Prosegue il processo che vede contrapposti, davanti alla prima sezione penale del tribunale di Napoli, la ‘World Anti Doping Association’, più nota come WADA, e la Voce.
WADA, infatti, nel 2018 ha presentato al tribunale di Milano una querela – redatta da uno studio legale elvetico – contro tutti gli articoli e le inchieste scritti e pubblicati dalla Voce (18 in tutto) nel corso dell’anno precedente, il 2017.
Gli articoli e le inchieste riguardano il caso di Alex Schwazer, il campione altoatesino di marcia, trovato positivo ad un test antidoping che si era svolto il 1 gennaio 2016.
E due settimane prima, il 16 dicembre 2015, lo stesso Schwazer aveva testimoniato in modo molto duro ad un processo, sempre sul doping, in corso a Bolzano contro due medici sportivi della IAAF, la Federazione internazionale di atletica che nel frattempo ha cambiato nome: oggi, infatti, di chiama ‘World Athletics’ (WA).
I pezzi della Voce tirano in ballo le responsabilità sia di WADA che di IAAF sulla combine per alterare i risultati di quelle analisi effettate in modo alquanto anomalo (1 gennaio, mai accaduto nella storia dell’atletica), perché in quel modo si è aperta una ‘finestra temporale’ in cui può essere successo di tutto: 24 ore di cui non si sa nulla, prima della consegna delle provette al laboratorio di Colonia, accreditato WADA.
La Voce, per i suoi pezzi, è partita da quelle due prime grandi ‘anomalie’, cui ne sono seguite tante altre ancora. Compreso anche il totale silenzio di IAAF, ‘trattata’ dalla Voce nello stesso modo; anzi, il titolo più ‘pesante’, circa il ‘Sistema mafioso’ nel mondo del doping (e dell’antidoping), riguarda proprioIAAF, che però non ci ha querelato.
LE TAPPE DEL PROCESSO NAPOLETANO
In rapida carrellata gli sviluppi della vicenda giudiziaria.
Che non decolla subito, perché la competenza territoriale è stata trasferita (ed è passato del tempo) da Milano (dove WADA ha appunto presentato la querela) a Napoli, dove ha la sua sede legale il sito che fa capo alla Voce.
Nel frattempo, comunque, è andata avanti la minuziosa inchiesta del gip del tribunale di Bolzano, Walter Pelino, che ha dovuto combattere per mesi e mesi prima di ottenere dal laboratorio di Colonia le ‘analisi incriminate’.
Alla fine del suo lungo – siamo a febbraio 2021 – ed estenuante lavoro, il gip Pelino ha scritto una ordinanza in cui non solo proscioglie Schwazer da ogni accusa, ma chiede che vengano accertate tutte le pesantissime responsabilità a carico di WADA e IAAF. Si tratta di capi d’imputazione da novanta, che arrivano fino alla ‘Frode processuale’. 89 pagine, quelle scritte da Pelino, che combaciano perfettamente con quanto scritto e pubblicato dalla Voce in quel 2017.
Torniamo al processo di Napoli. Dove subito succede un colpo di scena.
Il legale di WADA, Stefano Borella del foro di Milano e corrispondente dello studio svizzero, chiede di poter rimettere la querela.
Andrea Cinquegrani, direttore della Voce e autore di tutti gli articoli incriminati, interrogato dal giudice, risponde subito di NO, non intende accettare il ritiro della querela perché vuole vincere la causa in aula, nel merito, dimostrando che quanto scritto dalla Voce risponde alla VERITA’ dei FATTI, FATTI di grande INTERESSE PUBBLICO, nel pieno rispetto del diritto di CRONACA e di CRITICA, tutelati dalla Costituzione.
A questo punto comincia il processo.
Il primo chiamato a testimoniare è il querelante, ossia il direttore generale di WADA, Oliver Nigli. Il quale, però, non si presenta in udienza, adducendo precedenti impegni di lavoro. Ma, nei fatti, si sottrae alle domande che gli avrebbero posto il presidente della sezione giudicante, Cristiana Sirabella, il pm e il nostro avvocato, Francesco Cafiero de Raho.
Trova però il tempo, lo stesso Nigli, di rilasciare un’intervista a Sky sport, in cui non solo conferma le accuse di WADA a Schwazer ma arriva a sostenere che quel che conta è solo la giustizia sportiva, cioè quella pronunciata dal tribunale di Losanna, il TAS, mentre quella ordinaria viene collocata ad un rango ben inferiore. E quella esercitata nel tribunale di Napoli è ‘giustizia ordinaria’…
Si passa quindi alla verbalizzazione del querelato, Cinquegrani.
Un’intera udienza viene riservata alle domande del legale di WADA, Stefano Borella.
‘FATTI’ & ‘FONTI’
Praticamente le due ore di interrogatorio sono dedicate a domande sulle ‘FONTI’ di tutti gli articoli querelati.
Non viene chiesto nulla sulla VERITA’ dei fatti, ma solo sulle fonti.
All’udienza successiva, Cinquegrani produce una ventina di articoli di fonti nazionali ed estere, pubblicati in quello stesso periodo, sul caso Schwazer e proprio su quei punti contestati nella querela.
