“Ci minaccia una immensa crisi finanziaria”.
E’ la catastrofica previsione del celebre economista francese Jacque Attali, contenuta in un breve intervento che ha appena pubblicato sul suo sito.
Tanto per contentare i profeti di sventure, Attali fa anche una data: “forse agosto”. Del 2023. Tra pochi mesi, dunque…
Scorriamo a questo punto subito i passaggi salienti del suo angoscioso e angosciante scritto, che potete leggere nella sua interezza (e in lingua originale) cliccando sul link in basso.
Ecco l’incipit. “Si profila un’enorme crisi finanziaria. A meno che non agiamo rapidamente, colpirà probabilmente durante l’estate del 2023. E se dovesse tardare di qualche mese, poi colpirà ancora più duramente. Abbiamo ancora tutto per evitare il baratro, a patto di capire che è in gioco tutto il nostro modello di sviluppo”.
“La situazione mondiale è oggi tenuta insieme solo dalla forza del dollaro, esso stesso legittimato dalla potenza economica, militare e politica degli Stati Uniti, che resta il primo rifugio del capitale nel mondo. Tuttavia, ora sono minacciati da una gravissima crisi di bilancio, finanziaria, politica e climatica”.
“Il debito pubblico americano raggiunge il 120 per cento del PIL, senza tener conto delle garanzie date dall’amministrazione federale ai vari sistemi pensionistici degli agenti federali né del necessario finanziamento dei futuri disastri climatici. Tuttavia, da metà gennaio 2023 il Tesoro degli Stati Uniti ha raggiunto il limite di ciò che ha il diritto di prendere in prestito (31,4 trilioni di dollari)”.
“Gli stipendi dei dipendenti pubblici e dell’esercito non vengono più pagati se non tramite espedienti, che il Segretario del Tesoro dice di non poter prorogare oltre l’inizio di luglio. I repubblicani, che controllano la Camera dei Rappresentanti, si preparano a proporre quelli che la Casa Bianca stanno già denunciando come ‘tagli devastanti che indebolirebbero la sicurezza nazionale mentre grava sulle famiglie lavoratrici e della classe media’. E il piano dei democratici non ha migliori possibilità di essere adottato. Gli americani potrebbero cavarsela ancora una volta con un altro aumento del tetto del debito, cosa che nessuno vuole. E questo non risolverebbe nulla”.
“Il debito privato non è in uno stato migliore: ha raggiunto i 16.900 miliardi di dollari, cioè 2.750 miliardi in più rispetto a prima della crisi del Covid-19; cioè 58.000 dollari per adulto americano; o addirittura l’89 per cento del reddito disponibile delle famiglie americane”.
“Una buona parte finanzia solo la spesa per consumi e l’acquisto di abitazioni; in particolare, il debito immobiliare ha raggiunto il 44 per cento del reddito disponibile delle famiglie americane, cioè il livello storico più alto, superiore a quello del 2007. E gli americani più poveri continuano a prendere in prestito, con la garanzia della Federal Housing Administration, per acquistare alloggi con un acconto limitato al 5 per cento ma rate mensili fino al 50 per cento del loro reddito! Sistema insostenibile. Il 13 per cento di questi prestiti è già in default e questo rapporto aumenta ogni giorno”. (…)
“A ciò si aggiunge un clima rivoluzionario, dove nessuno può escludere una crisi costituzionale che potrebbe portare, secondo alcuni, anche alla secessione di alcuni stati”.
“Il resto del mondo soffrirebbe terribilmente di una simile crisi. L’Europa, essa stessa terribilmente indebitata, precipiterebbe in una recessione, perdendo mercati di esportazione senza che la sua domanda interna possa prendere il sopravvento. Lo stesso per la Cina. Solo la Russia, che non ha più niente da perdere, dovrebbe guadagnarci”.
