“EFFETTI AVVERSI” DEI VACCINI ANTI COVID / UNA ‘STORICA’ SENTENZA DEL TAR LAZIO

Un deciso passo in avanti verso ‘verità’ e ‘trasparenza’ per le morti causate dai vaccini anti covid, che si registrano ormai a decine di migliaia in mezzo mondo e, ovviamente, anche in Italia.

Dove però regna incontrastata la più totale ‘censura’ e ‘disinformazione’, perché far luce sulla tragedia significa confermare le responsabilità di Big Pharma, delle regine-killer ‘Pfizer’ e ‘Moderna’ e – da noi – quelle di chi ha gestito la pandemia in modo scellerato, impedendo ‘scientificamente’ cure e farmaci salvavita prima, e poi fregandosene di controllare ‘efficacia’ e, soprattutto, ‘sicurezza’ dei vaccini.

Il passo in avanti arriva dalla ‘Sezione Terza Quater’ del Tribunale Amministrativo Regione (TAR) per il Lazio, che appena emesso una sentenza nota, nelle sue corpose motivazioni, solo da pochi giorni, per la precisione il 17 luglio.

 

LA VERGOGNA MINISTERIALE

Cosa dice in sostanza la sentenza che può fare ‘storia’?

Che il Ministero della Salute, fino ad oggi, ha mentito sui dati relativi agli effetti avversi prodotti dai vaccini, oscurando, censurando e negando l’accesso a quei dati.

Un fatto di gravità inaudita.

Tutto nasce dal ricorso di un avvocato, Lorenzo Malacarne, che il 16 giugno 2022 ha presentato al Ministero della Salute un’istanza di accesso civico, con la quale “ha chiesto di poter conoscere il numero dei soggetti deceduti nei 14 giorni successivi alla somministrazione della prima dose di vaccino, il cui decesso sia subentrato per qualunque causa, e quindi non necessariamente riconducibile al vaccino”.

Così viene precisato nella sentenza del TAR che chiarisce subito: “La richiesta è motivata dalla circostanza che i dati richiesti sarebbero fondamentali (se incrociati con altri dati statistici) al fine di meglio valutare gli effetti avversi che possono scaturire dalla vaccinazione”.

Più chiari di così!

Continua la minuziosa ricostruzione effettuata dalla sezione del TAR, presieduta da Maria Cristina Quiligotti: “Il successivo 6 luglio il Ministero ha dichiarato la competenza dell’AIFA e ha inoltrato a quest’ultima l’istanza, al fine di darvi seguito”.

Comincia così, in modo vergognoso, lo scaricabarile.

Continua il giudice Quiligotti: “Nelle more, ISTAT, AIFA e Istituto Superiore di Sanità (ISS) si sono dichiarati non in possesso di tali dati. Nella propria risposta, l’ISS ha indicato espressamente il Ministero della Salute quale organo competenze a fornire adeguato riscontro, in quanto titolare del trattamento dati riferibili all’anagrafe vaccinale in forza dell’articolo 5 D.M. 17 settembre 2018”.

Prosegue la ricostruzione del puzzle, contenuta nella sentenza del TAR laziale: “In mancanza di riscontro, l’istante (ossia l’avvocato Malacarne, ndr) ha formulato in data 5-1-2023 istanza di riesame indirizzata al Responsabile della Prevenzione e della Trasparenza, il quale ha invitato la Direzione Generale della vigilanza sugli enti e della sicurezza delle cure e la Direzione Generale della digitalizzazione, del sistema informativo sanitario e della statistica, a fornire un riscontro entro il termine del 24-1-2023. Successivamente, in data 23-11-2023 preveniva la risposta, avverso la quale si ricorre in questa sede, con cui il Ministero della Salute, e nello specifico la Direzione Generale della prevenzione sanitaria, pur non contestando il diritto del ricorrente di accedere alle informazioni richieste, dichiarava che il Ministero della Salute non risulta essere in possesso di tali dati”.

Incredibile ma vero. Sul serio, ai confini della realtà.

La sentenza è molto lunga, la potete leggere nella sua completezza cliccando sul link in basso. Ecco comunque, di seguito, un paio di passaggi salienti e le conclusioni.

