STATI UNITI NEL CAOS / E’ ‘BIDENGATE’, UN CORO CRESCENTE DI PESANTISSIME ACCUSE. E I CRIMINI DI FAUCI 

Stati Uniti ormai nel pallone, in pieno caos. I vertici della Casa Bianca sotto accusa; FBI e CIA ormai ai ferri corti anche per la tragedia dell’11 settembre; la crisi economica, finanziaria e sociale di dimensioni sempre più eclatanti; generali in pensione e anche in attività che si ribellano contro il Deep State; il fantasma di un devastante conflitto nucleare con la Cina sempre più concreto per il caso Taiwan.

E’ ormai un inestricabile e sempre più interminabile elenco di fatti & misfatti a stelle e strisce quello che ogni giorno cresce sempre di più, con un potere politico che sente il terreno franare progressivamente sotto i piedi, tanti i fronti aperti che ormai, appunto, non si contano più.

E le primarie democratiche che si avvicinano, con un Joe Biden incerto se ricandidarsi (visti anche i sondaggi) che apostrofa un giornalista che solo osa chiedergli quando scioglierà la riserva. Mentre si affaccia con prepotenza il rivale in campo dem, che ha appena confermato la discesa in campo, Robert Kennedy junior.  E i primissimi sondaggi già dicono che una buona fetta degli elettori di Biden (già il 15 per cento circa) sarebbe subito disposto a preferirlo rispetto a Joe ‘Sleepy’ Biden, che ha sul groppone una serie di guai giudiziari che pesano come macigni.

E allora cominciamo questo mosaico di news, sui vari fronti, proprio dalle grane con la giustizia.

 

LE TRUFFE DEI BIDEN SONO SCONVOLGENTI

Ron Johnson

Le truffe dei Biden sono sconvolgenti”. Va subito giù duro il senatore americano Ron Johnson nel corso di un’intervista appena rilasciata ad uno dei canali più visti negli Usa, ‘Fox News’, riferendosi ai tanti episodi di corruzione che stanno investendo, come una valanga, il numero uno della Casa Bianca, Joe Biden, ed il rampollo Hunter Biden, da tempo sotto i riflettori dell’FBI che però ha paura di ‘irritare’ i ‘manovratori’.

Johnson, infatti, ha dichiarato che i recenti documenti bancari citati in giudizio confermano le conclusioni sue e del senatore Chuck Grassley nel rapporto già redatto nel 2020 (quindi prima del voto presidenziale) sullo ‘schema di vendita di influenza della famiglia Biden’.

Ecco le sue parole ai microfoni di ‘Fox News’: “Il senatore Grassley ed io abbiamo esposto il caso contro la malvagia famiglia Biden (testuali le parole, ndr) nel settembre 2020 prima delle elezioni. Il nostro rapporto è stato completamente ignorato dai media, proprio come hanno ignorato il laptop di Hunter Biden (il computer con tutte le operazioni sporche, ndr). E quindi quello che stiamo scoprendo ora sono solo nuove prove delle truffe in cui è stata coinvolta la famiglia Biden: i registri bancari che sostanzialmente confermano ciò che i registri del Tesoro hanno mostrato dal rapporto del senatore Grassley e del mio”.

All’inizio di aprile, infatti, il ‘Comitato di supervisione’ della Camera ha citato in giudizio quattro importanti istituti finanziari per documenti bancari relativi alla ‘rapina’ portata a termine dalla famiglia Biden: si tratta di ‘Bank of America’, ‘JPMorgan Chase’, ‘HSBC’ e ‘Cathay Bank’.

John Robinson Walker

In un memorandum redatto pochi giorni fa, il 16 aprile, e titolato “Nuove prove risultanti dall’indagine della Commissione di Supervisione sui piani commerciali e di influenza della famiglia Biden”, viene aggiunto un nuovo tassello al già pesante contesto probatorio. Il Comitato di Supervisione, infatti, ha da poco ottenuto documenti finanziari relativi a una ‘new entry’ nella dirty story: si tratta di John Robinson Walker, che viene descritto come un “socio della famiglia Biden”.

