BANCHE / E’ ORMAI PANICO NEGLI STATI UNITI

Stati Uniti ormai nel panico.

Continuano, in drammatica sequenza, i crac bancari, per la disperazione di tanti cittadini che vedono i loro risparmi in forte pericolo.

Ha aperto le danze, un mese e mezzo fa, come ricordate, la ‘Silicon Valley Bank’, un fallimento non da poco, perché si è trattato dell’istituto di riferimento per tante aziende di alta tecnologia (le ‘high tech’) nate, appunto, nella celebre Silicon Valley con l’aiuto di quella banca.

Poi è andata in grave difficoltà la ‘First Republic Bank’, salvata (inglobata in realtà) in extremis dal colosso ‘Jp Morgan’ con un notevole salasso finanziario.

Quindi, pochi giorni fa, ha perso quasi metà del suo valore, in un sol botto, ‘Pac West’, quartier generale a Los Angeles.

S’è poi innescato un effetto a catena. E’ arrivata a perdere in 24 ore addirittura il 62 per cento la ‘Western Alliance’, dopo le notizie, uscite sull’autorevole ‘Financial Times’, di possibile vendita per la drastica riduzione dei depositi.

Come contagiate da un virus che più veloce e pericoloso non si può, in rapida sequenza hanno perso quota a Wall Street ‘First Horizon’, che ha bruciato in un giorno un terzo del suo valore, ‘Zions Bank’ (-18 per cento) e ‘Keycorp’ (-14 per cento).

Jerome Powell

La prima, in particolare, ha subito il contraccolpo derivante dalla mancata fusione con una big canadese del credito, ‘Toronto Dominion’.

In tutto questo bailamme, a ben poco sono servite le rassicurazioni fornite dal presidente della ‘Federal Reserve Board’ (FED), Jerome Powell, che ha continuato a ribadire la solidità (sic) del sistema bancario a stelle e strisce.

Parole che fanno il paio con le esternazioni del capo della Casa Bianca, Joe Biden, il quale dopo il clamoroso crac della ‘Silicon Valley Bank’ aveva cercato di mettere una pezza a colori e fare il pompiere: “Nessun rischio per i risparmiatori che non perderanno un dollaro. Il nostro sistema bancario è solidissimo”. Lo stiamo verificando giorno dopo giorno, con i fallimenti, quasi fallimenti, perdite gigantesche di valore e salvataggi in corner. Uno scenario del credito da post tsunami. E pensare che ad uscire devastata dalla politica delle sanzioni contro la Russia doveva essere l’economia e la finanza di quel paese.

Mentre sta succedendo esattamente il contrario: sono gli Usa ad accusare il colpo e rischiano il ko. Mentre sul versante opposto di sta rafforzando ogni giorno di più il sistema dei BRICS (acronimo di Brasile-Russia-India-Cina-Sudafrica), che sta intensificando i rapporti economico-commerciali di cooperazione e, soprattutto, sta ricevendo continue domande di adesione da parte di paesi un tempo chiamati ‘in via di sviluppo’ e che non sopportano più il sistema basato sul dollaro: sono addirittura 18 che bussano alla porta dei BRICS negli ultimi mesi, quando la spinta alla ‘de-dollarizzazione’ si fa sempre più forte.

E rammentiamo che è di appena due mesi fa la nomina dell’ex presidente del Brasile (fedelissima dell’attuale capo dello stato carioca, Ignacio Lula da Silva) Dilma Rousseff a capo della neonata banca dei BRICS. Una oppositrice storica al sistema finanziario internazionale basato su re-dollaro, Rousseff. E tutto ciò contribuisce ad alimentare paure crescenti ai vertici della Casa Bianca, in tutto il sistema finanziario e di potere Usa, nel ‘Deep State’ che detta legge da un ventennio in America.

Janet Yellen

A questo quadro a tinte che più fosche non si può, per gli Usa, si aggiunge l’ultimo colpo da novanta. Ossia il drammatico SOS lanciato pochi giorni fa dal Segretario del Tesoro, Janet Yellen, la quale ha dichiarato senza peli sulla lingua: “Dal 1 giugno possiamo essere tecnicamente una nazione in default, se non riusciamo a sforare sul limite massimo della spesa che ci consente di pagare gli stipendi ai dipendenti pubblici e, soprattutto, gli interessi dovuti agli obbligazionisti che possiedono i titoli del nostro debito. Per questo è assolutamente necessario che repubblicani e democratici trovino in tempi brevissimi un accordo per varare un provvedimento, votato dal Congresso, per sfondare quel tetto di spesa”.

Ha suonato le campane a morto anche Joe ‘Sleepy’ Biden: “Non è mai successo, nei 200 anni di storia degli Stati Uniti, che il governo non riesca ad onorare i suoi impegni con i cittadini. Fate che non succeda adesso”.

Ma il conto alla rovescia è ormai iniziato e mancano pochi giorni per trovare un accordo tra repubblicani (che insistono per tagli alla spesa) e democratici (che invece vogliono spendere sempre di più per l’industria delle armi, in direzione Kiev e Taiwan).

Ha profeticamente delineato lo scenario il famoso economista francese Jacques Attali: “Prevedo uno tsunami finanziario mondiale per agosto, e parte dagli Stati Uniti. Se trovano una soluzione sarà solo di brevissimo respiro. Un’agonia che si prolunga di qualche mese e tutto sarà ancora peggiore”.

Il destino per le finanze (e perciò le economie) occidentali sembra quindi segnato.

Soprattutto se il virus si propaga in Europa: già anticipato dal più che clamoroso crac del ‘Credit Suisse’, una delle più potenti banche europee, inglobato dal colosso ‘UBS’: l’istituto elvetico che oggi vale il 40 per cento del PIL nazionale.

Incredibile ma vero.

Di seguito ecco i link che vi faranno leggere alcune interessanti analisi appena pubblicate da alcuni siti di contro-informazione sulle tempeste finanziarie di queste settimane.

 

LINK

Non è solo bancaria. Negli Usa ha avuto inizio una crisi sistemica!

 

Un banca fallita al giorno toglie il sistema di torno?

 

Il CEO di UBS è ora il vero governo della Svizzera – mentre la de-dollarizzazione avanza anche lì

 

 

 

LINK VOCE

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