 

IL ‘CLOU’ DELLA SENTENZA

Nel riconoscere la piena fondatezza del ricorso, il giudice Qiligotti scrive:

Il diritto di accesso ai documenti amministrativi, oltre ad essere funzionale alla tutela giurisdizionale, consente ai cittadini di orientare i propri comportamenti sul piano sostanziale per curare o difendere i loro interessi giuridici, con la conseguenza che esso può essere esercitato in connessione a un interesse giuridicamente rilevante, anche quando non è stato attivato un giudizio nel corso del quale potranno essere utilizzati gli atti così acquisiti, ovvero proprio al fine di valutare l’opportunità di una sua instaurazione”.

Ancora. “Osserva il Collegio che l’articolo 1 del Decreto del Ministero della Salute del 17 settembre 2018 dispone che: ‘il presente decreto istituisce e disciplina il funzionamento, presso il Ministero, dell’Anagrafe nazionale vaccini, con l’obiettivo di garantire, nell’ambito del monitoraggio dei piani vaccinali sul territorio nazionale, la verifica delle coperture vaccinali in relazione al Calendario vaccinale vigente e l’elaborazione di indicatori a livello nazionale, regionale e aziendale, anche a fini comparativi”.

 

Eccoci al clou, la conclusione che più chiara non si può: “E’ dunque evidente che il Ministero è in possesso dei seguenti dati che dunque dovranno essere ostesi, previo oscuramento delle generalità dei singoli individui: elenco di coloro che si sono sottoposti al vaccino nel periodo 27-12-2020 / 9-1-2022, con indicazione della data di nascita degli stessi, della data in cui si sono sottoposti a vaccino, della dose somministrata ed eventualmente della data del decesso. Laddove il programma del data-base non permetta di acquisire i dati in contestazione attraverso una semplice interrogazione, cioè attraverso un adempimento che sembra implicare un’attività veramente minima, dovranno comunque essere consegnati: l’elenco dei cittadini vaccinati (previo oscuramento delle generalità), l’elenco delle date di nascita, l’elenco delle dosi somministrate, l’elenco delle date in cui sono state somministrate, l’elenco dei decessi con indicazione della data in cui sono avvenuti”.

Infine: “Il conclusione, il ricorso va accolto nelle forme e nei imiti di cui si è detto, con l’obbligo per il Ministero di trasmettere al ricorrente, entro 30 giorni dalla comunicazione della presente sentenza, copia degli atti richiesti, oscurando gli elementi relativi alle generalità dei soggetti vaccinati”.

 

SI COMINCERA’ A FAR CHIAREZZA E GIUSTIZIA?

E allora.

Un deciso passo in avanti per far chiarezza sui decessi post vaccino e quindi iniziare a far luce sia sulle gravissime responsabilità delle case farmaceutiche, che hanno messo in commercio vaccini ‘sperimentali’, ‘inefficaci’ e soprattutto ‘insicuri, come ha più volte sottolineato – inascoltato – il più che autorevole ‘British Medical Journal’ e come la ‘Voce’ ha altrettante numerose volte rimarcato; e le colossali responsabilità delle autorità governative e politiche che hanno consentito tale scempio (a ben poco servirà la Commissione parlamentare d’inchiesta, se mai decollerà, visto il ridicolo perimetro d’azione consentito, al massimo bustarelle su tamponi & banchi a rotelle), e quelle altrettanto gigantesche a livello scientifico, con un CTS totalmente colluso con Big Pharma, le altre autorità scientifiche(sic) totalmente mute (come ISS e AIFA), e il belante stuolo di virologi a blaterare sciocchezze a getto continuo per mesi nei vomitevoli salottini dei talk di casa nostra.

Alla faccia della libera informazione. E, soprattutto, sulla pelle di tanti italiani morti per i prevedibilissimi ‘effetti avversi’ dei vaccini: di tumore o per patologie cardiocircolatorie.

E pensare che un anno e mezzo fa sono cominciati a circolare i primi dati diffusi negli Stati Uniti dai CDC (‘Centers for Deseases Control’): la stratosferica cifra di 10.000.000 (avete letto bene, 10 milioni!) di effetti avversi, di cui il 50 per cento ‘gravi’.

Se ne è fottuto qualcuno da noi, a livello politico, governativo o scientifico, di queste tragiche cifre! Da galera. E invece? Fino ad oggi tutti liberi come fringuelli, gigli che più candidi non si può.