Nel memorandum si sostiene che una società di Walker “ha ricevuto un bonifico di 3 milioni di dollari da una società cinese nel marzo del 2017, meno di due mesi dopo che il vicepresidente Joe Biden (era infatti il numero due di Barack Obama, ndr) ha lasciato l’incarico pubblico e che il signor Walker ha poi trasferito un milione di dollari su vari conti bancari associati con i Biden nei mesi successivi”.

Johnson ha poi dichiarato che la vasta operazione di traffico d’influenza dei Biden mirava anche ai fondi sovrani di oltre una dozzina di nazioni. Secondo il rapporto precedente, le e-mail visionate da ‘Fox News Digital’ dimostrano che anche i fondi sovrani in Irlanda, Oman e Qatar sono stati sfruttati dalla Biden  dinasty.

Non ha dubbi in proposito, Johnson: “Il nostro rapporto mostra qualcosa come una dozzina di Paesi diversi in cui Hunter Biden stava di nuovo spacciando il nome della famiglia, cercando di vendere influenza. E penso che il tentativo di attingere ai fondi sovrani… sia piuttosto rivelatore”.

E ha concluso la sua intervista con parole al cianuro: “Il livello in ci è compromesso questo presidente è semplicemente sbalorditivo”.

Altro che Watergate!

Da notare che le 4 banche citate in giudizio sono tutte coinvolte in grosse questioni geopolitiche. ‘JP Morgan’, lo ricordiamo bene noi in Italia, fu molto ‘vicina’ a Matteo Renzi quando si trattò di   sponsorizzare la campagna referendaria contro la nostra Costituzione, poi finita con una sonora sconfitta per il numero uno di ‘Italia Viva’, il quale aveva promesso solennemente che in caso di insuccesso si sarebbe ritirato dalla scena politica: e oggi ce lo abbiamo ancora tra i piedi a recitare la sceneggiata con l’odiato-alleato di ‘Azione’, Carlo Calenda

HSBC’, ossia l’ex ‘Hongkong and Shangai Bank’, ha gestito per anni e anni traffici di droga ai tempi delle guerre dell’oppio contro la Cina: e sapete qual era il suo partner finanziario? Proprio JP Morgan: Dio li fa e poi li accoppia. Ancora: dieci anni fa esatti, l’ex direttore dell’FBI, Jim Comey, è entrato in pompa magna nel board di HSBC. Perché conosceva bene, Comey, quei traffici? O forse per ‘moralizzarla’ (sic), visto che HSBC aveva riciclato palate di miliardi di dollari, finendo per pagare una multa record da quasi 2 miliardi di dollari?

Fondata da immigrati cinesi negli Usa una sessantina d’anni fa, ‘Cathay Bank’viene descritta nel rapporto come una “banca collegata alla Cina”. E nel 2021 ha firmato un accordo proprio con ‘HSBC Bank Usa’ per l’apertura di una sfilza di filiali lungo tutta la costa occidentale, tra cui una dozzina tra la California e Washington.

 

RAND PAUL CONTRO I CRIMINI FIRMATI FAUCI  

Passiamo ad un altro senatore coraggioso, Rand Paul, che non perde occasione per denunciare fatti & misfatti dell’amministrazione Biden e degli organismi controllati dalla Casa Bianca, soprattutto quelli dediti a Sicurezza & Intelligence.

Ron Paul

Pochi giorni fa nel suo mirino è finito il ‘DHS’, ossia il ‘Dipartimento della Sicurezza Interna’ degli Usa, l’equivalente del nostro ministero per gli Interni, partorito nel 2002 dall’amministrazione griffata George W. Bush. In occasione della presentazione del bilancio DHS di previsione per il 2024, è intervenuto in modo fortemente critico uno dei membri della  Commissione per la sicurezza interna e gli affari governativi del Senato: proprio Rand Paul, che già l’anno scorso aveva attaccato a testa bassa il Segretario per la sicurezza interna, Alejandro Mayorkas. Nel 2022, infatti, accusava senza mezzi termini il Dipartimento della Sicurezza – incaricato dal governo di dar battaglia alla ‘disinformazione’ – di essere il primo a generarla, quella ‘disinformazione’, a proposito di contrasto alla pandemia. Ridicola la pezza a colori piazzata da Mayorkas: “non sono un esperto di salute pubblica”.