Inoltre, dichiara che esistono leggi e normative a specifica tutela circa la riservatezza delle fonti, circa il ‘segreto professionale’: norme previste non solo dalle leggi ordinarie, ma anche dall’Ordine dei Giornalisti sotto il profilo della deontologia professionale; e soprattutto espressamente tutelate dall’articolo 10 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (legge 4-8-1955, numero 848).
La prossima udienza si svolgerà il 17 maggio e vedrà la testimonianza di Sandro Donati, l’allenatore di Schwazer, una vita dedicata alla lotta contro il doping nell’atletica e autore, l’anno scorso, de ‘I Signori del Doping’.
Per saperne di più sul giallo Schwazer, come al solito vi consigliamo di andare alla casella CERCA in alto a destra della nostra home page, e digitare il nome e cognome della persona che vi interessa, oppure della società o associazione.
Comunque, in basso, indichiamo due link molto istruttivi, che portano a due lunghe, minuziose analisi pubblicate dalla ‘Voce’ che pongono a confronto le contestazioni contenute nella querela WADA, stralci dei nostri articoli e i passaggi salienti (sugli stessi temi) dell’ordinanza Pelino.
Non è finita qui. Perché, di seguito, pubblichiamo il link che vi farà leggere un istruttivo reportage scritto appena un mese, il 16 dicembre 2022, da un giornalista inglese, Andy Brown, per la testata ‘Playthegame’. Ripercorre minuziosamente tutte le tappe del caso-Schwazer: una cronistoria densa di fatti, di commenti e di testimonianze.
Da non perdere.
LINK
Race walker Alex Schwazer continues his fight against sport’s jurisprudence system
In a complicated case that dates back over six years, Italian race walker Alex Schwazer is asking the European Court of Human Rights to determine whether his human rights have been infringed as he cannot get a doping ban overturned, even though an Italian court has exonerated him of doping. Andy Brown lays out the latest development in the case where the stakes are also high for WADA.
By Andy Brown
TRADUZIONE
Il marciatore Alex Schwazer continua la sua lotta contro il sistema della giurisprudenza sportiva
Andy Brown – 16.12.2022
In un caso complicato che risale a più di sei anni fa, il marciatore italiano Alex Schwazer chiede alla Corte europea dei diritti dell’uomo di stabilire se i suoi diritti umani siano stati violati in quanto non può ottenere l’annullamento di un divieto di doping, anche se un tribunale italiano lo ha scagionato del doping. Andy Brown espone gli ultimi sviluppi nel caso in cui la posta in gioco è alta anche per la WADA
Il marciatore italiano, Alex Schwazer, avrà 39 anni quando il suo divieto di doping di otto anni scadrà il 7 luglio 2024. Ma non “marcerà” di nuovo, per prendere in prestito la definizione italiana di marcia. Invece, combatterà una nuova battaglia contro il sistema della giurisprudenza sportiva presso la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU).
Il caso non coinvolge direttamente l’Athletics Integrity Unit (AIU) di World Athletics o la World Anti-Doping Agency (WADA). Ma coinvolge il sistema della giurisprudenza sportiva, la cui ultima corte d’appello è il Tribunale Arbitrale dello Sport (TAS), con sede a Losanna.
Le decisioni del TAS possono essere appellate solo al Tribunale federale svizzero (SFT) che ha già respinto il caso di Schwazer, nonostante una sentenza del tribunale italiano lo assolva dal doping. Schwazer sostiene che la Svizzera ha violato la Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) non offrendogli alcuna possibilità di contestare la sua sanzione per doping nonostante il suo esonero da parte di un tribunale italiano, che ha concluso che le prove erano state manipolate per condannarlo.
In termini più semplici, Schwazer sostiene che la Svizzera non è riuscita a correggere un errore giudiziario.
Il deposito di Schwazer ha superato la valutazione ai sensi dell’articolo 27 della CEDU, che consente a un giudice di respingere richieste inammissibili senza ulteriore esame. Le è stato assegnato il numero di caso 24108/22.
Gli avvocati di Schwazer lo vedono come un segnale positivo, poiché un’alta percentuale di casi non riesce a superare questo primo ostacolo. Tuttavia, la causa potrebbe ancora essere dichiarata irricevibile in una fase successiva dopo un esame più attento del fascicolo.
Ma il caso non è importante solo per Alex Schwazer. Critica anche per la WADA, che è stata anche accusata di frode procedurale dai pubblici ministeri italiani. Se la Corte europea dei diritti dell’uomo ritiene che gli organismi sportivi abbiano inibito il suo diritto a un processo equo e che la Svizzera abbia violato i suoi diritti umani non offrendo un rimedio effettivo, ciò potrebbe avere gravi conseguenze.
Invierebbe un messaggio agli atleti che lo sport non può garantire agli atleti un processo equo e la Svizzera non può proteggere i loro diritti umani dagli abusi da parte degli organismi sportivi. In altre parole, che il sistema di giurisprudenza sportiva a cui sono vincolati gli atleti non può proteggerli dagli abusi.
Una battaglia durata sei anni per provare la sua innocenza
“Negli ultimi anni ho imparato a non essere troppo ottimista”, ha detto Schwazer a ‘Play the Game’. “Prima dobbiamo vincere il ricorso e solo dopo parlerò delle conseguenze”.
