Nel caso che la Cina mettesse le mani su Taiwan, gli Stati Uniti potrebbero decidere di distruggere le strategiche fabbriche di semiconduttori, in particolare il colosso TSMC, acronimo di ‘Taiwan Semiconductor Manifacturing Company’.
Una sorta di azione paragonabile al sabotaggio dei gasdotti ‘Nord Stream’, ma ancor più dirompente e degli esiti di certo più catastrofici, innescando un ovvio conflitto (nucleare) Usa-Cina
Lo afferma, del corso di un’intervista rilasciata all’agenzia di stampa ‘Semafor’, un pezzo grosso dell’establishment Usa, Robert C. O’Brien, ex consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca.
Ecco le sue precise parole: “Gli Stati Uniti e i loro alleati non lasceranno mai che quelle fabbriche cadano nelle mani dei cinesi”. E ha paragonato la distruzione della TMSC con il bombardamento ordinato da Winston Churchill di una flotta navale francese dopo la resa del Paese alla Germania nazista.
I semiconduttori fabbricati a Taiwan sono necessari per il funzionamento di quasi tutti i prodotti industriali, dagli smartphone alle automobili. Taiwan produce circa il 65 per cento dei semiconduttori a livello internazionale e quasi il 90 per cento dei chip avanzati. Ogni anno – secondo gli addetti ai lavori – un terzo di tutta la nuova potenza di calcolo generata a livello globale viene fabbricata a Taiwan. Secondo il ‘Consiglio di sicurezza nazionale’ degli Usa, la perdita di TSMC “potrebbe sconvolgere l’economia mondiale per oltre 1 trilione di dollari”.
Sempre secondo gli esperti, “i chip avanzati di TSMC sono usati in tutti i principali sistemi e piattaforme di difesa statunitensi”, rendendoli quindi un elemento imprescindibile per il colossale apparato industriale e militare degli Usa. L’eventuale annientamento degli impianti TSMC a conti fatti “risulterebbe l’atto di sabotaggio più dannoso della storia”.
Secondo William Alan Reinsch, senior advisor presso il principale think tank anti-cinese di Washington, il ‘CSIS’ (‘Center for Strategic and International Studies’), “i produttori di chip in Occidente hanno preferito collocare i loro stabilimenti in un paese a basso salario e non sindacalizzato che probabilmente non ha requisiti ambientali idonei, per massimizzare i profitti”.
Come riportato da ‘Bloomberg’ ad ottobre 2022, ex funzionari con legami con il Pentagono hanno esortato l’amministrazione Biden nel progetto di distruzione. Elbridge Colby, ex pezzo da novanta del Pentagono, ha affermato: “Non possiamo permettere che un capitale così prezioso cada nelle mani dei cinesi, penso che sarebbe da pazzi”.
Commenta Alessandro Rubinstein per il sito di contro-informazione a stelle e strisce ‘Greyzone’: “L’anno scorso, il documento più scaricato dall’Us Army War College ha chiesto una strategia altrettanto spietata. ‘Per iniziare, gli Stati Uniti e Taiwan dovrebbero elaborare piani per una strategia di terra bruciata mirata che renderebbe Taiwan non solo poco attraente se presa con la forza, ma decisamente costosa da mantenere’. E veniva aggiunto: ‘Potrebbe essere progettato un meccanismo automatico, che verrebbe attivato una volta confermata un’invasione’, aggiungendo che gli Stati Uniti e i suoi alleati potrebbero ‘dare rifugio’ ai lavoratori taiwanesi del settore, mentre Taipei potrebbe fare e ‘pubblicizzare piani per prendere di mira le linee di fabbricazione di chip della terraferma utilizzando missili da crociera e balistici’. Il documento proponeva anche ‘una campagna di sanzioni pianificata contro qualsiasi esportazione di chip in Cina’”.
Da rammentare che O’Brienn si è recato in Arizona nel 2020 per congratularsi con il governatore dello Stato per l’apertura di una fabbrica TSMC da 12 miliardi di dollari: e non perse occasione, allora, per lanciare anatemi contro i vertici cinesi, additando in Xi Jinping il degno erede di Josep Stalin.
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