Questa volta l’obiettivo di Rand Paul è “la renitenza da parte del Dipartimento di indagare sulle origini del Covid-19”. E spara una bordata da novanta: “In realtà la fonte più significativa di disinformazione sulla pandemia con la maggiore influenza ed impatto sulla vita delle persone è proprio il Governo degli Stati Uniti. Il nostro attuale Governo è il più grande divulgatore di disinformazione”. Un vero ceffone a Biden, Anthony Fauci & C.

E proprio nove papaveri, cioè altissimi funzionari della Casa Bianca (tra cui ovviamente Fauci, che è appena andato in pensione), sono oggi inquisiti da due procuratori generali che non mancano di coraggio, Jeffry Landry in Louisiana e Erich Schmitt in Missouri. Che da settembre seguono due filoni d’inchiesta. Guarda caso, riguardano proprio la ‘disinformazione’ in tema di pandemia e il controllo censorio adottato con tutti i social media; e le ancora misteriose origini del Covid, con il forte sospetto (ma   è una realtà) che le famigerate ricerche condotte nei laboratori dell’Istituto di Virologia di Wuhan sul ‘gain of function’ siano stati finanziati in gran parte dal ‘National Institute of Allergy and Intectious Deseases’ – NIAID guidato praticamente a vita (dal 1984 al 2022) da Fauci, che si è servito – per far transitare i soldi – della società paravento ‘EcoHealth Alliance’ dell’amico e compare di merende Peter Daszak.

E proprio Rand Paul ha preso di petto, nel corso della presentazione del bilancio DHS, il giallo di Wuhan, lanciando una pesantissima accusa contro Fauci, le cui decisioni e valutazioni sul Covid “hanno permesso a milioni di morire”. Da ‘Corte penale internazionale’: peccato non conti un cavolo, sia totalmente taroccata e comunque attualmente impegnata nel ratto dei bimbi ucraini orchestrato da Vladimir Putin!

John Ratcliff

Non è finita ancora. Perché è proprio fresca fresca una ‘storica’ ammissione. Nel corso di un’udienza alla Camera Usa sulle origini della pandemia, ha ammesso l’ex direttore dell’Intelligence nazionale Usa, John Ratcliff: “Una fuga dal laboratorio è l’unica spiegazione credibilmente supportata dalla nostra Intelligence, dalla scienza e dal buona senso”.

Era ora! L’ammissione, finalmente, che il virus è ‘artificiale’, quindi prodotto in laboratorio: cosa che Fauci ha sempre inesorabilmente negato, con una totale faccia di bronzo!

E durante la stessa udienza, l’ex vice segretario di Stato aggiunto, David Feith, ha sostenuto che i funzionari del ‘Dipartimento di Stato’ (guidato dai super falchi Tony Blinken e Victoria Nuland) erano nettamente contrari ad indagare su quel ‘gain of function’ griffato Fauci: perché altrimenti – motivavano – “si apre il Vaso di Pandora”. E quel Vaso, ora, comincia ad aprirsi.

 

PREPARATIVI DI GUERRA PER TAIWAN

Passiamo al giallo made in Taiwan. E scorriamo in rapida carrellata i pareri di autorevoli militari a stelle e strisce sulle crescenti possibilità di un conflitto – a questo punto nucleare – con la Cina.

Ecco cosa scrive il reporter statunitense Dave DeCamp in una nota del 19 aprile: “L’ammiraglio John Aquilino, capo del comando Indo-Pacifico degli Stati Uniti, ha dichiarato martedì al Congresso che gli Usa devono essere pronti a ‘combattere e vincere’ una guerra contro la Cina per Taiwan’. ‘Sono responsabile di trovare un modo per prevenire questo conflitto oggi e, se la deterrenza dovesse fallire, essere in grado di combattere e vincere’, ha detto Aquilino.