Una vergogna di Stato. E migliaia di morti sulla coscienza per i vaccini; che si aggiungono alle decine di migliaia di vittime innocenti tra febbraio e dicembre 2020 nella scellerata gestione della pandemia.

 

P.S. Come al solito, per saperne di più e leggere articoli e inchieste della ‘Voce’ su personaggi e sigle citate nel pezzo, basta andare alla casella CERCA che si trova in alto a destra della nostra home page. A questo punto, potete digitare, ad esempio, BRITISH MEDICAL JOURNAL, oppure PFIZER o MODERNA per ritrovarne tanti.

 

 

IL TESTO INTEGRALE DELLA SENTENZA DEL TAR LAZIO

 

12013/2023
REG.PROV.COLL.

02584/2023 REG.RIC.

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2584 del 2023,

proposto da
Lorenzo Melacarne, rappresentato e difeso dall’avvocato Lorenzo Melacarne, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro
Ministero della Salute, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l’accertamento
del diritto ad accedere ai dati

– in possesso del Ministero della Salute – richiesti nella propria istanza di accesso civico generalizzato del 29/11/2022 e, per l’effetto, annullare e/o dichiarare illegittima la nota prot. DGPRE n. 2295 del 23/01/2023, Segnatura: 0002295-23/01/2023-DGPRE-MDS-P e ogni ulteriore atto presupposto, connesso o consequenziale, ordinando al Ministero della Salute, in persona del legale rappresentante pro tempore, di comunicare al ricorrente i dati richiesti nell’istanza di accesso del 29/11/2022, e nello specifico il: “numero di soggetti, nonché la relativa età media, ai quali sia stata somministrata la prima dose di vaccino nel periodo 27/12/2020 – 26/12/2021 e che siano deceduti entro 14 giorni dalla somministrazione della dose (ossia nel periodo 27/12/2020 – 09/01/2022) per qualunque motivo, non necessariamente riconducibile alla somministrazione del vaccino”.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero della Salute;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 11 luglio 2023 la dott.ssa Francesca Ferrazzoli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