Mentre alcuni potrebbero vederlo come pessimismo, non è infondato. Dopo essere stato accusato di violazione delle regole antidoping (ADRV) sulla base di una singola lettura anomala dai test condotti come parte del suo passaporto biologico dell’atleta (ABP) nel 2016, Schwazer ha lottato per dimostrare la sua innocenza per sei anni.
Netflix ha recentemente pubblicato “Running for the Truth“, un documentario in quattro parti che esamina la sua battaglia di sei anni per la giustizia, descritta per la prima volta da Play the Game. La complessa vicenda è stata esaminata dai tribunali in Italia, dove il doping intenzionale è un reato penale.
Nel novembre 2020, il pubblico ministero di Bolzano ha chiesto l’archiviazione di un procedimento penale contro Schwazer e nel febbraio 2021 il gip, Walter Pelino, ha assolto Schwazer dall’accusa di doping intenzionale, concludendo che il campione di Schwazer del 1 gennaio 2016 era stato manipolato.
Come delineato nell’articolo originale di Play the Game, l’indagine di Pelino ha scoperto lacune nella catena di custodia; opposizione al trasferimento del campione contestato; la produzione di un “terzo tubo” di urina all’interno del laboratorio di Colonia; miscelazione di urina; discrepanze con la quantità di DNA nel campione di urina di Schwazer; omissione di prove; e altro ancora. Ha quindi accusato la WADA e l’Associazione internazionale delle federazioni di atletica leggera (IAAF – come allora era conosciuta la World Athletics) di “frode procedurale”, un crimine in Italia.
La risposta è arrivata nell’aprile 2022. L’Agenzia mondiale antidoping (WADA) ha pubblicato un parere di esperti di Martial Saugy dell’Università di Losanna e uno studio commissionato dall’AIU sul fatto che i valori del DNA in un campione del 27 giugno 2016 prelevato da Schwazer che WADA avevano precedentemente pagato per analizzare non erano plausibili, come affermato dai pubblici ministeri italiani. Questi hanno concluso che il campione non era stato manipolato e che le concentrazioni di DNA nelle urine variano notevolmente ed erano state osservate a livelli molto più alti rispetto ai campioni di Schwazer.
“Errare può essere umano (non in questo caso perché c’è, a dir poco, malafede), ma perseverare è diabolico!”, è una dichiarazione di risposta degli avvocati di Schwazer, prendendo in prestito una frase latina.
“Insistere sull’urina fantasma, senza osservare alcuna procedura, con perizie segrete immuni da contraddizione tradisce solo un disperato tentativo di giustificare una procedura ingiustificabile gravemente viziata fin dall’inizio, violando ogni principio elementare di un giusto processo, compreso l’arbitrato. Queste iniziative della WADA meritano solo disprezzo”, ha continuato la dichiarazione.
Una cronologia degli eventi chiave nel caso Schwazer
1 gennaio 2016 – Campione di urina prelevato da Alex Schwazer nella sua casa di Racines, in Italia. I campioni di urina A e B di Schwazer sono stati chiusi durante la notte negli uffici GQS di Stoccarda.
2 gennaio 2016 -Il laboratorio di Colonia riceve i campioni A e B di Schwazer dal test del 1° gennaio. I test di routine iniziali non rilevano sostanze proibite.
5 marzo 2016 – L’Athlete Passport Management Unit (APMU) della IAAF contrassegna il campione di urina di Schwazer del 1 gennaio 2016 come “anormale” sulla base dei risultati dei successivi campioni prelevati da lui.
28 marzo 2016 – L‘Athlete Passport Management Unit (APMU) della IAAF richiede una nuova analisi GC/C/IRMS del campione A di Schwazer del 1° gennaio.
14 aprile 2016 – Rianalisi del laboratorio di Colonia Un campione che utilizza GC/C/IRMS e lo screening iniziale lo trova coerente con l’uso di testosterone esogeno.
26 aprile 2016 – La procedura di conferma il risultato di un campione.
13 maggio 2016 Il Laboratorio di Colonia comunica alla IAAF il risultato dell’analisi di un campione.
7 giugno 2016 – IAAF produce un pacchetto di documentazione relativo al campione di Schwazer.
21 giugno 2016 – La IAAF informa Schwazer del risultato dell’analisi di un campione.
5 luglio 2016 – L’analisi del laboratorio di Colonia del campione B di Schwazer conferma il risultato del campione A.
8 luglio 2016 – Schwazer ha informato del risultato del campione B ed è provvisoriamente sospeso dalla IAAF.
11-12 luglio 2016 – Respinto il ricorso di Schwazer al Tribunale nazionale antidoping contro la sospensione provvisoria (incompetenza).
18 luglio 2016 – Il tribunale arbitrale dello sport (TAS) respinge l’appello di Schwazer per misure provvisorie che sospendono la sua sospensione provvisoria.
20 luglio 2016 – TAS accetta procedure accelerate a causa della vicinanza di Rio 2016.
8 agosto 2016 – Ha luogo l’udienza TAS.
11 agosto 2016 – Il TAS sanziona Schwazer con una squalifica di 8 anni.
23 dicembre 2016 – Il Tribunale di Bolzano, Italia, decide sull’analisi genetica dei campioni di Schwazer.
30 gennaio 2017 -TAS pubblica il ragionamento completo alla base della sua decisione dell’11 agosto.
13 ottobre 2017 – La corte d’appello di Colonia ordina il trasferimento dei campioni A e B di Schwazer in Italia a seguito dell’opposizione di IAAF e WADA.
