Benevento/ Quella frana che incombe sulla Diga

Sul cammino della Diga di Campolattaro, una grande opera di quasi 700 milioni di euro, spunta una frana che risulta ancora “attiva” e che potrebbe provocare un disastro, dalle dimensioni incalcolabili, se non si corre ai ripari, con opportune misure di sicurezza. La storia dell’invaso risale a circa 50 anni fa, quando fu finanziato dalla Cassa del Mezzogiorno. Dopo un itinerario estenuante e tortuoso sta per giungere in porto, grazie alla Regione Campania e al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

Questa importante infrastruttura del Sannio dovrebbe fornire 85 milioni di metri cubi d’acqua all’anno per uso idropotabile ed irriguo, sia al beneventano, che a molte zone del napoletano e del casertano. Una vera svolta per l’approvvigionamento idrico e per l’agricoltura della Campania. La gestione del progetto è affidata all’Asea (Agenzia Sannita Energia Ambiente) che fa capo alla provincia di Benevento, guidata dal presidente mastelliano Nino Lombardi. Ma una perizia del giugno scorso non fa dormire sonni tranquilli.

Lo studio effettuato da tre società (Speri, KR e Italiana Progetti) e firmato dai tecnici Marzia Cavallaro, Edoardo Costantini e Vincenzo Giorgio Caputo, porta il seguente titolo: “Rivalutazione sismica del versante in sponda destra”. Si tratta di oltre cinquanta pagine, fitte di cartine, grafici, foto, planimetrie e descrizioni, che mirano ad analizzare lo stato dell’arte del movimento franoso e ad indicare le possibili correzioni di rotta, per sventare rischi e pericoli. Un quadro di avvertimenti e previsioni, che non si possono ignorare.

“Il sistema franoso -scrivono i tecnici- si trova sull’area compresa tra la Casa di Guardia della diga ed il cimitero comunale, in un quadro geomorfologico delicato e complesso, caratterizzato da diffusi movimenti di massa. Si ritiene che il livello di conoscenza offerto dalle prove di laboratorio sia del tutto inadeguato, se commisurato all’importanza dell’opera e agli effetti potenziali dell’instabilità del pendio sull’esercizio dell’impianto”. Un approdo preoccupante, corroborato da ipotesi in situazioni sismiche.

Dall’alto potrebbe precipitare un’immensa “montagna”, che andrebbe ad abbattersi sulla diga, facendola tracimare con onde di piena che potrebbero arrivare fino a Benevento. “Il volume mobilizzato -prosegue la perizia- risulta compreso tra 300 mila e 500 mila metri cubi di terreno, che potrebbe raggiungere le vasche di dissipazione, riempirle interamente, fino ad occluderle. Anche la Casa di Guardia (dove hanno sede gli uffici di Asea, ndr) risulta coinvolta nel cinematismo  e pertanto non è assicurato il suo presidio”.

Il presidente della Provincia di Benevento Nino Lombardi

“Questa frana – denuncia Gabriele Corona di Altrabenevento – non è affatto stabilizzata, ma è in movimento. Dalla perizia emergono dati sorprendenti. Il sistema di drenaggio è fuori servizio per l’80 per cento e quindi l’acqua che scende smuove il terreno. Il lento spostamento sta andando verso nord ovest, nella zona dei cosiddetti bicchieri, proprio dove è prevista la costruzione di una galleria sotterranea di sette chilometri per portare l’acqua al comune di Ponte. Il presidente Lombardi minimizza, parla di nuovi approfondimenti in corso, affidati agli stessi tecnici, ma ignora la perizia R017, costata, tra l’altro, 173 mila euro alla provincia ”.

Il progetto per la diga sul fiume Tammaro, presentato nel febbraio 2022, è stato redatto dalla “Acqua Campania Spa”,  nata come società a capitale pubblico regionale, oggi appartiene per il 47,5 per cento alla “Vianini Costruzioni” e per un altro 47,5 alla multinazionale francese Veolia, da sempre molto agguerrita nel settore dell’acqua. Per l’invaso di Campolattaro, atteso da tanti anni, non si possono fare passi falsi. La messa in sicurezza della frana non è un aspetto secondario, soprattutto in tempi di cambiamenti climatici.

Per ora lo studio si è limitato alla sponda destra, come da contratto. “Ma -aggiungono i tecnici- se la verifica della paratia intermedia a monte della strada circumlacuale, che non è stata oggetto di verifica, non dovesse risultare soddisfatta, il volume eroso sarebbe ben più grande di quello stimato, con un rischio ancora più ampio per la sicurezza dell’impianto”. Per tutti questi motivi “si raccomanda fortemente una campagna di indagini estesa del pendio, comprensiva di una mappatura dettagliata del corpo della frana”.

“Abbiamo scritto a tutti i ministeri -conclude Corona-  e a tutti gli enti preposti. Ci sono altre perizie che rilevano altre incongruenze. Alla luce di questi fatti nuovi bisogna rivedere il progetto. La provincia dovrebbe chiedere una rivalutazione di tutto. Nessuno vuole procurare allarme. Ma non si può fare finta che non ci sono problemi. Come si fa a costruire l’imbocco di una galleria, dove c’è una frana, che può ostruire la diga, con le conseguenze evidenziate dai tecnici? Siamo di fronte ad un disastro annunciato”.

 


Scopri di più da La voce Delle Voci

Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.

Lascia un commento