praticamente ‘clandestino’, pubblicata solo da alcuni siti di contro-informazione, la clamorosa notizia sui lavori della ‘Commissione parlamentare d’inchiesta’ UE che indaga sulla combine tra la stessa presidente della Commissione UE, von der Leyen, e il CEO di Pfizer, Albert Bourla, per i contratti arcimiliardari (la bellezza di 71 miliardi di euro, avete letto bene, 71!) per l’acquisto dei vaccini Pfizer. Contratti stipulati, tra i due, addirittura via ‘sms’, avete capito bene, ‘messaggini’. Per di più scomparsi, volatilizzati. La Commissione vuole andare fino in fondo: ma fino ad oggi né lady von der Leyen né il Ceo Bourla si sono presentati per rispondere su quei contratti che puzzano di truffa lontano un miglio.
Pensate che da domani in poi (e soprattutto dal 1 gennaio 2024) anche il più coraggioso dei siti non verrà colpito dagli strali censori UE, via oscuramento?
Per quanto ci riguarda, ne abbiamo scritto decine e decine di volte, così come su tanti altri ‘scandali’ circa l’uso del danaro pubblico. E continueremo a farlo: con o senza DSA.
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