17 ottobre 2017 – L’udienza del Tribunale di Bolzano nomina perito per l’analisi dei campioni di Schwazer.
24 ottobre 2017 – World Athletics si offre di fornire 6 ml dal flacone del campione B anziché i 6 ml rimasti dall’analisi del 2016 del suo campione A.
11 gennaio 2018 – Il pm di Bolzano Pelino risponde a World Athletics. La WADA sostiene di non menzionare la sua offerta di fornire 6 ml dal flacone campione B.
17 gennaio 2018 – L’udienza del Tribunale di Bolzano concorda la data per il trasferimento dei campioni A e B di Schwazer in Italia per l’analisi del DNA.
7-8 febbraio 2018 – Avviene il trasferimento dei campioni A e B di Schwazer da Colonia a Parma.
marzo 2018 – Il contenuto di DNA del campione di Schwazer viene analizzato a Parma: si scopre che il suo campione B contiene tre volte più DNA del suo campione A.
18 maggio 2018 – Nota inviata dal laboratorio di Losanna alla WADA che dettaglia i fattori che potrebbero influenzare la concentrazione di DNA nell’urina di Schwazer.
28 giugno 2018 – La WADA fornisce un rapporto dettagliato dello studio del DNA dell’ottobre 2017 sul campione di Schwazer del 27 giugno 2016 all’esperto italiano colonnello Lago.
4 settembre 2018 – Udienza Tribunale di Bolzano.
14 settembre 2018 – Udienza Tribunale di Bolzano.
26 settembre 2018 – La WADA afferma di aver fornito lo studio del DNA del 2017 fornito al procuratore di Bolzano Walter Pelino.
12 settembre 2019 – Udienza Tribunale di Bolzano – La WADA cita lo studio sul DNA del 2017.
14 settembre 2020 – Udienza Tribunale di Bolzano.
26 novembre 2020 – La Procura di Bolzano chiede l’archiviazione del procedimento penale a carico di Schwazer.
18 febbraio 2021 – Schwazer assolto dall’accusa di doping intenzionale dal Tribunale di Bolzano, che accusa anche IAAF eWADA di ‘frode procedurale’.
28 giugno 2021 – Il laboratorio di Losanna pubblica un rapporto che conferma che i valori del DNA nelle urine sono stati osservati a livelli più elevati rispetto al campione di Schwazer.
28 settembre 2021 – Il Tribunale federale svizzero respinge il ricorso di Schwazer contro la decisione del TAS di sanzionarlo con una squalifica di 8 anni.
30 marzo 2022 – L’opinione dell’esperto di Martial Saugy commissionata dalla WADA viene pubblicata, concludendo che la manipolazione è improbabile.
Riepilogo parte A: I campioni dal 1° gennaio 2016
Un riepilogo è necessario per spiegare perché AIU e WADA hanno ritenuto necessario commissionare uno studio sul DNA.
Come di consueto nei procedimenti antidoping, il campione di urina di Schwazer del 1° gennaio 2016 è stato suddiviso in bottiglie “A” e “B”. L’analisi iniziale della bottiglia A è avvenuta nel gennaio 2016, quando il campione è stato segnalato come negativo. Nel campione non sono state rilevate sostanze proibite.
Come precedentemente rivelato da Play the Game, il caso di Schwazer è stato uno dei primi ad essere segnalati sotto il modulo steroideo urinario dell’Athlete Biological Passport (ABP). Questo monitora i livelli di steroidi endogeni (interni) nelle urine nel tempo per rilevare eventuali cambiamenti che potrebbero indicare doping che comporta la somministrazione di steroidi esogeni (esterni o sintetici).
Campioni successivi forniti da Schwazer hanno portato il profilo steroideo del suo ABP a essere contrassegnato come anormale il 5 marzo 2016. Dopo aver esaminato i risultati di questi altri campioni, l‘Athlete Passport Management Unit (APMU) della IAAF ha deciso che il campione A del 1 gennaio 2016 era un ‘fuori luogo’. Ha rilevato che i livelli di steroidi in quel campione di urina non rientravano nei livelli abituali di Schwazer, osservati in altri tre campioni di urina raccolti il 10 dicembre 2015, 15 gennaio 2016 e 24 gennaio 2016.
I campioni successivi hanno fornito una linea di base per i livelli di steroidi endogeni di Schwazer. Il campione del 1° gennaio 2016 non rientrava in tali livelli basali e indicava il possibile uso di steroidi esogeni.
Rianalisi del 1 gennaio 2016. Un campione che utilizzava la spettrometria di massa del rapporto isotopico di combustione gascromatografica (GC/C/IRMS) è stato ordinato dalla IAAF ed è stato effettuato il 19 aprile 2016. Utilizzando questo metodo più preciso, il suo campione ha restituito un risultato positivo per steroidi.
Schwazer ha chiesto che il suo campione B fosse analizzato. Il suo campione B ha confermato il risultato della rianalisi del suo campione A. Positivo per testosterone esogeno. È stato provvisoriamente sospeso il 23 giugno.
A seguito di un ricorso locale infruttuoso, il 19 luglio è stata respinta una richiesta al TAS di misure provvisorie che gli consentissero di competere alle Olimpiadi di Rio 2016. L’11 agosto 2016 il TAS lo ha sanzionato con una squalifica di otto anni per un secondo reato di doping.
