AFRICA IN FERMENTO / TUTTE LE MOSSE DI STATI UNITI, CINA E RUSSIA

E’ sull’Africa che si sta misurando il sempre più duro scontro tra le economie delle potenze mondiali, ossia Cina, Russia e Stati Uniti. E la questione africana rappresenta in qualche modo il termometro degli equilibri geostrategici in fase di sviluppo.

Partiamo dalle news che sono sostanzialmente due: il tour africano del vicepresidente Usa Kamala Harris in alcune nazioni africane da un lato, e dall’altro l’adesione dell’Egitto alla nuova banca di sviluppo BRICS (la ‘New Development Bank’), ossia della sempre più forte e coesa alleanza economico-commerciale tra Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica.

Sullo sfondo i sensibili sommovimenti nello scacchiere delle alleanze nel sempre più caldo Medio Oriente, con la ciliegina sulla torta dei tellurici moti anti-Netanyahu in Israele. Insomma, un puzzle che più in fibrillazione non si può.

Partiamo dal blitz del numero due della Casa Bianca in Ghana, Tanzania e Zambia.

 

Vista l’aria internazionale che tira, l’amministrazione Biden sta cercando in tutti i modi di riconquistare terreno in Africa, per contrastare l’influenza crescente di Cina e Russia e ripristinare le sue smanie imperial-colonialiste in quel continente.

Negli ultimi quindici anni, infatti, gli States hanno perso molto terreno, e l’interscambio commerciale con l’Africa si è ridotto drasticamente del 50 per cento. Una bella botta. Tra i paesi occidentali, anche la Francia – storicamente partner d’eccellenza –  ha visto progressivamente indebolire la sua posizione.

Al contrario, sia Cina che Russia hanno aumentato i loro volumi di interscambi e affari: Pechino, infatti, nel giro di pochi anni è diventato il primo partner commerciale per tutto il continente, raggiungendo, nel 2022, la cifra record di 282 miliardi di dollari; mentre Mosca ha aumentato soprattutto le sue forniture di cibo, fertilizzanti e armi.

Pochi mesi fa, al vertice di Washington cui hanno preso parte alcuni paesi africani, la Casa Bianca ha promesso aiuti per circa 55 miliardi di dollari, soprattutto per la sicurezza alimentare e l’energia verde. Ma spalmati in tre anni e da suddividere fra 54 paesi, il che fa capire lo scarso impatto che tali aiuti potranno avere.

Dilma Rousseff. Sopra, Kamala Harris in Ghana

La missione di Kamala Harris, quindi, è adesso rivolta soprattutto a rafforzare intese e rapporti ‘militari’. Osserva un analista: “Gli Usa stanno principalmente costruendo il proprio contingente militare in Africa, cercando di rimanere lì, se non con i soldi, almeno con la forza. Da tener presente un fatto da non poco: è da mesi che il Congresso americano sta minacciando di conseguenze i paesi africani che non seguono la politica delle sanzioni occidentali contro la Russia. Per la stessa Harris, il viaggio in Africa è un tentativo di ricordare a se stessa e mostrare agli africani che possono avere un alleato nella persona di una donna di colore alla Casa Bianca. Anche se le chance di una corsa per le presidenziali di Harris, secondo i sondaggi, non sono molto alte”.

 

Passiamo alla significativa, fresca adesione dell’Egitto alla BRICSNew Development Bank’ (NDB), costituita 9 anni fa, nel corso della riunione BRICS di Fortaleza, in Brasile.

Ed è proprio brasiliana la neo presidente di ‘NDB’, appena eletta all’unanimità il 24 marzo scorso: si tratta di Dilma Rousseff, ex presidente carioca dopo Lula e prima di Bolsonaro. E’ una convinta sostenitrice del processo di ‘de-dollarizzazione’ in atto, e che si sta sempre più manifestando come reazione alla politica delle sanzioni Usa, non solo contro la Russia, ma contro gli ‘stati canaglia’ secondo la filosofia yankee: basti pensare a quelle contro l’Afghanistan che stanno riducendo, da quasi un anno e mezzo, il paese allo stremo, con cibi che scarseggiano e farmaci al lumicino, ed una moria di bambini da brividi.