  1. Questi i fatti per cui è causa.
    In data 16 giugno 2022, l’avv. Melacarne ha presentato al Ministero della Salute istanza di accesso civico ai sensi dell’art. 5, comma 2, D. Lgs. n. 33/2013, con la quale ha chiesto di poter conoscere il numero di soggetti deceduti nei 14 giorni successivi alla somministrazione della prima dose di vaccino, il cui decesso sia subentrato per qualunque causa, e quindi non necessariamente riconducibile al vaccino.
    La richiesta è motivata dalla circostanza che i dati richiesti sarebbero fondamentali (se incrociati con altri dati statistici) al fine di meglio valutare gli eventi avversi che possono scaturire dalla vaccinazione.
    Il successivo 6 luglio il Ministero ha dichiarato la competenza dell’AIFA e ha inoltrato a quest’ultima l’istanza, al fine di darvi seguito.
    Nelle more, ISTAT, AIFA ed Istituto Superiore della Sanità si sono dichiarati non in possesso di tali dati.
    Nella propria risposta, l’ISS ha indicato espressamente il Ministero della Salute quale organo competente a fornire adeguato riscontro, in quanto titolare del trattamento dei dati riferibili all’anagrafe vaccinale in forza dell’art. 5 D.M. 17 settembre 2018.
    Con nuova istanza di accesso civico generalizzato ex art. 5 comma 2 del D. Lgsl. N. 33/2013 datata 29 novembre 2022, l’avv. Melacarne ha chiesto al Ministero della Salute “di poter conoscere i dati relativi al numero di soggetti, nonché la relativa età media, ai quali sia stata somministrata la prima dose di vaccino nel periodo 27/12/2020 – 26/12/2021 e che siano deceduti entro 14 giorni dalla somministrazione della dose (ossia nel periodo 27/12/2020 – 09/01/2022) per qualunque motivo, non necessariamente riconducibile alla somministrazione del vaccino”.
    In mancanza di riscontro, l’istante ha formulato in data 05/01/2023 istanza di riesame indirizzata al Responsabile della Prevenzione e della Trasparenza, il quale ha invitato la Direzione Generale della vigilanza sugli enti e della sicurezza delle cure e la Direzione Generale della digitalizzazione, del sistema informativo sanitario e della statistica, a fornire un riscontro alla richiesta entro il termine del 24/01/2023.
    Successivamente, in data 23/01/2023 perveniva la risposta, avverso la quale si ricorre in questa sede, con cui il Ministero della Salute, e nello specifico la Direzione Generale della prevenzione sanitaria, pur non contestando il diritto del ricorrente di accedere alle informazioni richieste, dichiarava che il Ministero della Salute non risulta essere in possesso di tali dati.
    Con ricorso ritualmente notificato, l’avv. Melacarne ha chiesto l’annullamento e/o la declaratoria di illegittimità della predetta nota del 23 gennaio.
    A sostegno della propria domanda ha articolato i motivi di diritto sintetizzati come segue:
  • “Violazione degli artt. 1, 2, 5 del Decreto del Ministero della Salute del 17 settembre 2018 in combinato disposto con l’art. 3 del D.L. n. 2/2021”: non corrisponderebbe al vero l’affermazione del Ministero di non essere in possesso dei dati richiesti. La manifesta disponibilità dei dati richiesti in capo al Ministero della Salute emergerebbe dalle disposizioni normative che regolano l’Anagrafe Nazionale Vaccini;
  • “Violazione dell’art. 5 D. Lgs. n. 33 del 14 marzo 2013”: il D. Lgs. n. 33/2013 prevede la possibilità per il cittadino di accedere ai dati posseduti dalle pubbliche amministrazioni, anche quando questi non siano soggetti ad un obbligo di pubblicazione. Conseguentemente, il Ministero avrebbe dovuto ostendere i dati richiesti, atteso il perseguimento, da parte dell’istante, di un interesse a valenza pubblica.
    Si è costituito il Ministero, contestando tutto quanto ex adverso dedotto perché infondato in fatto ed in diritto.
    In particolare, l’Amministrazione ha sostenuto che i dati richiesti non sarebbero in possesso del Ministero della Salute: l’Anagrafe costituirebbe un mero database di raccolta di dati volti a monitorare l’andamento del piano vaccinale e l’istanza de qua comporterebbe una attività di elaborazione dati non prevista dalla normativa sull’accesso, “posto che viene richiesto il <>”.
    Alla camera di consiglio dell’11 luglio 2023, la causa è stata trattenuta in decisione.
  1. Il ricorso è fondato nei limiti che si vengono ad illustrare.
  2. E’ d’obbligo una premessa ricostruttiva.
    Il diritto di accesso ai documenti amministrativi ex lege 241/1990, oltre ad essere funzionale alla tutela giurisdizionale, consente ai cittadini di orientare i propri comportamenti sul piano sostanziale per curare o difendere i loro interessi giuridici, con la conseguenza che esso può essere esercitato in connessione a un interesse giuridicamente rilevante, anche quando non è ancora stato attivato un giudizio nel corso del quale potranno essere utilizzati gli atti così acquisiti, ovvero proprio al fine di valutare l’opportunità di una sua instaurazione.
