Chiodo scaccia chiodo

Dalla piattaforma di dieci metri il tuffo carpiato, con doppia capovolta. I ingresso in acqua scorretto, di sbieco: in forma di metafora, si esibiscono così i professionisti della notizia. Con la penna, il personal computer, i social. La complessità della vita regala loro opportunità di pensiero e scrittura. Il criminale, sanguinoso colonialismo del primatista russo in oligarchia, mobilita folle di inviati, programmatori e conduttori di salotti televisivi, pagine e pagine di quotidiani, settimanali, riviste specializzate, agenzie di stampa e soppianta l’orgia informativa del coronavirus, di vaccini, no vax, terapie intensive, green pass, lockdown, virologi, tuttologi. Poi ogni cosa della pandemia perde peso e chance. Come racconto, si ridimensiona, conosce la sordina, si limita alla citazione del numero quotidiano di contagi, terapie intensive, morti. Ma via anche questo. Messina Denaro, messi al sicuro i segreti e i miliardi della mafi, si consegna docilmente ai carabinieri e fornisce ai media un’altra ottima a occasione per mandare in soffitta pandemia e Ucraina. A latere, in soccorso dei media,  la cronaca propone la morte e il testamento dell’amatissima Gina Lollobrigida, il secessionismo di Valditara, con la cavolata della doppia retribuzione per gli insegnanti del nord (più alta) e del sud (più bassa), i guai giudiziari della Juventus e da ultimo la dirimente offerta a Zelinski di irrompere nell’evento televisivo di Sanremo, kermesse canora con livelli di audience stratosferici, con un video di due minuti del presidente ucraino per richiamare l’attenzione del mondo sulla tragedia del suo Paese. L’annuncio innesca la trama fitta dei pro di solidarietà a Kiev e dei contro il del malcelato putinismo nostrano. Di là dallo scontro tra opposte sponde, l’esito della disputa offre un nuovo diversivo agli operatori dell’informazione e, solo per citare un ‘caso’, il niet non casuale di Salvini, in nome di ‘amicizia’ interessata con Putin e il sì di Mentana, che ricorda i numerosi precedenti di incursioni della politica nel Festival. Non mancano il pettegolezzo, il chiacchiericcio sulle faccende della partitocrazia: ad amplificare la quotidianità delle fatiche da premier di “Yo soy Giorgia” provvedono alacremente i telegiornali e primo inter pares il Tg1 della direttrice Monica Maggioni, che apre ogni sera sulle imprese della borgatara della Garbatella e riserva   spazio esagerato, taglio giornalistico enfatico, alla destra. Non sono da meno gli altri Tg della Rai e ovviamente quelli di Berlusconi. Non c’è traccia, al contrario, di una notizia che di là dagli esiti futuri racconti il ‘fraterno’ commento di Donzelli, fanatico deputato della Meloni.  Sollecitato dalla provocazione della Boschi di Italia Viva: “Non una parola di commento di Donzelli per l’arresto del fratello per bancarotta e invece l’uso politico di Fratelli d’Italia delle inchieste aperte dalla magistratura toscana contro mio padre e mio fratello, concluse con assoluzioni”. In replica, Donzelli rinnega suo fratello: “Vota per il centrosinistra e dunque non ha nulla a che fare con me”. Che dire, non merita nemmeno una parola.


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