Commenta DeCamp: “Aquilino e altri funzionari statunitensi sostengono che gli Usa devono aumentare il sostegno a Taiwan, sia militarmente che diplomaticamente, per prevenire un attacco cinese sull’isola. Ma la Cina ha aumentato la pressione militare su Taiwan in risposta ai crescenti legami tra Washington e Taipei”.

E ancora: “Il generale dell’aeronautica militare Mike Minihan, capo dell’Air Mobility Command, ha dichiarato in un pro memoria ai suoi ufficiali che gli Stati Uniti e la Cina potrebbero essere in guerra nel 2025. I commenti sono l’ultimo esempio di funzionari militari statunitensi che parlano apertamente del fatto che si stanno preparando per una guerra con la Cina. Il segretario dell’Esercito americano, Christine Wormuth, ha anche affermato che gli Stati Uniti devono essere pronti a battere la Cina in una guerra nell’Asia del Pacifico, rafforzando la propria presenza militare nella regione”.

Christine Wormuth

E già nelle settimane scorse altra benzina è stata gettata sul fuoco. Un generale di alto rango ha dichiarato: “Vado in pensione nel 2025 e sono certo di festeggiare quella data con la mia ultima missione a Taiwan”. Un altro super stellato in vena di profezie belliciste ha previsto, in caso di possibile e prossimo conflitto con la Cina, il bombardamento della più gigantesco complesso industriale di Taiwan, dove viene prodotta oltre la metà dei microchip che tanto servono alle economie occidentali: “Lo     faremo di sicuro, purchè quel complesso non finisca nella mani dei cinesi”.

Passiamo, infine, alla lucidissima analisi firmata da un generale statunitense che ha un pedigree di guerra lungo mezzo chilometro: si tratta di Douglas Mc Gregor, che ha combattuto nella Guerra del Golfo, poi è stato protagonista dei bombardamenti NATO in Jugoslavia, quindi ha preso parte all’invasione dell’Iraq. Venne proposto da Donald Trump come ambasciatore Usa in Germania, ma il Senato bloccò quella nomina. Odiatissimo da Liz Cheney, la figlia del più guerrafondaio dei vicepresidenti a stelle e strisce, il numero due   di Bush senior, Dick Cheney: lo etichetta come ‘Putin’s wing GOP’, che vuol dire ‘l’ala di Putin all’interno del GOP’, ossia il Partito Repubblicano.

Il pezzo del quale riportiamo i passaggi salienti è stato appena pubblicato da ‘The American Conservative’ (ad ennesima dimostrazione che i ‘democratici’ – sic – sono molto più reazionari e guerrafondai dei repubblicani, i GOP!) e si intitola ‘The Gathering Storm’, ossia ‘La Tumultuante Tempesta’. In basso, comunque, trovate il link per poterlo leggere nella sua versione originale integrale.

Cediamo dunque la parola al pluridecorato generale MacGregor.

 

PARLA IL SUPER GENERALE DOUGLAS MACGREGOR

Ecco l’incipit: “La crisi del potere nazionale americano è iniziata. L’economia statunitense si sta ribaltando e i mercati finanziari occidentali sono in preda al panico. Minacciati dall’aumento dei tassi di interesse, i titoli garantiti da ipoteca e buoni del Tesoro Usa stanno perdendo valore. Le proverbiali ‘vibrazioni’ del mercato – sentimenti, emozioni, convinzioni e inclinazioni psicologiche – suggeriscono che è in corso una svolta oscura all’interno dell’economia americana”.

Douglas McGregor

“Il potere nazionale americano è misurato tanto dalla nostra capacità militare quanto dal potenziale economico e dalle prestazioni. La crescente consapevolezza che la capacità militare-industriale americana ed europea non può tenere il passo con le richieste ucraine di munizioni e attrezzature è un segnale minaccioso da inviare durante una guerra per procura che Washington insiste che il suo surrogato ucraino stia vincendo”. (…) “La Russia contemporanea ha abilmente coltivato il sostegno alla sua causa in America Latina, Africa, Medio Oriente e Asia meridionale. Il fatto che le sanzioni economiche dell’Occidente abbiano danneggiato le economie degli Stati Uniti e dell’Europa, trasformando il rublo in una delle valute più forti del sistema internazionale, non ha certo migliorato la posizione globale di Washington”.