    La tutela giurisdizionale del diritto di accesso, dunque, assicura all’interessato trasparenza ed imparzialità, indipendentemente dalla lesione, in concreto, da parte della pubblica amministrazione, di una determinata posizione di diritto o interesse legittimo, facente capo alla sua sfera giuridica.
    L’accesso civico generalizzato, introdotto nel nostro ordinamento, giusta delega di cui alla l. n. 124/2015, dall’art. 6 del d.lgs. n. 97/2016 che ha novellato l’art. 5, d.lgs. n. 33/2013 (c.d. decreto trasparenza), nonostante alcuni punti di contatto di tipo “testuale”, si pone su un piano diverso rispetto all’accesso documentale di cui alla l. n. 241/1990, che rimane caratterizzato da un rapporto qualificato del richiedente con i documenti che si intendono conoscere, derivante proprio dalla titolarità in capo al soggetto richiedente di una posizione giuridica qualificata tutelata dall’ordinamento.
    Il nuovo accesso civico, che attiene alla cura dei beni comuni a fini di interesse generale, si affianca, senza sovrapposizioni, alle forme di pubblicazione on line di cui al decreto trasparenza del 2013 e all’accesso agli atti amministrativi del 1990, consentendo, del tutto coerentemente con la ratio che lo ha ispirato, l’accesso alla generalità degli atti e delle informazioni, senza onere di motivazione, a tutti i cittadini singoli e associati, in modo da far assurgere la trasparenza a condizione indispensabile per favorire il coinvolgimento dei cittadini nella cura della “cosa pubblica”, oltreché mezzo per contrastare ogni ipotesi di corruzione e per garantire l’imparzialità e il buon andamento dell’Amministrazione.
    Con il d.lgs. n. 33/2013, infatti, viene assicurata ai cittadini la possibilità di conoscere l’organizzazione e l’attività delle Pubbliche Amministrazioni anche attraverso l’obbligo a queste imposto di pubblicare sui siti istituzionali, nella sezione denominata “Amministrazione trasparente”, i documenti, i dati e le informazioni concernenti le scelte amministrative operate, ad esclusione dei documenti per i quali è esclusa la pubblicazione, in base a norme specifiche ovvero per ragioni di segretezza, secondo quanto indicato nello stesso decreto.
    Invero, la giurisprudenza ha reiteratamente precisato che “L’accesso civico generalizzato, azionabile da chiunque senza previa dimostrazione di un interesse personale, concreto e attuale in connessione con la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti e senza oneri di motivazione in tal senso della richiesta, ha il solo scopo di consentire una pubblicità diffusa ed integrale in rapporto alle finalità esplicitate dall’art. 5, comma 2, d.lg. n. 33 del 2013: è funzionale ad un controllo diffuso dei cittadini, al fine di assicurare la trasparenza dell’azione amministrativa e di favorire un preventivo contrasto alla corruzione e concretamente si traduce nel diritto ad un’ampia diffusione di dati, documenti ed informazioni, fermi in ogni caso i limiti di legge a salvaguardia di determinati interessi pubblici e privati che in tali condizioni potrebbero essere messi in pericolo” (cfr. C. di St. n. 60/2021).
    Il comma 6 dell’art. 5 del D.Lgs. 14/03/2013 n. 33 chiarisce che – come per il diritto di accesso “classico” disciplinato dalla L. 241/90 – “il procedimento di accesso civico deve concludersi con provvedimento espresso e motivato nel termine di trenta giorni dalla presentazione dell’istanza”, e che “il rifiuto, il differimento e la limitazione dell’accesso devono essere motivati con riferimento ai casi e ai limiti stabiliti dall’articolo 5-bis”.
    In forza della previsione del comma 11, “restano fermi gli obblighi di pubblicazione previsti dal Capo II, nonché le diverse forme di accesso degli interessati previste dal Capo V della legge 7 agosto 1990, n. 241”.
    Disposizione, questa, che conduce la giurisprudenza amministrativa ad ammettere il concorso degli accessi, perché “nulla infatti, nell’ordinamento, preclude il cumulo anche contestuale di differenti istanze di accesso” (cfr., ex multis, Ad. Pl. 10/2020).
    Avverso la decisione dell’amministrazione competente, l’istante può proporre ricorso al Tribunale amministrativo regionale ai sensi dell’articolo 116 del Codice del processo amministrativo che disciplina il giudizio non solo “contro le determinazioni e contro il silenzio” mantenuto sulle (vere e proprie) “istanze di accesso ai documenti amministrativi”, ma anche “per la tutela del diritto di accesso civico connessa all’inadempimento degli obblighi di trasparenza”, prevedendo che (per entrambe le fattispecie) “il giudice decide con sentenza in forma semplificata; sussistendone i presupposti, ordina l’esibizione e, ove previsto, la pubblicazione dei documenti richiesti, entro un termine non superiore, di norma, a trenta giorni, dettando, ove occorra, le relative modalità”.