Ma torniamo alla NDB, che è nata soprattutto come “banca politica per coordinare la realizzazione di infrastrutture e promuovere la cooperazione attrezzando gli adeguati strumenti finanziari, soprattutto prestiti per i paesi che ne hanno maggiormente bisogno”.

Ecco come ne tracciano lo sviluppo i suoi animatori: “Il progetto è cresciuto lentamente ma progressivamente, sia nei membri che vi aderiscono che nei prestiti erogati. Gli Emirati Arabi Uniti e il Bangladesh sono diventati membri nel 2021 e l’Uruguay è stato ammesso dal cda di NDB e diventerà presto ufficialmente membro. L’arrivo alla NDB dell’Egitto, una nazione di 104 milioni di abitanti e uno dei paesi leader in Africa, completa i crescenti legami economici dell’Egitto con la Cina e la Russia”.

Ecco alcuni esempi concreti.

Solo pochi giorni fa, il 23 marzo, la società che gestisce il Canale di Suez in Egitto ha annunciato che la cinese ‘XinXing Ductil Iron Pipes’ sta investendo 2 miliardi di dollari per realizzare un’azienda siderurgica nell’area del Canale di Suez. Lo scopo del progetto –    dettaglia il principale quotidiano del Cairo, ‘Al-Ahram’ – è quello di rendere l’Egitto un hub per la produzione di tubi in ghisa.

Foto tratta dal sito della XinXing Ductil Iron Pipes

Pochi giorni fa, poi, l’azienda cinese di elettrodomestici ‘Haier’ ha inaugurato una fabbrica nella provincia di Sharqia, nel nord est dell’Egitto. Non è finita qui, perché secondo ‘Al-Monitor’, “la Cina è emersa come uno dei principali investitori nel mega progetto egiziano ‘New Administrative Capital’”.

Sul fronte della collaborazione con la Russia, nell’estate 2022, ‘Rosatom’, la società statale per l’energia nucleare, ha dato il via ad un maxi piano per la realizzazione di quattro centrali nucleari da 1.200 MW ciascuna: il costo complessivo è di circa 30 miliardi di dollari e saranno localizzate a El Dabaa, lungo la costa mediterranea del deserto egiziano: ed infatti, il 22 marzo scorso  è approdata in Egitto una nave che ha trasportato un primo grosso carico di attrezzature per metter su la prima delle quattro centrali.

Ancora qualche notizia sui BRICS. Tra i paesi che potrebbero presto entrarvi come membri, ci sono Argentina, Algeria e Arabia Saudita. Come dire, nuovi ingressi dal Sudamerica, dalla stessa Africa e da parte di un paese – l’Arabia Saudita – storicamente vicino agli Usa. E proprio attraverso la NDB potrebbe altrettanto  presto nascere una valuta alternativa (al dollaro e all’euro) per il commercio mondiale.

 

E finiamo con l’ultimo tassello del puzzle, Israele, che sta diventando una polveriera dopo il quasi golpe griffato Bibi Netanyahu sul fronte della giustizia. Pare stia ‘rientrando’: ma i segni restano.

Netanyahu

Notano non pochi analisti: “Il feroce scontro interno allo stesso governo e alla Knesset avviene proprio mentre, intorno ad Israele, il Medio Oriente sta attraversando un momento rivoluzionario che sta dando vita ad un processo distensivo nel quale vengono riallacciati gli antichi vincoli di fratellanza tra i Paesi arabi, divisi da anni di conflitti. Un processo che manda in fumo decenni di attivismo israeliano per dividere i propri vicini, iniziativa politica che ha permesso a Tel Aviv di cavalcare e gestire le tante conflittualità del mondo arabo”.

E ancora: “Un momento rivoluzionario che tanti in Israele percepiscono come una sfida nuova, se non come una minaccia, che il Paese non può permettersi di affrontare in una situazione tanto caotica. Ed è forse questo il motivo per cui Netanyahu può cedere, perché tale processo disgregativo del Medio Oriente ha avuto in ‘re Bibi’ il primo motore immoto, grazie ai tanti anni in cui si è trovato a gestire la stanza dei bottoni e le leve del comando sia dell’esercito che dell’intelligence israeliani”.

 

 

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La lotta per la libertà in Israele e la questione palestinese


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2 pensieri riguardo “AFRICA IN FERMENTO / TUTTE LE MOSSE DI STATI UNITI, CINA E RUSSIA”

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