Riepilogo parte B: Le ricadute delle denunce
Schwazer era già stato sanzionato con un divieto di due anni per l’uso dell’EPO nel 2012. Dopo le Olimpiadi di Pechino 2008, ha riferito i suoi sospetti che i concorrenti stessero dopando al suo team medico presso la Federazione italiana di atletica leggera (FIDAL), ma sostiene che non è stato fatto nulla.
Sostiene che questa mancanza di azione lo ha portato verso il doping. In seguito alla sua sanzione, il 16 dicembre 2015 è diventato informatore e ha testimoniato contro i medici della FIDAL Pierluigi Fiorella e Giuseppe Fischetto.
Si potrebbe obiettare che questa è una coincidenza. Ma nel tentativo di dimostrare di poter farcela senza doping, Schwazer aveva iniziato ad allenarsi con il preparatore atletico e combattente antidoping Alessandro (Sandro) Donati, che dagli anni ’80 aveva rivelato numerosi casi di doping italiano e internazionale.
Donati era stato anche determinante nella scoperta del famigerato database del sangue sul computer di Fischetto, che aveva dato alla IAAF un grosso grattacapo in un momento in cui le accuse di doping sistemico stavano offuscando l’atletica.
Inoltre, dal 4 aprile 2012 Fischetto aveva scambiato e-mail con Thomas Capdevielle, all’epoca responsabile medico e antidoping della IAAF.
Nel luglio 2020 la Corte d’Appello di Bolzano ha assolto Fischetto e Fiorella, ribaltando una sentenza del gennaio 2018 che condannava entrambi a due anni di reclusione per aver assistito Schwazer nel doping sanguigno. Il 17 marzo 2022 il Tribunale di Roma ha ritenuto che Schwazer non avesse commesso diffamazione nei confronti di Fischetto affermando di essere stato vittima di sabotaggio.
Riepilogo parte C: L’aspetto di un terzo tubo di urina
Come accennato, il doping è un reato penale in Italia e in seguito alla decisione del TAS del 2016, i pubblici ministeri italiani hanno avviato un procedimento contro Schwazer. Ha immediatamente sostenuto che il suo campione era stato manipolato. I pubblici ministeri italiani hanno ordinato il trasferimento dei suoi campioni in Italia per l’analisi, dopo che un’ordinanza del tribunale di Colonia ne ha imposto il rilascio.
La IAAF e la WADA inizialmente si opposero al trasferimento in Italia dei campioni A e B di Schwazer. La WADA ha sostenuto che il campione B conteneva solo 6 ml di urina, troppo piccoli per condurre un’analisi affidabile del DNA.
Quando è avvenuto il trasferimento, i pm di Bolzano hanno descritto che si è verificato un “incidente diplomatico” nel laboratorio di Colonia, come dettagliato nell’articolo originale di Play the Game. Insomma, la Procura italiana sostiene che oltre ai campioni A e B sia stato prodotto un terzo tubetto di urina non sigillato.
Il perito incaricato dal tribunale italiano di sovrintendere al trasferimento ha scoperto che il campione B di Schwazer conteneva effettivamente 18 ml di urina e non 6 ml. La cifra del terzo tubetto, non sigillato, che il Laboratorio di Colonia ha voluto dare all’esperto italiano 6ml. Lo stesso importo che IAAF e WADA avevano inizialmente richiesto costituiva il suo campione B.
L’AIU e la WADA sostengono che i 6 ml nel terzo tubo non sigillato erano ciò che era rimasto dall’analisi del 2016 del campione B di Schwazer. Fanno notare che la corte d’appello di Colonia aveva disposto che il tubetto da 6 ml fosse consegnato alla Procura italiana. Tuttavia, questo ignora il fatto che ai pubblici ministeri italiani era stato detto che il tubo da 6 ml era il campione B, e i suoi esperti avevano avvertito che il tubo da 6 ml presentato dal Laboratorio di Colonia per il trasferimento violava tale ordine del tribunale perché era aperto.
I rappresentanti di Schwazer erano presenti all’apertura del campione B nel 2016, ma affermano di non essere riusciti a controllare il tappo della bottiglia perché buttato via. Ciò è significativo perché le indagini sul doping di stato russo hanno evidenziato che i tappi delle bottiglie dei campioni possono essere aperti e richiusi.
A seguito delle obiezioni della delegazione italiana, il campione originale B è stato trasferito. L’analisi si è svolta a Parma nel marzo 2018. Nel campione B è stato trovato tre volte più DNA rispetto al campione A.
Questo è un punto chiave, poiché ha portato i pubblici ministeri italiani a indagare se il campione di Schwazer fosse stato manipolato. Un promemoria importante: il campione A e il campione B di Schwazer contengono entrambi la stessa urina, prelevata da Schwazer nella stessa data, 1 gennaio 2016.
Lo studio del DNA dell‘AIU
Lo studio commissionato dall’AIU ha chiesto al laboratorio di Losanna di misurare la concentrazione di DNA in 100 campioni di urina di circa 6 ml. Lo ha fatto perché i pubblici ministeri italiani avevano respinto un’analisi del DNA dell’ottobre 2017, che laWADA aveva commissionato al Laboratorio di Losanna di eseguire su un campione di 4 ml raccolto da Schwazer il 27 giugno 2016, poiché conteneva livelli improbabili di DNA.