  3. Orbene, nella fattispecie in esame, parte ricorrente ha proposto istanza di accesso agli atti ex art. 5 comma 2, D. Lgs. 33/2013, chiedendo al Ministero della Salute “di poter conoscere i dati relativi al numero di soggetti, nonché la relativa età media, ai quali sia stata somministrata la prima dose di vaccino nel periodo 27/12/2020 – 26/12/2021 e che siano deceduti entro 14 giorni dalla somministrazione della dose (ossia nel periodo 27/12/2020 – 09/01/2022) per qualunque motivo, non necessariamente riconducibile alla somministrazione del vaccino”.
    Osserva il Collegio che l’art. 1 del Decreto del Ministero della Salute del 17 settembre 2018 dispone che: “Il presente decreto istituisce e disciplina il funzionamento, presso il Ministero della salute, dell’Anagrafe nazionale vaccini, con l’obiettivo di garantire, nell’ambito del monitoraggio dei programmi vaccinali sul territorio nazionale, la verifica delle coperture vaccinali in relazione al Calendario vaccinale nazionale vigente e l’elaborazione di indicatori a livello nazionale, regionale e aziendale, anche a fini comparativi. I dati contenuti nell’Anagrafe nazionale vaccini sono utilizzati dal Ministero della salute per lo svolgimento delle funzioni e dei compiti amministrativi concernenti la raccolta e lo scambio di informazioni con gli organismi comunitari ed internazionali e la redazione delle relazioni da presentarsi al Parlamento e le altre relazioni o rapporti di carattere nazionale”.
    L’allegato A del suddetto D.M. 17.09.2018 indica i dati memorizzati all’interno del database e segnatamente:
  • “Data di nascita”;
  • “Data decesso”;
  • “Vaccinazione”;
  • “Dose vaccinazione”;
  • “Data effettuazione”.
    L’art. 3 del D.L. n. 2 del 14.01.2021 prevede espressamente l’inserimento nel database dell’ANV dei dati relativi alle somministrazioni di massa dei vaccini anti Covid-19, aggiornati con frequenza giornaliera: “Fermo restando l’obbligo informativo posto in capo alle regioni e alle province autonome ai sensi del decreto del Ministro della salute 17 settembre 2018, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 257 del 5 novembre 2018, istitutivo dell’Anagrafe Nazionale Vaccini, al fine di consentire il monitoraggio dell’attuazione del piano strategico di cui al comma 1, le regioni e le province autonome, attraverso i propri sistemi informativi o, nell’eventualità di cui al terzo periodo del comma 1, attraverso la piattaforma nazionale, trasmettono al Ministero della salute tutte le informazioni, relative alle somministrazioni dei vaccini per la prevenzione dell’infezione da Sars-CoV-2 su base individuale, in conformità al predetto decreto 17 settembre 2018, con frequenza almeno quotidiana e comunque nel rispetto delle tempistiche e delle specifiche tecniche pubblicate nel sito internet istituzionale dello stesso Ministero”.
    E’ dunque evidente che il Ministero è in possesso dei seguenti dati che dunque dovranno essere ostesi, previo oscuramento delle generalità dei singoli individui: elenco di coloro che si sono sottoposti al vaccino nel periodo 27/12/2020 – 09/01/2022, con indicazione della data di nascita degli stessi, della data in cui si sono sottoposti a vaccino, della dose somministrata ed eventualmente della data del decesso.
    Laddove il programma del data base non permetta di acquisire i dati in contestazione attraverso una semplice interrogazione, cioè attraverso un adempimento che sembra effettivamente implicare un’attività veramente minima, dovranno comunque essere consegnati: l’elenco dei cittadini vaccinati (previo oscuramento delle generalità), l’elenco delle date di nascita, l’elenco delle dosi somministrate, l’elenco delle date in cui sono state somministrate, l’elenco dei decessi con indicazione della data in cui sono avvenuti.
    Non può costituire oggetto di ostensione, invece, il dato relativo all’età media perché sicuramente oggetto di rielaborazione (ex multis, TAR Brescia n. 1015/2021).
  1. In conclusione, per le ragioni sopra espresse, il ricorso va accolto nelle forme e con i limiti di cui si è detto, con l’obbligo per il Ministero di trasmettere al ricorrente, entro 30 giorni dalla comunicazione della presente sentenza, copia degli atti richiesti, oscurando gli elementi relativi alle generalità dei soggetti vaccinati.
    Deve invece essere respinta la richiesta di ostensione dell dato relativo all’età media dei vaccinati.
  2. Sussistono giustificate ragioni per disporre la compensazione delle spese legali.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto:
a) annulla il diniego del 23 gennaio 2023 pure in epigrafe indicato, con riferimento ai dati indicati nella parte motiva;
b) ordina alla intimata amministrazione l’esibizione della documentazione indicata nella stessa parte motiva nelle forme e nel termine ivi perentoriamente prescritto;
c) respinge la domanda di annullamento del diniego del 23 gennaio 2023 in relazione alla domanda di ostensione del dato relativo all’età media dei soggetti vaccinati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 luglio 2023 con l’intervento dei magistrati:

Maria Cristina Quiligotti, Presidente

Francesca Ferrazzoli, Primo Referendario, Estensore

Silvia Piemonte, Referendario


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