POLITICI NEL FANGO / “FACCE DI CULO”

Facce di culo. Vengono a dire quattro cazzate, ma noi qui siamo distrutti. Io la mia officina non la potrò mai più riaprire”.

Parole sacrosante. Perfette.

Le ha urlate, con tutta la rabbia in corpo, un piccolo imprenditore romagnolo, intervistato da un cronista e ascoltate nel corso della trasmissione ‘In Onda’domenica sera.

E’ l’unica cosa che si può dire in faccia a questi politici di autentica merda impegnati in un vomitevole bla bla bla mentre l’acqua continua a invadere tutto, il fango sommerge ogni cosa, la tragedia continua.

E loro a dire le solite cazzate, a promettere che tutto tornerà come prima, che nessuno verrà dimenticato o ‘lasciato indietro’ (orride parole sempre più ricorrenti).

Ma non si accorgono, lorsignori, di essere vergognosamente ridicoli?

Fuori posto?

Fuori dal mondo?

In cima alla lista della vergogna la premier Meloni, che ha fatto sapere al mondo di aver rinunciato all’ultima giornata della kermesse a Hiroshima con i potenti della terra per correre a raccontare la buona novella a emiliani e romagnoli, per girare in stivaloni da una famiglia all’altra e portare il conforto del suo governo. Certo, una stretta di mano, una pacca sulle spalle, una parola del premier sono da incorniciare per la vita: Giorgia Santa subito.

E ha fatto tutto – osano dire perfino i sempre più vomitevoli tiggì – con la massima discrezione, senza telecamere al seguito, timida timida.

Sorge spontanea la domanda: ma chi era allora quella figura con l’ipermeabilone e gli stivaloni, appunto, che andava in onda di continuo in tutti i Tg? Una sosia perfetta? Un clone uscito dalle acque padane?

Da vero guinness dei primati. Da rinato Minculpop.

Non era arrivato a tanto nemmeno il caro Benito Mussolini quando in stivaloni andava nelle acque di Comacchio per dare un’occhiata alle sue bonifiche.

Vero, non c’erano le telecamere. Ma lo spirito è lo stesso.

A questo punto strano non veder piombare nelle paludi il numero due del nostro Stato, alias Ignazio Benito La Russa, caso mai accompagnato dall’amico camerata (e un po’ degradarlo, perché è un nazi doc) Roberto Fiore, il fondatore e animatore di ‘Forza Nuova’. Poteva tornare molto utile, il Fiore latitante 9 anni in Inghilterra dopo una condanna mai scontata per tentata strage, per far capire alle popolazioni che da quel fango un giorno spunterà un Fiore…

 

Giorgia Meloni nelle zone alluvionate dell’Emilia Romagna

Altre parole al vento (per non dire altro) dal ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, che non capisce neanche la differenza tra una fava e un pisello, eppure è andato ad occupare quella poltrona, gentile cadeau della cognatina Giorgia Meloni: poteva rimanere tra i capi-partito, ma ora far danni pubblici è davvero un po’ troppo…

Non se la cavano certo meglio i sinistri sinistri. Dal presidente della Regione Stefano Bonaccini che non spiega come mai il suo territorio sia ridotto in quelle penose condizioni e lasciato alla più totale deregulation per anni e anni; alla neo segretaria PD Elli Schlein, le cui prime parole, “non sono un tecnico”, fanno davvero rabbrividire.

Nella bagarre cominciata sulle responsabilità, è gara a chi fa la figura, appunto, più di merda, come giustamente sbraitava l’imprenditore che non ha futuro.

Le responsabilità sono di tutta la classe politica, di governo e di opposizione, locale e nazionale, perché all’unisono, in modo perfettamente consociativo, se ne sono totalmente strafregati di avviare, sul serio, una vera politica di difesa del territorio: che significa lotta all’abusivismo senza tregua quando le immagini ci fanno vedere case costruite a un metro dall’acqua; bonifiche vere e non taroccate; opere idrauliche vere e non farlocche; manutenzioni che non si fanno mai, perché, come diceva qualcuno, “siamo il paese delle inaugurazioni e non delle manutenzioni”.

Stefano Bonaccini con Elly Schlein

Insomma, l’è tutto da rifare, come saggiamente mezzo secolo fa diceva Bartali. Rifare dall’inizio alla fine, da cima a fondo: perché siamo un Paese, una nazione fantasma, costruita con piani paesistici fantasma, piani regolatori fuorilegge, misure nazionali e locali che non servono a niente se non a permettere ogni sorta di abusi, di massacri e di stupri ai danni (vien da dire ‘sulla pelle’) del nostro martoriato territorio.

 

Vogliamo rammentare una vicenda di 30 anni e passa fa: quella dei Regi Lagni, un’area tra le province di Napoli e di Caserta. Ebbene, i lavori per bonificarla vennero finanziati (illegalmente) con i fondi per il dopo-terremoto del 1980: oltre 600 miliardi di vecchie lire ovviamente lievitati fino a sfiorare quasi il tetto dei 1.000.

Sapete cosa è successo? Quei soldi sono finiti tutti nel fango, inghiottiti per realizzare opere di impermeabilizzazione che hanno finito per devastare tutto: ad ogni pioggia s’allagava ogni cosa, un disastro continuo. C’è stato un processo (così come per la ricostruzione post sisma, finito in beata prescrizione a tarallucci e vino) durato anni e che ha portato alla condanna di un paio di piccoli trasportatori. Quei miliardi (quasi mille, non bruscolini) sono finiti nelle tasche di progettisti, politici, faccendieri, imprese di camorra e via di questo passo. E sapete a chi sono state affidate, successivamente, le progettazioni e i lavori per riparare i disastri? Agli stessi progettisti e alle stesse imprese: incredibile ma vero. Così come è vero che nessuno ha pagato un euro di multa né ha passato un giorno, uno solo, in gattabuia.

Questa era l’Italia di Tangentopoli.

Questa è l’Italia di lady Giorgia.


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