Forse per uno dei più grossi misteri di Stato, la morte del grande poeta cileno Pablo Neruda, potrebbe arrivare il momento della verità. Storica e una volta tanto anche giudiziaria: pur se nessun colpevole, visti i tanti anni passati, pagherà mai il conto.
Dopo i numerosi tentativi portati avanti dal nipote e avvocato Rodolfo Reyes, sembra infatti che si sia finalmente arrivati ad un punto di svolta, dopo svariate archiviazioni e tentativi di insabbiamento.
Una super perizia medico-scientifica avrebbe accertato la presenza del letale ‘Clostridium botulinum’ nelle ossa del poeta, frutto quindi di un avvelenamento ad opera di ‘ignoti’, facilmente identificabili negli uomini del generale Augusto Pinochet, arrivato al potere con il sanguinario golpe del 12 agosto 1973. E solo dodici giorni dopo Pablo Neruda moriva nella clinica Santa Maria di Santiago, dove era stato ricoverato per un presunto tumore alla prostata.
Tra pochi giorni verrà ufficializzato l’esito della super perizia e finalmente, almeno, la memoria del grande poeta cileno che lottava per la libertà del suo popolo in nome del comunismo, potrà ricevere il suo tributo. E la storia potrà ufficialmente identificare nel dittatore Pinochet il mandante di quel crimine.
Guarda caso, proprio in queste settimane potrebbe riaprirsi a Roma il giallo sulla morte di un altro grande poeta (e anche scrittore, regista, intellettuale a tutto campo, il massimo del nostro ‘900; e anche lui, oddio, comunista), ossia Pier Paolo Pasolini. E anche stavolta c’è voluto l’impegno di un nipote-avvocato, Stefano Maccioni, per far riaprire per l’ennesima volta il caso, fino ad oggi sempre archiviato con la solita, sciatta motivazione ‘sessual-passionale’.
Mentre invece, come la ‘Voce’ ha più volte documentato, il movente era ben altro, e tutto ‘politico’. Da trovare nelle pagine di quel bollente ‘Petrolio’, ultima vulcanica opera del grande Pier Paolo, una sorta di maxi inchiesta giornalistica che aveva il suo epicentro nel ‘giallo Mattei’ e in quel petrolio che all’epoca dominava la scena, con un protagonista assoluto, Eugenio Cefis, in sella all’ENI, il rappresentante di quella ‘Razza Padrona’ colorita dal primo Eugenio Scalfari.
E con ‘Petrolio’ si arriva anche all’omicidio di un cronista di razza, Mauro De Mauro, che stava indagando a fondo sull’omicidio (lo possiamo ormai dire con certezza storica) di Enrico Mattei, anche per collaborare alla sceneggiatura nello stupendo film di Francesco Rosi, ‘Il Caso Mattei’.
E dalle bozze originali di ‘Petrolio’ sono sparite per sempre le pagine cruciali di un capitolo, significativamente titolato ‘Lampi sull’ENI’.
Ora, il motivo sul quale sta facendo leva l’avvocato Maccioni affinchè il caso venga riaperto, sono le ‘pizze’ dell’ultimo film di Pasolini, ‘Salò o le 100 giornate di Sodoma’, alcune delle quali misteriosamente sparirono. Fu questa l’esca – come ha di recente raccontato un ex componente della Banda della Magliana – per attirare Pier Paolo nella trappola mortale all’idroscalo di Ostia, il luogo del delitto dove (lo hanno provato i test del DNA) non c’era solo il presunto killer, Pino Pelosi, ma almeno altre due presenze?
Lo vuol accertare Maccioni. Speriamo sia la volta buona.
E che una volta tanto la magistratura di casa nostra risolva uno dei troppi buchi neri rimasti, negli ultimi 40 anni, senza una risposta giudiziaria. Tanti delitti eccellenti impuniti, sempre senza mandanti (rimasti regolarmente a ‘volto coperto’) e spesso senza nemmeno i killer.
Per ritrovare gli articoli della ‘Voce’ sul caso Pasolini, basta andare alla casella CERCA in alto a destra che porta al nostro archivio e digitare Pier Paolo Pasolini.
Di seguito, invece, ecco il link per poter leggere un ottimo servizio dell’Adn Kronos sul giallo Neruda e gli ultimissimi sviluppi.
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“Pablo Neruda fu avvelenato con botulino”, nipote anticipa risultati inchiesta
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