“Non si può pensare che la crescita attuale basti a inghiottire questo debito, come avvenne nel 1950: il rapporto del FMI, per il suo Annual Meeting di questa settimana, è lucido su questo punto, anche se incredibilmente discreto sul sistema dei rischi finanziari che corrodono l’economia del suo principale azionista, l’americano”.
“Pochi, troppo pochi esperti sussurrano ormai che una grande crisi finanziaria scoppierà, come tante altre prima, nella seconda metà di agosto: come nel 1857, nel 1971, nel 1982 e nel 1993. Ma in quale anno? Forse agosto 2023”.
“Come evitarlo? Ci sono quattro soluzioni a questo: economie radicali, nello stesso modo di sviluppo, che creeranno solo miseria e violenza; stimolo fiscale e monetario (che non farà altro che posticipare la scadenza); la guerra (che porterà al peggio, prima forse di aprire l’opportunità ai pochissimi sopravvissuti). E infine un radicale riorientamento dell’economia mondiale verso una nuova modalità di sviluppo, con un rapporto completamente diverso con la proprietà dei beni di consumo e delle abitazioni, riducendo sia il debito che l’impronta climatica”.
“Naturalmente nulla e nessuno è disposto ad attuarlo; e, se lo faremo forse un giorno, probabilmente non sarà al posto della catastrofe, che è ancora evitabile: ma dopo che si è verificata”.
Parole sibilline, non poco criptiche le ultime. Per contestualizzarle meglio, forse val la pena di ripercorrere il senso di una delle ultime opere di Attali, quella illuminante ma al tempo stesso distopica visione del mondo contenuta ne ‘La breve storia del futuro’, uscito nel 2016 (in Italia per i tipi di ‘Fazi Editore’).
S’interrogava tra l’altro, in quel pamphlet, Attali: la crisi finanziaria iniziata nel 2008 finirà con un ritiro dell’onnipotenza Usa? Le nuove tendenze renderanno possibili altre forme di dittatura?
L’economista francese parla delle 5 ondate del futuro (e qui entriamo subito nella dimensione distopica), la prima delle quali riguarda il decennio 2015-2025 (e ci siamo proprio dentro). Caratterizzata da sconvolgimenti demografici, escalation del terrorismo, cambiamenti climatici, esaurimento delle risorse, ascesa di nuove potenze, declino dello stile di vita occidentale.
Il crollo dell’Impero Americano, quindi, contraddistingue proprio la prima ondata. Poi si passa (seconda ondata) ad un mondo policentrico; sul quale dominerà (terza ondata) un ‘iperimpero’, percorso da un iperconflitto (quarta ondata) dalle conseguenze inimmaginabili.
L’umanità – fa intendere Attalì – sembra andare verso il proprio annientamento. Ma c’è un… ma, ossia una fiammella che porta alla speranza. In cosa consiste?
Sostiene l’autore: tutto può cambiare se entra in gioco una nuova categoria di uomini, che lui definisce gli ‘iperumani’, ossia “individui particolarmente sensibili a questa storia di un diverso futuro ancora possibile”. La partita si gioca proprio su questo terreno: ossia se gli ‘iperumani’ riusciranno a dar vita ad “una nuova classe creativa, portatrice di innovazioni sociali, tecnologiche e artistiche”, capace di costruire una “iperdemocrazia a livello planetario” (e qui arriviamo alla quinta ondata), in cui “la povertà sarà eliminata, la libertà tutelata dai suoi nemici, l’altruismo assunto come valore essenziale”. “Allora nuovi modi di vivere germoglieranno e le generazioni future erediteranno un mondo e un ambiente migliori”.
Dopo tanta paura e catastrofi dietro l’angolo, si tratta di utopie, sogni, speranze o che?
Prima di tutto, vediamo come va ad agosto 2023…
LINK
“Une immense crise financière menace”
Scopri di più da La voce Delle Voci
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.
Un commento su “JACQUES ATTALI / UNA IMMENSA CRISI FINANZIARIA CI MINACCIA, E PRESTO. MA…”