La politica di Biden di spingere con la forza la NATO ai confini con la Russia ha forgiato una forte comunanza di interessi commerciali e di sicurezza tra Mosca e Pechino che sta attirando partner strategici nell’Asia meridionale come l’India e partner come il Brasile in America Latina. Le implicazioni economiche globali per l’emergente asse russo-cinese e la loro rivoluzione industriale pianificata per circa 3.9 miliardi di persone nell’Organizzazione per la cooperazione di Shangai (SCO) sono profonde”.

“In sintesi, la strategia militare di Washington per indebolire, isolare o addirittura distruggere la Russia è un colossale fallimento e il fallimento pone la guerra per procura di Washington con la Russia su un percorso davvero pericoloso. Andare avanti, imperterriti, di fronte alla caduta dell’Ucraina nell’oblio, ignora tre minacce metastatizzanti: 1. Inflazione persistentemente elevata e tassi di interesse in aumento che segnalano la debolezza economica (il primo fallimento di una banca americana dal 2020 è un promemoria della fragilità finanziaria degli Stati Uniti). 2. La minaccia alla stabilità e alla prosperità all’interno delle società europee sta già vacillando a causa di diverse ondate di rifugiati/migranti indesiderati. 3. La minaccia di una guerra europea più ampia”.

“Anche il Segretario di Stato Antony Blinken, accanito sostenitore della guerra per procura con Mosca, riconosce che la richiesta del presidente ucraino Volodymyr Zelensky che l’Occidente lo aiuti a riconquistare la Crimea è una linea rossa per Putin che potrebbe portare a una drammatica escalation con Mosca”.

“Arretrarsi dalle richieste maligne e assurde dell’amministrazione Biden di un umiliante ritiro russo dall’Ucraina orientale prima che i colloqui di pace possano essere convocati è un passo che Washington si rifiuta di fare. Eppure va fatto. Più alti sono i tassi di interesse e più Washington spende in patria e all’estero per proseguire la guerra in Ucraina, più la società americana si avvicina a disordini politici e sociali interni. Queste sono condizioni pericolose per qualsiasi repubblica”.

“Da tutto il disastro e la confusione degli ultimi due anni, emerge una verità innegabile. La maggior parte degli americani ha ragione a essere diffidente e insoddisfatta del proprio governo. Biden si presenta come un ritaglio di cartone, un sostituto dei fanatici ideologici nella sua amministrazione, persone che vedono il potere esecutivo come mezzo per mettere a tacere l’opposizione politica e mantenere il controllo permanente del governo federale”.

Gli americani non sono stupidi. Sanno che i membri del Congresso commerciano in modo flagrante in azioni sulla base di informazioni privilegiate, creando conflitti di interesse che farebbero finire in prigione la maggior parte dei cittadini. Sanno anche che dal 1965 Washington li ha portati a una serie di falliti interventi militari che hanno gravemente indebolito il potere politico, economico e militare americano”.

“Troppi americani credono di non avere una leadership nazionale dal 21 gennaio 2021. E’ giunto il momento che l’amministrazione Biden trovi una via d’uscita per districare Washington dalla sua guerra ucraina per procura contro la Russia. Non sarà facile. Nell’Europa orientale, le piogge primaverili regalano alle forze di terra russe e ucraine un mare di fango che impedisce gravemente il movimento. Ma l’Alto Comando russo si sta preparando a garantire che quando il terreno si prosciugherà e le forze di terra russe attaccheranno, le operazioni raggiungeranno una decisione inequivocabile, chiarendo che Washington e i suoi sostenitori non hanno alcuna possibilità di salvare il regime morente di Kiev. Da quel momento in poi, i negoziati saranno estremamente difficili, se non impossibili”.

 

LINK

The Gathering Storm – The American Conservative

 


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