GIORGIA MELONI / VERGOGNOSE MARCE INDIETRO E CEFFONI DALLA UE

Ci eravamo proprio sbagliati, scrivendo la notizia, un paio di gironi fa, che nel decreto sull’immigrazione l’articolo 10 avrebbe portato a un qualche miglioramento, almeno di facciata.

L’articolo presente nella bozza – ed eliminato in extremis – prevedeva una sorta di ‘commissariamento’ del ministro degli Interni Matteo Piantedosi e un ridimensionamento dei poteri per Matteo Salvini, che come titolare delle Infrastrutture vuol avere a tutti i costi pieni poteri sui porti, anche su questo delicato fronte-immigrati. Quell’articolo 10 avrebbe conferito nuovi poteri al ministro della Difesa, Maurizio Crosetto, il quale avrebbe avuto pieni poteri in materia, in sintonia con il primo ministro Giorgia Meloni, esautorando in pratica i due leghisti, il capo Carroccio e il suo fedelissimo al Viminale.

Come non detto. Sono bastate le bizze salviniane, la minaccia di rompere gli accordi, insomma una sorta di ricatto politico per far fare in fretta e furia marcia indietro alla Meloni.

Che in questo modo inanella l’ennesima figuraccia, sia a livello nazionale che internazionale.

Yiva Johansson

Praticamente in contemporanea è arrivato il sonoro ceffone europeo. La responsabile degli Affari interni della UE, Yiva Johansson, ha infatti clamorosamente e quasi irritualmente sbugiardato il governo italiano e, of course, soprattutto il premier Meloni che aveva scaricato tutte le responsabilità per la strage di Cutro su FRONTEX, che non avrebbe fornito alcuna segnalazione per pericolo di naufragio.

Puntuale, arriva la doccia fredda e la irritata smentita firmata Johansson che in sostanza fa rilevare: non c’è alcun bisogno dell’Europa ma basta solo il buon senso per capire se un’imbarcazione carica di persone segnalata da ore si schianta a  40 metri dalla riva.

Anche di fronte alle sciocchezze di Piantedosi (“Non è arrivata alle nostre autorità alcuna comunicazione di emergenza da Frontex, non siamo stati avvertiti del fatto che l’imbarcazione rischiava il naufragio”) ha risposto seccamente Johansson: “Frontex ha fatto tutto quello che le spetta fare. Purtroppo non è bastato. Era lì per aiutare l’Italia ed era sotto comando italiano”.

Recapitolando: vergognosa marcia indietro sul decreto-immigrazione, ‘storici’ rimproveri dalla UE che una volta tanto ha ragione, nessun provvedimento a carico di Piantedosi che avrebbe dovuto essere cacciato a pedate, non avendo avuto il coraggio di dimettersi nemmeno davanti alle vittime di una strage che si poteva evitare e della quale andranno individuati TUTTI i responsabili, i quali dovranno pagare il conto sotto il profilo penale

Insomma, una buffonata, una vergognosa sceneggiata che non poteva non avere una classica ciliegina sulla torta. Al fresco vertice di tutti i ministri degli Interni UE (il ‘Consiglio Affari Ue’) il premier non ha neanche avuto il coraggio di inviare il ministro (e tra i responsabili maximi del disastro), ma ha inviato il suo vice, il sottosegretario leghista agli Interni Nicola Molteni.

Increduli gli altri ministri degli Esteri, che si sono sentiti letteralmente presi per il culo, e a ottima ragione. Ha cercato di farfugliare alcune frasi, il malcapitato Molteni, chiedendo “maggiore coordinamento nei soccorsi” e nei fatti una limitazione del ruolo delle ONG, perché – ha sostenuto – “non possono essere organizzazioni private a decidere chi entra in Europa”.

Scioccherello pure, Molteni, perché proprio il giorno prima Johansson aveva chiarito, a proposito delle ONG: “Hanno un ruolo importante e stanno facendo un ottimo lavoro perché salvano vite umane. La Commissione non intende imporre ordini maggiori agli Stati bandiera delle navi che si occupano del soccorso in mare rispetto a quelli già rivisti dal diritto internazionale, dalla direttiva UE del 2009 in materia e dalle legislazioni nazionali”.

Di ritorno a casa con le ossa rotte, Molteni ha avuto ancora la faccia tosta di dichiarare: “Il decreto immigrazione va nella giusta direzione ma bisogna premere sull’acceleratore per avere più espulsioni e norme per la realizzazione di nuovi centri permanenti per i rimpatri. Senza i Cpr non si possono fare le espulsioni”. E poi ribadisce il chiodo fisso del suo Capo: “Ora in fase di conversione del decreto, bisogna completare il ripristino dei decreti Salvini. Solo con quelle misure nel 2018 e 2019 abbiamo ridotto partenze, sbarchi e morti, ed aumentato le espulsioni”. Arieccoci.