Lo studio AIU ha rilevato che le concentrazioni di DNA nelle urine variavano da 0,001 ng/µL a 20,183 ng/µL. Sostiene quindi di confutare un’affermazione fatta dai pubblici ministeri italiani secondo cui una concentrazione di DNA di 14,013 ng/µL, trovata nell’analisi dell’ottobre 2017, era insolita.
L’analisi di ottobre 2017 è stata eseguita dallo stesso laboratorio di Losanna che ha realizzato lo Studio 2021 per l’AIU. Ha rilevato che la concentrazione di DNA nel campione di Schwazer del 27 giugno 2016 era superiore a quella riportata per il suo campione B del 1° gennaio 2016. È stato eseguito utilizzando 4 ml di urina, nonostante la precedente argomentazione dellaWADA e della IAAF secondo cui erano necessari oltre 6 ml di urina per l’analisi del DNA – da qui l’opposizione al trasferimento del campione B di Schwazer in Italia.
I pubblici ministeri di Bolzano hanno criticato l’analisi del DNA della WADA dell’ottobre 2017 per una serie di motivi. La WADAha condotto l’analisi del DNA prima che i pubblici ministeri italiani eseguissero l’analisi del DNA del campione di Schwazer nel marzo 2018, e i pubblici ministeri sostengono che la WADA ha aspettato fino a un’udienza del settembre 2019 per produrla come prova. Ciò è contestato dalla WADA, la quale sostiene che ai pubblici ministeri è stato fornito lo studio prima dell’udienza. I pubblici ministeri italiani sostengono che fino a gennaio 2018 solo Schwazer e la IAAF avrebbero dovuto essere a conoscenza del fatto che l’analisi del DNA doveva essere eseguita sul campione, ma l’analisi del DNA della WADA dell’ottobre 2017 è stata eseguita prima.
Tuttavia, come riportato nell’articolo originale di Play the Game, gli hack eseguiti dall’organizzazione statale russa Fancy Bearshanno rivelato una stretta comunicazione tra la IAAF e la WADA sul caso di Schwazer. In quell’udienza del 2019, la IAAF ha dichiarato ai pubblici ministeri italiani di non essere a conoscenza dell’analisi del DNA della WADA del 2017. Eppure le e-mail mostrano che la IAAF era a conoscenza dell’intenzione della Procura di Bolzano di analizzare il contenuto di DNA del campione di Schwazer il 31 gennaio 2017.
Lasciando da parte tutte le anomalie di cui sopra, lo studio commissionato dall’AIU ha posto la domanda giusta? È stato dimostrato che le concentrazioni di DNA nelle urine variano considerevolmente, anche quando provengono dalla stessa persona. Non è stato dimostrato se un flacone di urina possa contenere il triplo di DNA di un altro flacone della stessa urina prelevato nella stessa data, due anni dopo la raccolta del campione e in seguito alla possibile degradazione del DNA dovuta al congelamento. Probabilmente non ha risposto alla domanda chiave.
L’opinione degli esperti di Saugy
La risposta della WADA alle conclusioni del giudice di Bolzano secondo cui il campione di Schwazer era stato manipolato è arrivata sotto forma di perizia di Martial Saugy.
Martial Saugy è consulente scientifico del Centre of Research & Expertise in anti-doping sciences dell’Università di Losanna. È anche l’ex direttore del laboratorio di punta della WADA a Losanna. È stato sostituito come direttore del laboratorio prima che la WADA commissionasse al laboratorio di Losanna lo studio del DNA del campione di Schwazer nell’ottobre 2017 e prima che l’AIU commissionasse allo stesso laboratorio lo studio del DNA del 2021 a sostegno dei risultati del 2017 della WADA.
Saugy è stato precedentemente coinvolto in un caso controverso quando ha supervisionato la distruzione di routine di 55 campioni relativi ad atleti russi nel marzo 2013, sostenendo che la WADA non gli aveva ordinato di conservarli. Ha anche lavorato come consulente alle Olimpiadi invernali di Sochi 2014.
La WADA ha chiesto a Saugy di indagare su diversi elementi della teoria del giudice Pelino:
che una terza persona avrebbe potuto aprire entrambi i campioni A e B e aver mescolato l’urina di Schwazer con quella di un altro atleta risultato positivo al testosterone
che prima della miscelazione, quell’urina è stata esposta ai raggi UV per eliminare la firma del DNA
che la miscela finale fosse riscaldata per risolvere il problema della diluizione delle urine attraverso la miscelazione e per garantire che fosse registrato un test positivo.
La WADA afferma che l’opinione degli esperti di Saugy “stabilisce che lo scenario di manipolazione ideato dal giudice Pelino è del tutto non plausibile e non ci sono prove analitiche di ciò”.
Tuttavia, la WADA non ha chiesto a Saugy di indagare se il campione potesse essere stato manipolato in qualsiasi fase del processo. Gli ha chiesto informazioni su uno specifico scenario di manipolazione in un momento specifico. Questo scenario era solo una delle teorie di Pelino.