Non lascia, dunque, la Lega (almeno la poltrona di Piantedosi ad uno che ne capisca qualcosa in più e meno Salvini in campo), ma raddoppia. Tutto ciò evidenzia quanto la stessa Meloni sia ostaggio nelle mani del capo Carroccio.

Netanyahu

Ma lei fa di tutto per metterci del suo e aumentare il carico dei problemi e delle figuracce internazionali.

Era proprio il caso (pur se la visita sarà stata programmata da tempo) di incontrare il capo d’Israele Benjamin (Bibi) Netanyahu proprio adesso che è super contestato nel suo Paese un po’ da tutti per i folli provvedimenti che sta varando, soprattutto in tema di giustizia (anzi, non giustizia) e di razzismo, cui si aggiungono le ultime stragi di palestinesi? Forse l’articolo che pubblichiamo nella sezione ‘potere’ firmato da Thierry Meyssan vi potrà chiarire un po’ le idee su quanto sta combinando il premier di quel Paese.

Un’ultima chicca non puo’ mancare. Ha deciso, premier Meloni, di partecipare al prossimo congresso della Cgil per porgere il suo saluto.

Facciamo rispondere all’ex sindacalista Fiom, e oggi in prima linea con ‘Unione Popolare’, Giorgio Cremaschi, del quale potete leggere una riflessione subito a seguire.

Da notare solo che il sempre più sonnacchioso Maurizio Landini nell’ultimo anno non s’è segnalato per alcuna azione degna di nota (almeno degna di uno storico, lontano passato della Cgil che fu), ma solo per l’abbraccio con l’ex premier Mario Draghi dopo l’assalto dei nazifascisti di ‘Foza Nuova’ alla sede della Cgil. E adesso il gradito incontro con la Meloni.

Ma gli stanno a cuore ancora gli interessi dei lavoratori, dei pensionati ridotti alla fame e per i quali non alza un dito (neanche il mignolo), oppure solo i buoni rapporti con i premier di turno e i vertici confindustriali?

Cosa rappresenta, oggi, questa Cgil che non lotta, non scende in piazza, non difende i più deboli neanche per sogno, ma al massimo vagisce?

 

 

MA QUALE RISPETTO

DI GIORGIO CREMASCHI

Il segretario della CGIL Maurizio Landini ha dichiarato che la presenza e l’intervento di Giorgia Meloni, da lui invitata al congresso CGIL, sono un segno di rispetto.

Il più grande sindacato italiano riceverebbe rispetto dalla leader di un partito che ha ancora la fiamma fascista nel proprio simbolo?

Una leader politica che come Presidente del Consiglio, dopo aver continuato le politiche di liberismo e guerra di Draghi, ha aggiunto ad esse la ferocia di classe della cancellazione del reddito di cittadinanza. E l’ulteriore aggressione al salario e ai diritti di chi lavora, nel nome della libertà d’impresa. E altra devastazione dell’ambiente, nel nome degli affari e delle grandi opere. E idiozie reazionarie e fascistoidi di suoi ministri, nel nome di un falso patriottismo.

E infine la disumanità della persecuzione dei migranti, che transforma una gigantesca ingiustizia sociale e civile in una questione di polizia.

Ecco, la CGIL, che rispetto riceve da Giorgia Meloni e, soprattutto, quale rispetto restituisce? Perché l’aspetto più desolante dell’invito di Landini a Meloni è questo uso distorto di una parola che riguarda i rapporti tra le persone, e che invece viene trasferita nel linguaggio delle relazioni politiche.

È una ipocrisia sempre usata dal potere. Non hanno più rispetto, lamentavano i baroni agrari contro i braccianti che si ribellavano allo sfruttamento.

Certo le persone oppresse lottano anch’esse per ottenere rispetto. Ma appunto lottano, il rispetto lo pretendono come diritto e giustizia, non come gentile concessione del potere che benignamente raccolga un invito.

Dietro la parola rispetto usata da Landini, sta altro, sta una concezione istituzionale e collaborativa del sindacato che è uno dei peggiori guai dei lavoratori del nostro paese. Gli unici tra quelli dei paesi ricchi che da trent’anni hanno visto calare i salari. E non solo per colpa dei padroni e dei governi, ma di un sindacalismo confederale che ha scambiato il rispetto istituzionale per se stesso con la mancanza di rispetto per i diritti di chi lavora.

Pensate ai milioni di lavoratori oggi in sciopero in Francia per fermare la controriforma delle pensioni di Macron, che pure è meno pesante di quella che è passata da noi con la passività di CGILCISLUIL. Pensate ai cortei francesi, pieni di frasi senza rispetto contro il Presidente, e al teatrino che si prepara da noi tra Landini e Meloni.

Ma quale rispetto!

Il governo Meloni non merita rispetto, ma contestazione e lotta. Il solo vero rispetto a cui dovrebbero ambire i sindacalisti è quello delle persone oppresse e sfruttate.

 

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DOPO CUTRO / PROMOSSO GUIDO CROSETTO. CHE SI E’ GIA’ FATTO IL ‘TEAM’

9 Marzo 2023 di MARIO AVENA

 

 

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