Saugy spiega che nelle normali procedure di test, riscaldare il campione per far evaporare il liquido e concentrare il testosterone presente può aumentare la probabilità di un risultato positivo. Tuttavia, sostiene che il riscaldamento del campione non avrebbe influenzato la rianalisi GC/C/IRMS del campione A di Schwazer, eseguita presso il laboratorio di Colonia dal 14 al 19 aprile 2016.
Saugy sostiene che ciò è dovuto al fatto che gli steroidi sintetici avranno una firma del rapporto isotopico del carbonio (CIR) più impoverita rispetto agli steroidi endogeni. Il riscaldamento e la concentrazione del campione non influenzerebbero quelle firme CIR, che indicano steroidi sintetici.
Gli scienziati contattati da Play the Game, che desideravano rimanere anonimi, erano anche scettici sul fatto che riscaldare il campione per causare l’evaporazione avrebbe aumentato le possibilità di un test positivo. Tuttavia, non hanno escluso del tutto la possibilità che il test positivo di Schwazer possa essere falso.
Hanno detto a Play the Game che il testosterone libero, che non è legato alle proteine, viene escreto nelle urine. Il testosterone legato alle proteine può essere escreto nelle urine, ma di solito è un segno di danno renale. In teoria, se l’urina è concentrata tramite il riscaldamento o a causa della disidratazione da parte dell’atleta, ciò potrebbe causare lo scioglimento del testosterone legato alle proteine, con conseguente falso aumento del testosterone libero in un campione di urina.
Un potenziale falso positivo. L’esempio sopra non è l’unico modo in cui ciò potrebbe accadere.
Altri scienziati hanno indicato il lavoro del professor David Cowan, capo del Drug Control Center, Kings College (London Laboratory) durante il caso Diane Modahl.
In questo caso, uno studio del 2002 ha rilevato che la produzione microbica di testosterone nelle urine conservate a temperatura ambiente può causare un test falso positivo, anche quando viene utilizzata l’analisi GC/C/IRMS. Nello specifico, ha scoperto che la candida albicans, un lievito patogeno comune negli esseri umani, può produrre testosterone a livello microbico all’interno dell’urina nel tempo, facendo sì che quell’urina registri un test falso positivo.
Se uno di questi scenari possa essersi verificato nel caso di Schwazer è inesplorato. Gli scienziati hanno affermato che entrambi gli scenari erano estremamente improbabili e non sono stati sollevati dalla difesa di Schwazer.
“Considero lo scenario di manipolazione del giudice estremamente poco plausibile ed estremamente improbabile che si sia verificato”, conclude l’opinione di Saugy.
“In primo luogo, la premessa stessa dello scenario di manipolazione (cioè la concentrazione per aumentare la rilevabilità) è errata. In secondo luogo, la mancanza di qualsiasi indicazione di manipolazione e la compatibilità del campione positivo con il profilo steroideo dell’atleta sono un’indicazione molto forte che non si è verificata alcuna manipolazione Mi sembra estremamente poco plausibile che uno scienziato con la raffinatezza di portare a termine il protocollo di manipolazione senza sconvolgere il profilo degli steroidi dell’atleta non si sarebbe reso conto che concentrare il campione era un esercizio futile”.
Potrebbe essere così, ma l’analisi GC/C/IRMS è avvenuta nel Laboratorio di Colonia nell’aprile 2016. Quasi due anni dopo, nel febbraio 2018, il Laboratorio di Colonia ha tentato di fornire ai pubblici ministeri italiani ciò che l’AIU e la WADA affermano fosse urina residua da questa analisi in un tubo non sigillato. I pubblici ministeri italiani hanno rifiutato questa urina residua e hanno invece prelevato il campione B, che IAAF e WADA hanno chiarito di voler conservare nel laboratorio di Colonia per future rianalisi.
Il campione B non sarebbe mai dovuto arrivare in Italia. È stato questo campione B a rivelare le discrepanze del DNA.
Ancora indeterminato se l’Italia perseguirà la WADA
In una dichiarazione del 2021, la WADA sottolinea che Schwazer non ha mai contestato che il suo campione del 1 gennaio 2016 riportasse un test positivo per il testosterone. Tuttavia, questo perché ha costantemente sostenuto che era il risultato di un sabotaggio.
Schwazer è stato prosciolto dalle accuse penali da un tribunale italiano che ha ritenuto che le prove fossero state manipolate ed è stato prosciolto dalle accuse di diffamazione per aver affermato di essere stato vittima di sabotaggio. Eppure è ancora soggetto a una squalifica di otto anni. La WADA è stata accusata di frode procedurale e deve ancora essere deciso se i pubblici ministeri italiani porteranno avanti questo caso.
L’articolo 2.5 del Codice mondiale antidoping proibisce agli atleti di manomettere un campione di doping. L’articolo 10.9.3.3 lo tratta come un reato aggiuntivo, con qualsiasi divieto imposto aggiunto alla data di fine di qualsiasi sanzione per doping.
Se le conclusioni dei pubblici ministeri italiani sono accurate, allora le azioni della IAAF e della WADA sembrano rientrare nella definizione di manomissione del codice. La WADA controlla le violazioni del codice da parte degli atleti attraverso il proprio sistema di giurisprudenza arbitrale, ma chi, in questo scenario ipotetico, chiamerebbe la WADA responsabile?
Questo ci porta al motivo per cui Schwazer sta sfidando la Svizzera alla Corte EDU. Sebbene sia stato esonerato dal doping da un tribunale italiano, non esiste alcun rimedio effettivo all’interno del sistema svizzero per impugnare la sua continua sanzione di ineleggibilità.
Il divieto di otto anni ha posto fine alla carriera di Schwazer. Il Tribunale federale svizzero (SFT) ha deciso di non riesaminare il lodo TAS, nonostante la sentenza italiana. Schwazer sostiene che ciò viola l’articolo 8 della CEDU, che sancisce il rispetto della sua vita privata, non riuscendo a riaprire il procedimento sulla base di nuove prove che suggeriscono un errore giudiziario.
La legge svizzera sul diritto internazionale privato (LDIP) disciplina i procedimenti arbitrali e il capitolo 12 disciplina la revisione dei lodi arbitrali. L’articolo 190 bis consente a una persona di chiedere la revisione di un lodo se vengono scoperte nuove prove che non sono successive al lodo o se il procedimento penale scopre che il lodo è stato influenzato a scapito della parte attrice.
Come si può vedere, una condanna penale non è un requisito. La situazione di Schwazer sembra soddisfare entrambi questi criteri, ma la Svizzera sembra aver negato a Schwazer l’opportunità di chiedere una revisione della decisione del TAS.
La SFT ha respinto la domanda di Schwazer perché ha motivato che solo i procedimenti penali riguardanti direttamente il reato che avrebbe influenzato la decisione del TAS rientrano nella LDIP.
La domanda di Schwazer alla SFT sosteneva che la manomissione dei campioni di urina costituiva una frode procedurale e altri reati ai sensi del codice penale svizzero, che hanno influenzato la decisione del TAS a suo danno. Tuttavia, la SFT ha sostenuto che la decisione su cui è stata presentata la domanda riguardava l’archiviazione del procedimento penale contro di lui per doping, e non il procedimento penale incompiuto per manomissione del suo campione.
«Il procedimento penale deve avere per oggetto la punizione del delitto o delitto che ha condizionato il lodo», scriveva. La Corte EDU dovrà decidere se questa interpretazione violi il diritto di Schwazer alla vita privata come sancito dall’articolo 8 della CEDU perché si tratta di una mancata correzione di un errore giudiziario.
Confuso? Così sono stati diversi avvocati contattati da Play the Game.
Arbitrato forzato
Gli atleti che gareggiano in sport d’élite spesso devono firmare un Accordo per gli atleti per ricevere finanziamenti, in base al quale devono accettare di arbitrare eventuali controversie presso il TAS e non presso un tribunale. Sin dal caso Claudia Pechstein, accademici e avvocati hanno discusso se tali accordi arbitrali siano validi, dato che un atleta non ha altra scelta che firmare l’accordo dell’atleta per continuare a gareggiare.
I vantaggi e i limiti di TAS sono descritti in un altro rapporto Play the Game del 2021.
È probabile che la Corte EDU consideri se la regola 38 delle regole di concorrenza IAFF 2016/2017 contravvenga in tal modo al diritto di Schwazer a un processo equo. In quanto tale, il caso Schwazer potrebbe avere implicazioni per il sistema della giurisprudenza sportiva.
“La WADA sostiene tutte le prove fornite in questo caso”, ha scritto un portavoce della WADA in risposta a un elenco di domande specifiche. “Alla fine, la giustizia è stata consegnata per gli atleti”. L‘AIU ha anche rifiutato di rispondere alle stesse domande specifiche sul caso.
La saga di Schwazer mostra chiaramente alcuni aspetti della giurisprudenza sportiva. Gli atleti sono tenuti a standard diversi da quelli applicabili alle organizzazioni che li governano.
Il caso di Schwazer ha reso giustizia agli atleti, come afferma la WADA? A quale costo?
Gli atleti d’élite non hanno altra scelta che accettare il sistema giurisprudenziale chiuso dello sport, che li considera colpevoli a meno che non possano dimostrare di essere innocenti. Il caso di Schwazer illustra le misure costose ed estese che lo sport può adottare per garantire che le sue accuse restino ferme. La Corte EDU dovrà decidere se questo squilibrio sia così ingiusto da violare, nel caso di Schwazer, i suoi diritti umani fondamentali.
Schwazer ha speso un’enorme quantità di tempo e denaro nel tentativo di ripristinare la sua reputazione e integrità.
“Posso andare avanti e finché non posso andare avanti, continuerò”, dice, parlando come un vero marciatore.
“Penso che in passato molti atleti fossero innocenti. Non tutti gli atleti sono colpevoli. Inoltre, le istituzioni sbagliano. In ogni area in cui gli esseri umani interagiscono, gli errori sono possibili”.
“Molti atleti innocenti devono smettere perché non hanno le risorse finanziarie per continuare. Fortunatamente, sono ancora in grado di lottare per la mia innocenza. Voglio andare avanti, come ha fatto Pechstein. Siamo un esempio per gli atleti che sono stati vittime di test falsi positivi”.
LINK VOCE
ALEX SCHWAZER / IL “SISTEMA WADA”: CARTE FALSE & PERIZIE TAROCCATE
21 Aprile 2021 di Andrea Cinquegrani
“SISTEMA WADA – SECONDA PARTE / I GALANTUOMI DEI FALSI E DELLE FRODI PROCESSUALI
22 Aprile 2021 di Andrea Cinquegrani
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